Salvador Dalì e la sua vita “surreale” tra sogno e inconscio
Conosciuto come uno degli artisti più noti del panorama internazionale il pittore catalano visse tra genio e "follia"
Nato l’11 maggio del 1904, Salvador Dalì è uno degli artisti più celebri che hanno caratterizzato il 20esimo secolo. Eccentrico, estroso ma soprattutto geniale. Il pittore di origine catalane occupa un posto nell’Olimpo tra quelle personalità che hanno saputo cambiare prospettive e crearne delle nuove. Nell’arte e nella vita.
All’anagrafe Savador Domingo Felipe Jacinto Dalí i Domènech nasce nella cittadina spagnola di Figueres da una famiglia benestante. La sua vita si apre all’arte sin dalla tenera età e dell’arte farà il manifesto della sua stessa esistenza. Considerato uno dei principali esponenti del surrealismo, Salvador Dalì rientra, senza ombra di dubbio, tra gli artisti che hanno segnato un passaggio fondamentale nella storia del 20esimo secolo.
Vissuto a cavallo delle due Guerre Mondiali si accostò all’arte come forma di espressione più alta della vita e del proprio io. Dipinse ciò che gli stava attorno, con il suo stile inconfondibile e visse sempre in una sorta di ‘trance apparente’ che dal sogno lo portava alla realtà e viceversa.
Salvador Dalì e il surrealismo
Salvador Dalì fu, senza dubbio, il capostipite del movimento surrealista insieme a Luis Buñuel, regista surrealista con il quale realizza Un Chien Andalou; cortometraggio manifesto del movimento surrealista. Ma il suo forte desiderio di rappresentare la verità, forse, lo porteranno persino ad essere espulso da quel movimento che lui stesso aveva creato. I suo i dipinti dedicati al Nazismo: L’enigma di Hitler (1939), Metamorfosi di Hitler in un paesaggio al chiaro di luna (1958) e Hitler si masturba (1973), fanno ritenere ad André Breton, dichiaratamente di sinistra e anti-nazista, che Dalì in realtà lo fiancheggiasse. Ma di certo di Salvador Dalì non si può dire che visse una vita ai bordi o ai margini; fu sempre protagonista con il suo estro, il suo genio e i suoi baffi lunghi e sottili, ispirati a quelli di Diego Velázquez.
Ben presto la fama di Salvador Dalì si diffuse nel mondo dell’arte e la sua impronta surrealista iniziò ad influenzare diverse correnti. Impossibile accostare al pittore termini semplici e poco audaci; del resto Dalì fece di tutta la sua esistenza una forma d’arte, a partire dal movimento che sostenne e possiamo dire fondò. Nel surrealismo, infatti, l’inconscio prende il sopravvento sulla ragione; quello che ne deriva sono opere, apparentemente, irrazionali oltre che accostamenti decisamente inconsueti. E Salvador Dalì si farà egli stesso ‘manifesto’ del surrealismo; con il suo stesso aspetto e modo di pensare, sempre fuori dall’ordinario e consueto.
Il metodo paranoinco-critico
La pittura di Salvador Dalì prende spunto da diversi movimenti artistici; ma sono dadaismo e cubismo le correnti che è maggiormente possibile intravedere nelle opere del maestro surrealista. Tuttavia egli stesso definirà il suo metodo “paranoico-critico“; ovvero un metodo che consiste, come lo stesso Dalì ha spiegato nel corso di diverse interviste, sia nella trasposizione di immagini che nelle illusioni ottiche, frutto di quell’inconscio che è colonna portante del surrealismo. È Salvador Dalì a rivelare che, cadendo in uno stato paranoico, entra in relazione con il suo inconscio e ciò gli consente di portarlo su tela, dopo averlo razionalizzato.
“Questo metodo funziona soltanto alla condizione di possedere un dolce motore d’origine divina, un nucleo vivo, una Gala. E ce n’è soltanto una“. Così scrive Dalì e fa cenno alla sua Gala, sua moglie, la sua musa e colei a cui dedicò diverse opere; tra le più celebri Gala contempla il mare (1976) in cui l’illusione ottica crea un ritratto di Abramo Lincoln se si guarda il quadro a 20 metri di distanza. E del periodo precedente sono figlie opere come Cigni che riflettono elefanti (1937); qui uno stagno su cui galleggiano tre cigni che riflettono, a loro volta, nel riflesso dell’acqua tre figure di elefanti, frutto di un illusione ottica.
Gli ‘orologi’ di Dalì e il design
Citando le opere di Salvador Dalì è impossibile non parlare dei suoi orologi. La persistenza della memoria è forse l’opera più famosa ed è realizzata nel 1932; il dipinto raffigura un paesaggio costiero dei pressi di Port Lligat in cui sono presenti vari elementi, tra cui tre orologi molli e un unico orologio rimasto invece duro e solido. Gli orologi protagonisti del quadro sono il simbolo del tempo che scorre; essi rappresentano la sua relatività. Il tempo si ferma nell’immagine in cui tutto è calmo, ma in realtà Salvador Dalì vuole sottolineare una delle paure più comuni al mondo: il tempo che passa e scorre inesorabilmente. E se il metodo critico-paranoico è evidente nei suoi dipinti, l’artista con il tempo sperimenta anche forme d’espressione come il design.
Sono due gli oggetti diventati iconici: il Telefono aragosta (1936) e Divano – labbra di Mae West (1937). Il primo oggetto è un telefono dove al posto della cornetta l’artista posiziona un’aragosta; simbolo per Dalì della sessualità e delle pulsioni legate all’inconscio. Il secondo oggetto, il cui nome è un omaggio all’attrice Mae West, è invece un divano rosso che assume la forma di una bocca femminile; anche in questo caso l’oggetto si carica di accezioni sessuali e legate al mondo erotico. Si tratta di solo alcuni accenni alla sua grande produzione artistica dalla quale emerge una genialità inconfondibile e sempre e comunque riconoscibile. Potremmo dire che Salvador Dalì ha restituito un ‘resoconto’ della vita ‘sotterranea’ e nascosta di ciascuno di noi; del nostro mondo interiore, del mondo immaginario e iperbolico. Mondi cangianti di una cangiante vita umana dalle mille e mutabili sfaccettature. È impossibile indagare su ogni aspetto della sua mente ricca e geniale, perché del resto, come concluderebbe lo stesso Salvador Dalì: “Il segreto del mio prestigio rimarrà un segreto“.