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Mascherine anti Covid al chiuso: dal 15 giugno l’addio definitivo

Ma non si placa la polemica sull'obbligo di indossarle per il voto del 12 giugno. E non è chiaro cosa succederà sui mezzi di trasporto

Fra una settimana il Governo rimuoverà definitivamente la raccomandazione di mascherine anti Covid al chiuso. Lo ha annunciato il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa. Resta da sciogliere il nodo trasporti.

Dal 15 giugno ha detto Costa a Radio Anch’io su Radio Uno – credo che andremo a rimuovere le ultime misure restrittive ancora in essere. Mi riferisco all’utilizzo delle mascherine nei luoghi al chiuso. Credo ci siano le condizioni“. “L’obiettivo del Governo è creare le condizioni di convivenza con il virus. Guai a pensare all’obiettivo del contagio zero“, ha aggiunto Costa. Il sottosegretario ha ricordato che già oggi “sui luoghi di lavoro il Governo non ha più introdotto l’obbligo di mascherine al chiuso“.

Mascherine
Foto Ansa/Angelo Carconi

Quindi “noi siamo passati da un obbligo a una raccomandazione. Poi sui luoghi di lavoro le singole aziende, attraverso protocolli condivisi con le organizzazioni sindacali, hanno condiviso di continuare l’obbligo dell’utilizzo delle mascherine. Però, di fatto, non siamo più di fronte a un obbligo normativo“, ha concluso Costa. Dunque dal 15 giugno niente più mascherine in cinema, teatri e manifestazioni che si svolgono al chiuso. Scade anche il termine per l’obbligo di indossarle su bus, metro, treni, navi e aerei. Ma è proprio su quest’ultimo punto che è in corso un dibattito all’interno del Governo Draghi e non c’è ancora una soluzione definitiva.

Mascherine alle urne, polemica

A fronte dell’annuncio di Costa resta comunque l’obbligo di mascherine chirurgiche per gli elettori e per i componenti dei seggi al voto del 12 giugno. Domenica prossima, in occasione delle elezioni amministrative e dei contestuali 5 referendum, occorrerà portarsi dietro la mascherina e indossarla. Una misura, prevista da protocollo sanitario Lamorgese-Speranza che sta facendo discutere. In merito il leader della Lega, Matteo Salvini, ha annunciato “ricorso” perché, ha detto, è una “follia“.

Bassetti: “Siamo all’assurdo

Divergenti, come sempre, i pareri degli esperti. “Le mascherine alle urne hanno un senso e hanno un’utilità. Sono una giusta misura di attenzione in un momento di assembramento istituzionale” ha detto all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco. “Sull’obbligo della mascherina per andare a votare stendiamo un velo pietoso” è invece il giudizio di Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. “Oggi possiamo andare a ballare la macarena in discoteca, possiamo andare al supermercato o in farmacia senza mascherina. Mentre per andare a votare c’è il rischio contagio. Assurdo. La politica è lontana dai cittadini. Siamo di fronte alla burocrazia che impazza“.

Bassetti Covid
L’infettivologo Matteo Bassetti. Foto Ansa/Maurizio Brambatti

Crisanti: “Obbligo corretto

Perché l’obbligo di mascherina per accedere ai seggi elettorali? Perché i seggi stanno dentro le scuole, per iniziare. E dentro le scuole si va con la mascherina. Non lo vedo così assurdo” ha detto all’Adnkronos Salute Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova. Sulla questione dell’obbligo, previsto da circolare, di indossare le mascherine anti Covid per gli elettori chiamati alle urne e per i componenti dei seggi il dibattito non si placa. “Ma io vedo ridicolo che noi dobbiamo stare a discutere di questa cosa – ha obiettato Crisanti – La polemica è ridicola. Stiamo discutendo se metterci la mascherina 5 minuti per andare a votare. Io certo che me la metto senza problemi“.

Crisanti Covid
Il professor Andrea Crisanti. Foto Ansa/Matteo Bazzi

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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