Judy Garland, l’oscurità oltre l’arcobaleno della star immortale
Dal successo al declino fino alla riscoperta del suo mito eterno grazie al biopic del 2019 con Renée Zellweger: i 100 anni dell'icona
100 anni di Judy Garland. 100 anni in cui non ha mai smesso di essere Dorothy Gale. Attrice di successo ma anche donna tormentata. Ma la sua luce eterna è ancora oggi splendente e, nonostante tutto, è in grado di trasportarci ancora da qualche parte, oltre l’arcobaleno.
La sua vita, sin dalla giovinezza, è proseguita attraverso due binari paralleli ben distinti. Da un lato, infatti, c’era Judy Garland, enfant prodige, celebre per la voce da contralto che con il ruolo di Dorothy Gale ne Il mago di Oz (1939), a soli 17 anni, divenne un’icona. Dall’altro, invece, dietro i colori sgargianti del Technicolor (una volta spente le abbaglianti luci dei riflettori), c’era Frances Ethel Gumm, costretta da estenuanti ritmi di lavoro e pericolose diete, a scapito della sua salute psico-fisica. Due realtà ben distinte, ma riunite nella stessa persona, che a un certo punto non seppe più trovare l’equilibrio, persa tra le pieghe di un sistema che prima l’ha sfruttata per poi rigettarla. Ciononostante, quella voce e quegli occhi neri, “in fondo ai quali tremava una disperazione ostinata“, come ha chiosato Oriana Fallaci, rimarranno eternamente impressi nella memoria collettiva.
“Nessun posto è bello come casa mia“
Figlia d’arte, dotata di un fisico portato per il ballo, di un viso dolce e una voce unica, Judy Garland era nata per fare spettacolo. Almeno questo è ciò che deve aver pensato la madre Ethel Marion Milne, che fin da subito la spinse verso la carriera cinematografica. Nel 1934, dopo essere stata notata da un talent scout della Metro-Goldwyn-Mayer, all’età di 12 anni esordì sul grande schermo, facendosi le ossa con i musical. Solo cinque anni più tardi, il successo la arrise con il film che l’avrebbe lanciata definitivamente: Il mago di Oz, di Victor Fleming. Nei panni della graziosa Dorothy Gale, catapultata nel magico regno di Oz, Judy ha conquistato tutti con la sua interpretazione magistrale, sulle note dell’intramontabile Over the Rainbow.
Una volta risvegliatasi dal sogno, la giovane Dorothy si è resa conto, nonostante i problemi del mondo reale, “nessun posto è bello come casa mia.” Eppure, l’allora giovane Judy Garland si trovò costretta a stare molto tempo lontana da casa e a lavorare a ritmi estenuanti, scoprendo fin da subito il rovescio della medaglia. Sebbene la pellicola, nel 1940, le procurò l’Oscar giovanile, si dice che il boss della MGM l’avesse spinta ad assumere consistenti dosi di farmaci, per mantenere la sua magrezza e i ritmi incessanti dei lavori. Da lì, avrebbe avuto inizio la sua dipendenza, che negli anni successivi avrebbe poi preso il sopravvento.
Judy Garland: È nata una stella
Gli Anni Quaranta si rivelarono particolarmente fortunati per Judy Garland, che con commedie del calibro di Incontriamoci a Saint Louis (1944) di Vincente Minelli, continuava a rimanere sulla cresta dell’onda. Proprio con il celebre regista di origini italiane, dopo aver divorziato dal primo marito, l’attrice e cantante è convolata a nozze. Dalla loro unione, nel 1946, è nata Liza Minelli. La coppia, tuttavia, divorziò e per l’artista iniziò un inesorabile crisi, aggravata anche dal matrimonio burrascoso con Sidney Luft – da cui nacquero successivamente altri due figli – culminato anch’esso con un divorzio. Licenziata in tronco anche dalla MGM, dopo l’insuccesso de L’allegra fattoria (1950), e sempre più soggiogata dalla dipendenza da alcol e farmaci, per Garland ebbe inizio un periodo di grande crisi.
Dopo un periodo di assenza, durato quattro anni, l’artista tornò sul grande schermo con un altro film che sarebbe diventato un intramontabile cult: È nata una stella, di George Cukor. Ben prima di Barbra Streisand e Lady Gaga, Judy Garland portò sul grande schermo la storia di un’aspirante cantante destinata a raggiungere, ma a un caro prezzo. Il film la portò a vincere il Golden Globe e le fece ottenere anche una nomination al Premio Oscar. Nonostante fosse la favorita, quell’anno fu Grace Kelly a trionfare. Ottenne una seconda nomination per Vincitori e vinti (1961) di Stanley Kramer mentre, nel 1963, con Ombre sul palcoscenico, disse definitivamente addio alla carriera cinematografica.
Gli ultimi anni e la riscoperta grazie a Judy
Nel corso degli Anni Sessanta, Judy Garland si trovò ad esibirsi per lo più in spettacoli dal vivo, sebbene il suo stile di vita, segnato dalle dipendenze, l’avesse inesorabilmente condotta a un invecchiamento precoce. Visibilmente affaticata, reduce dal fallimento del quarto matrimonio, l’artista era ormai vittima di frequenti episodi depressivi. Come lei stessa ha confessato, infatti: “Sai, ci sono pillole per ogni cosa in America, anche per sentirsi felici: ma quelle con me non hanno mai funzionato.” Purtroppo, la sua salute, ormai compromessa, la portò a una morte precoce. Il 22 giugno 1969, all’età di 47 anni, Judy Garland venne trovata priva di vita dal quinto e ultimo marito, Mickey Deans.
La luce dell’intramontabile Dorothy, però, non si è mai spenta. In particolar modo, basato sullo spettacolo teatrale End of the Rainbow (ispirato agli ultimi mesi di vita dell’artista), nel 2019 è uscito nelle sale Judy. A rivestire i panni della protagonista è stata Renée Zellweger, osannata dalla critica e premiata con il Premio Oscar, grazie alla sua personalissima Garland. Nel film, l’artista si congeda al suo pubblico, chiedendo un favore in cambio: “Non vi dimenticherete di me, vero? Promettetemelo!” No, Judy, sarebbe impossibile dimenticarti.