Omicidio Regeni, sarà la Cassazione a dire se il processo può ripartire
La procura di Roma impugna l'ordinanza del GUP davanti alla Suprema Corte per far rimettere in moto il procedimento sospeso
Omicidio Regeni, la procura di Roma ha presentato ricorso in Cassazione. I pm hanno impugnato l’ordinanza con la quale il Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) ha sospeso lo scorso 11 aprile il processo in contumacia a carico di 4 agenti dei servizi di sicurezza egiziani non reperibili.
Giulio Regeni, ricercatore friulano dell’Università inglese di Cambridge, è stato sequestrato, torturato e ucciso al Cairo nel 2016, nei giorni fra il 25 gennaio (data di sparizione) e il 3 febbraio, giorno del ritrovamento del suo corpo massacrato ai lati di una strada. A oltre 6 anni dai fatti il procedimento penale nei confronti dei presunti assassini non riesce a decollare.
Regeni, i 4 imputati
Tramite l’iniziativa di oggi 2 maggio la procura capitolina, con il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco titolare del fascicolo, chiede l’annullamento della decisione del gup Roberto Ranazzi. Ma prima ancora l’annullamento di quella della Corte di Assise di Roma, per superare la situazione di stasi processuale. Il 14 ottobre 2021 i giudici della Terza Corte d’Assise avevano infatti dichiarato la nullità del decreto che disponeva il giudizio dei 4 imputati: il generale Sabir Tariq e i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. E ciò in quanto questi erano assenti perché non formalmente reperibili al loro domicilio, dunque non si poteva inviare loro la notifica del processo a loro carico, come stabilisce la legge. Lo scorso aprile sul profilo Facebook dell’avvocata della famiglia Regeni, Alessandra Ballerini, sono apparsi i volti di 3 dei 4 imputati (vedi sotto).
Il punto di vista della procura
La procura ritiene di dover dare una diversa valutazione tecnica rispetto a quella della Corte di Assise. La questione è se risulta sufficiente, per la celebrazione del processo, il fatto che “vi è la ragionevole certezza che i 4 imputati egiziani hanno conoscenza dell’esistenza di un procedimento penale a loro carico avente a oggetto gravi reati commessi in danno di Giulio Regeni“. A parere della procura la decisione assunta finora dai giudici sarebbe in contrasto con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione.
Gli ermellini della Suprema Corte affermano infatti che si può procedere quando si è in presenza di finti inconsapevoli. Anche se la parte ignori la data dell’udienza e il capo di imputazione. E ciò perché il caso Regeni, così come i nomi degli agenti della sicurezza egiziani chiamati a rispondere in Italia in sede penale, sono fatti notori a livello internazionale. Ora i PM chiamano la Corte di Cassazione a pronunciarsi sul caso specifico.
Egitto, nessuna collaborazione sul caso
Lo scorso 11 aprile si era tenuta l’udienza davanti al GUP Roberto Ranazzi. Lo stesso magistrato che nel gennaio scorso aveva chiesto al Governo italiano di verificare la possibilità di una “interlocuzione” con le autorità del Cairo. Motivo? L’impossibilità di risalire – e quindi di notificare l’avvio del processo a loro carico – agli indirizzi di domicilio degli 007 incriminati per il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni.
Una nota del ministero della Giustizia, che il GUP ha ricevuto, faceva sapere che non è stato possibile avviare alcun dialogo con le autorità egiziane sul caso Regeni. Alla luce di queste comunicazioni il giudice Ranazzi aveva disposto la sospensione del procedimento penale. Il Gup aveva quindi affidato nuove ricerche al Ros (Reparto operativo speciale) dei carabinieri. La nuova udienza era stata fissata al 10 ottobre. In particolare nel documento trasmesso a piazzale Clodio, il ministero di via Arenula scriveva del “rifiuto dell’Egitto di collaborare nell’attività di notifica degli atti” con l’Italia così come del rifiuto di un incontro tra la Guardasigilli italiana, Marta Cartabia, e il suo omologo egiziano.
Inoltre, il 15 marzo scorso il direttore della cooperazione giudiziaria italiana si era recato in Egitto. Al Cairo gli avevano comunicato che sulla vicenda la competenza è della Procura Generale per la quale il caso Regeni è chiuso. E non è possibile effettuare ulteriori indagini sui quattro indagati in Italia.
La decisione del GUP e il rinvio a ottobre
Dal canto loro i carabinieri del Ros, a cui il GUP aveva chiesto nuove ricerche sul domicilio degli indagati, avevano comunicato di essere riusciti ad acquisire l’indirizzo del luogo di lavoro dei quattro accusati dell’omicidio di Giulio Regeni. Ma secondo il codice di procedura penale per le notifiche è necessario il domicilio. Il giudice, quindi, aveva definito “del tutto pretestuose le argomentazioni della Procura Generale del Cairo“, sottolineando che il “rifiuto di collaborazione delle autorità egiziane è un dato di fatto“ e sospendendo il processo. Il prossimo 10 ottobre deporrà in Aula il capo dipartimento affari giudiziari del Ministero della Giustizia, Nicola Russo. Sempre che, ne frattempo la Cassazione non accolga il ricorso della procura e faccia ripartire prima il procedimento.
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