NewsPoliticaPrimo piano

Giustizia, la riforma Cartabia è legge: cosa cambia per i magistrati

Fra le novità, la separazione delle carriere fra giudici e pm, tema di uno dei referendum falliti il 12 giugno

Il Senato ha approvato il 16 giugno la riforma della Giustizia e del Csm, che tocca la vita professionale dei magistrati. I sì sono stati 173, i no 37, gli astenuti 16. Il testo aveva già ricevuto il via libera della Camera.

Solo pochi mesi fa le Camere rispondevano con un lungo applauso all’appello del presidente Mattarella che sollecitava l’approvazione di questa riforma” ha dichiarato in Aula la ministra della Giustizia, Marta Cartabia. “Oggi siamo qui per mantenere l’impegno. Questo è un passaggio importante nella storia del nostro Paese, in cui troppo a lungo la giustizia è stata terreno di scontro.” La legge Cartabia incide sulla vita professionale di giudici e pm e si compone di 43 articoli. Tra le principali novità c’è la separazione delle carriere dei magistrati, tema già presente tra i cinque quesiti referendari del 12 giugno. Ecco dunque nel dettaglio cosa cambia.

Marta Cartabia
Foto Twitter @minGiustizia

Stop al doppio ruolo

A formare i collegi di Corte d’Appello è un medesimo numero di elettori. E a determinarli è un decreto del ministro della Giustizia, previo parere del Consiglio superiore della magistratura. La legge introduce per i magistrati il divieto di esercitare in contemporanea funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi. Allo scadere del mandato, i magistrati che hanno ricoperto cariche elettive o incarichi di governo (con un mandato però di almeno un anno) non possono più tornare a svolgere alcuna funzione giurisdizionale. I magistrati candidati in competizioni elettorali ma non eletti, per tre anni non possono tornare a lavorare nella regione che ricomprendeva la loro circoscrizione elettorale.

Magistrati fuori ruolo

Si attua una riduzione del numero massimo dei magistrati fuori ruolo (oggi 200). Ma è un principio contenuto nella delega, si stabilirà invece nei decreti attuativi il nuovo numero limite. I magistrati possono andare fuori ruolo non prima di 10 anni di esercizio delle funzioni giurisdizionali.

Mattarella
Sergio Mattarella

Separazioni delle funzioni

La riforma prevede un solo passaggio di funzione tra magistrati requirenti e giudicanti nel penale. Entro i 10 anni dall’assegnazione della prima sede (escluso quindi il periodo di tirocinio di 18 mesi). Limite che non opera per il passaggio al settore civile – o dal settore civile – alle funzioni requirenti. Nonché per il passaggio alla Procura generale presso la Cassazione.

Le nomine dei magistrati

L’assegnazione degli incarichi direttivi e semi direttivi si decide in base all’ordine cronologico delle ‘scoperture’. Si prevedono corsi di formazione per i magistrati sia prima di aver accesso alla funzione che dopo. La riforma valorizza, nella scelta del candidato, il possesso di caratteristiche rilevanti rispetto allo specifico posto messo a concorso. Le procedure di selezione saranno trasparenti, con pubblicazione sul sito del Csm di tutti i dati del procedimento e i vari curricula.

Csm magistrati

Composizione del Csm

I membri del Consiglio superiore della magistratura tornano ad essere 30, oltre a 3 di diritto. Si tratta del Presidente della Repubblica, del primo Presidente di Cassazione, del procuratore generale della Cassazione. Ci sono poi 20 componenti togati e 10 laici. Per questi ultimi occorre il rispetto della parità di genere nella scelta delle candidature da parte del Parlamento. Attualmente i componenti del Csm sono sono 24.

Accesso alla magistratura

Gli aspiranti magistrati accederanno al concorso direttamente dopo la laurea (decade l’obbligo di frequenza delle scuole di specializzazione). La riforma stabilisce inoltre la valorizzazione dei tirocini formativi e l’ufficio per il processo. Ma anche l’attribuzione alla Scuola Superiore della Magistratura dell’organizzazione di corsi di preparazione al concorso in magistratura per i tirocinanti. Così come per chi abbia svolto funzioni nell’ufficio per il processo del PNRR.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

Pulsante per tornare all'inizio