Tre mesi e mezzo dopo aver invaso l’Ucraina, Putin si paragona a Pietro il Grande: “Per noi scontro vitale come ai tempi dello zar“. La guerra sembra giunta un tornante drammatico: Kiev teme di perdere il Donbass se non arrivano armi pesanti dall’Occidente.
Nei commenti rilasciati alle tv russe in occasione del 350° anniversario dalla nascita di Pietro il Grande, giovedì 9 giugno, il presidente russo Putin si è paragonato allo zar. Ha tracciato un parallelo tra quelle che ha descritto come le loro due imprese storiche gemelle per riconquistare terre russe perdute. “È ovvio che dobbiamo difenderci, combattere” ha detto Putin. “Abbiamo appena visitato la mostra dedicata al 350° anniversario: quasi niente è cambiato. Pietro il Grande ha combattuto la Guerra del Nord per 21 anni. Non è vero che voleva separare un territorio dalla Svezia, ma solo riprenderlo“.
Pietroburgo, città dello zar e di Putin
Quando Pietro il Grande gettò le fondamenta della nuova capitale del Nord, ha detto ancor il capo del Cremlino, nessuno dei paesi europei riconobbe quel territorio come russo. “Tutti ritenevano che fosse parte della Svezia. Ma gli slavi vi avevano vissuto per secoli, insieme ai popoli ugro-finnici“. La “nuova capitale del Nord” che Pietro fondò altro non è che San Pietroburgo, la città natale di Vladimir Putin, in epoca sovietica rinominata Leningrado. “Se lavoriamo partendo dal presupposto che la sovranità costituisce il fondamento della nostra esistenza, riusciremo senza dubbio a realizzare i compiti che abbiamo di fronte” ha chiosato il presidente russo. Tra le componenti principali della sovranità, Putin ha citato la parte politico-militare, economica, tecnologica e pubblica.
Al di là della retorica del Cremlino, in Ucraina c’è guerra, morte e dolore. Militari e civili ucraini, così come i soldati russi che Putin ha inviato, continuano a morire ogni giorno. Distrutto dai bombardamenti russi il Palazzo di ghiaccio di Severodonetsk, un simbolo della città del Donbass sotto attacco. “Ghiaccio, pattinaggio artistico, hockey, pallavolo, scuola sportiva, concerti. Quasi 50 anni di storia dello sport e dello sviluppo culturale sono andati in fumo“. Lo ha reso noto il capo dell’amministrazione militare regionale di Lugansk, Sergiy Gaidai, riportato dall’Ukrainska Pravda.
Un guerra “di artiglieria“
E il vice capo dell’intelligence militare ucraina, Vadym Skibitsky, ha dichiarato che sulle prime linee l’Ucraina sta perdendo contro la Russia di Putin. Adesso quasi tutto dipende dalle armi provenienti dall’Occidente. “Questa è ormai una guerra di artiglieria. I fronti sono ora il luogo in cui si deciderà il futuro. Stiamo perdendo in termini di artiglieria. Tutto ora dipende da ciò che l’Occidente ci dà“, ha detto al quotidiano inglese The Guardian.
Prigionieri di Putin
E mentre intanto continua la guerra del grano, nella sedicente repubblica popolare del Donetsk, che Putin ha riconosciuto assieme a quella del Lugansk, la Corte Suprema ha condannato a morte i britannici Aiden Aslin e Shaun Pinner. E anche il marocchino Saaudun Brahim, che combattevano per l’esercito ucraino, ma “possono chiedere la grazia“. L’accusa nei loro confronti è di aver combattuto come mercenari a fianco delle truppe ucraine. “Profondamente preoccupato” il Governo britannico di Boris Johnson.
La titolare del Foreign Office, Liz Truss, ha espresso “totale condanna” per la sentenza che ha emesso il tribunale filo-Putin, ribadendo che si tratta di “prigionieri di guerra, imputati in un processo farsa che non ha assolutamente alcuna legittimità“. Aslin, 28 anni, originario di Newark nel Nottinghamshire, si è trasferito in Ucraina, a Mykolaiv, nel 2018. Si è arruolato come marine nell’esercito ucraino. Anche Pinner, 48 anni, originario del Bedfordshire ed ex militare nell’esercito britannico, vive in Ucraina da quattro anni, è sposato con una cittadina ucraina e faceva l’istruttore delle forze armate di Kiev.