Come un’Idra dalle sette teste, la guerra in Ucraina morde velenosamente tutto. E ora divide i cristiani ortodossi, mettendoli gli uni contro gli altri. La Chiesa ucraina afferma di aver tagliato tutti i legami con la Chiesa russa: impossibile accettare le posizioni del Patriarca ‘putiniano’ Kirill.
L’invasione da parte delle truppe di Mosca ha esacerbato i rapporti fra i cristiani ortodossi fin dall’inizio della guerra. La Chiesa ortodossa russa, che fa capo a Patriarcato di Mosca, comprende decine di milioni di credenti fra Russia, Ucraina, Moldavia, Bielorussia, Estonia, Lettonia, Lituania, Kazakistan, Asia Centrale. Dopo tre mesi di sanguinoso conflitto – decine di migliaia di morti fra militari ucraini e russi, migliaia di civili ucraini uccisi, violenze efferate, torture e crimini di guerra – la Chiesa di Kiev dichiara “piena indipendenza” dalla consorella. “Non siamo d’accordo con la posizione del Patriarca di Mosca, Kirill, sulla guerra“, affermano le gerarchie ucraine in un comunicato. E per questo dichiarano la “piena indipendenza e autonomia della Chiesa ortodossa ucraina“.
La tensione resta alta anche fra le comunità cristiane ortodosse dell’Occidente e quelle russe. Già lo scorso 9 marzo, due settimane dopo l’invasione russa dell’Ucraina, il Primate metropolita Jean de Doubna – Arcivescovo delle chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale – aveva contestato il Patriarca di Mosca, Kirill con una lettera aperta. Persino nei colloqui con Papa Francesco, il Patriarca Kirill non ha mai rinunciato a difendere e a giustificare l’invasione russa, facendone una sorta di battaglia di civiltà contro la barbarie.
La Chiesa ucraina e lo scisma interno
Il risultato è che adesso il Consiglio della Chiesa ortodossa ucraina ha rotto i rapporti di subordinazione col Patriarcato di Mosca. “Durante i tre mesi di guerra – recita il comunicato del Concilio tenutosi il 27 maggio – più di 6 milioni di cittadini ucraini sono stati costretti ad andare all’estero. Per lo più cittadini delle regioni meridionali, orientali e centrali dell’Ucraina. Molti di loro sono fedeli alla Chiesa ortodossa ucraina. Ecco perché il Metropolita di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina riceve appelli da vari paesi con la richiesta di aprire parrocchie ortodosse ucraine.”
Frattura col Patriarca di Costantinopoli
“Il Concilio – si specifica inoltre nella nota – esprime il suo profondo rammarico per la mancanza di unità nell’Ortodossia ucraina.” E si menziona uno scisma interno alla stessa comunità ucraina: “Una profonda ferita dolorosa sul corpo ecclesiale.” “È particolarmente spiacevole che le recenti azioni del patriarca di Costantinopoli in Ucraina, che hanno portato alla formazione della ‘Chiesa ortodossa dell’Ucraina’, abbiano solo approfondito le incomprensioni e portato a uno scontro fisico. Ma anche in tali situazioni di crisi, il Consiglio non perde la speranza di riprendere il dialogo.
Ucraina, i russi prendono Lyman
Sul fronte di guerra la situazione si complica per le forze armate dell’Ucraina. L’Intelligence britannica conferma che i russi hanno preso il controllo della città di Lyman, un importante snodo ferroviario grazie al quale Mosca può rafforzare la massiccia offensiva in corso in Donbass. Il prossimo passo, si legge nel rapporto del ministero della Difesa britannico, sarebbe l’avanzata attraverso il fiume Siverskyy Donets.
La sacca di Severodonetsk
”Nei prossimi giorni è probabile che le unità russe nell’area diano la priorità all’attraversamento forzato del fiume” si legge nella nota dell’Intelligence britannica. “Per ora, lo sforzo principale della Russia rimane probabilmente intorno alla sacca di Severodonetsk, ma una testa di ponte vicino a Lyman darebbe alla Russia un vantaggio nella fase successiva dell’offensiva nel Donbass. Quando probabilmente cercherà di avanzare verso Donetsk, Sloviansk e Kramatorsk“. Dal sindaco di Severodonetsk – già ribattezzata in Ucraina la nuova Mariupol – arriva un allarme. “Sono 1.500 le persone rimaste uccise dall’inizio della guerra” afferma infatti Oleksandr Stryuk, citato dalla Bbc. “La città è continuamente bombardata. Il 60% del patrimonio abitativo è completamente distrutto. Fino al 90% degli edifici sono danneggiati. Circa 12-13mila persone (su circa 100mila abitanti, ndr.) sono rimaste ancora in città.”