Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti: gli orrori dalla Bosnia all’Ucraina
Voluta dalle Nazioni Unite per porre fine alla pratica disumana ed onorare le migliaia di vittime di stupri durante le guerre
La violenza sessuale è considerata un’arma di guerra, usata dai vincitori contro i vinti, dagli invasori contro gli ‘invasi’; la guerra in Ucraina ne ha restituito alcune prove agghiaccianti, ma la storia ne ha testimonianze fin dai tempi più remoti. Per eliminare il silenzio attorno a questa pratica disumana nasce La Giornata internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti armati.
Questa ricorrenza è stata introdotta il 19 giugno del 2015 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite; sin dalla sua fondazione l’intento della Giornata Internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti armati è stato e rimane quello di mettere fine ad una pratica che viola ogni diritto umano e di rendere onore alle vittime di tutti i conflitti.
La guerra che sta colpendo l’Ucraina ci ha restituito alcune prove concrete delle conseguenze sulle donne ucraine; sono arrivate notizie che le vedono protagoniste di tratte a scopi sessuali o vittime nella loro terra della furia violenta degli avversari. Ma questo agghiacciante esempio è solo l’ultimo di una lunga storia che parte dai tempi remoti.
La violenza come arma di guerra
Una telefonata sconvolgente, rimbalzata sui media di tutto il mondo, ha dato prova della visione della violenza sessuale come arma di guerra. Una giovane coppia di russi si scambiano alcune frasi tanto agghiaccianti, da essere apparse false a qualcuno, in cui lei ‘autorizza’ il marito soldato a violentare le donne ucraine. Si è discusso largamente sull’attendibilità di questa abominevole ‘chiacchierata’, ma un giornalista di Radio Free Europe ne avrebbe confermato la scioccante verità. Tuttavia, ad oggi, il dibattito necessario non è sul considerare o meno tale telefonata veritiera, ma sul constatare come la violenza sessuale sia una modalità dell’oppressore di cancellare, annientare, defraudare il popolo oppresso, invaso; perché nella violazione più intima di un diritto umano c’è tutta la disumanità di chi compie il gesto.
Nel 2008 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha riconosciuto la violenza sessuale come strategia di guerra e come minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali; in questa Risoluzione lo stupro e le altre violazioni sono finalmente considerati crimini di guerra e contro l’umanità. Un passaggio fondamentale, soprattutto se tenuto conto che, in passato, la violenza sessuale è stata accettata e considerata persino conseguenza inevitabile di un conflitto armato. Ad accendere, per la prima volta, la luce su questa silenziosa ma inaccettabile condizione la guerra in ex-Jugoslavia; la sistematicità e la diffusione di proporzioni incalcolabili di violenza attirò, finalmente l’attenzione delle Nazioni Unite.
L’orrore da ogni angolo del mondo
Nel giugno del 2015, Zainab Bangura, Rappresentante Speciale del Segretario Generale per la violenza sessuale nei conflitti armati, incontrò alcune donne vittime da parte dei terroristi dell’ISIS; storie e testimonianze di olte 1500 donne costrette alle violenze più sconcertanti, passando dai trattamenti brutali, al matrimonio forzato e alla schiavitù sessuale. Come conferma anche il sito ufficiale dell’ONU, anche nella sentenza Karadžić and Mladić del Tribunale Penale dell’ex-Jugoslavia, si conferma che in alcuni campi di prigionia le donne erano vittime di stupro con lo scopo di genare figli di origine serba. Storie sconvolgenti, specialmente se si tiene conto che tali atti appartengono alla storia moderna; a quella storia che ci vorrebbe civilizzati e che, invece, si porta dietro la brutalità di pratiche arcaiche, patriarcali e disumane.
Ma tra tutto l’orrore, vale la pena ricordare anche un caso di schiavitù sessuale durante un conflitto armato perseguitato per la prima volta da un Tribunale Nazionale; è accaduto in Guatemala, dove nel 2016 due ex comandanti sono stati condannati per aver ridotto in schiavitù sessuale 15 donne, durante il conflitto civile durato 36 anni. Un crimine contro l’umanità è questo il reato; eppure, alla luce di questo sembra che tale crimine passi ancora inosservato agli occhi di tanti. Quella telefonata di cui abbiamo parlato sopra, infatti, risale all’aprile del 2022: oggi.
Dalla violenza del ‘Ratto delle Sabine’
Potremmo fare un passo indietro, nei secoli per fino, e poi tornare ad oggi; a scuola studiamo la nascita di Roma e del Ratto delle Sabine. Nessuno insegna ai bambini la parola “stupro” delle Sabine, eppure come possiamo definirlo se non così. Perché difatti, forse in pochi si sono mai chiesti quanto le Sabine in età fertile siano state rapite e violentate in maniera consenziente. Un esempio storico, che suggerisce quanto a volte siamo all’interno di una logica bellica che poco si può accostare ai diritti umani. Nel 2002 Karima Guenivet, studiosa franco algerina, scrive un libro intitolato Stupri di guerra; un testo che narra e documenta fatti storici reali che mostrano quanto la violenza sessuale nei conflitti abbia, da sempre, provato a camuffarsi.
Passando a volte inosservato, silenzioso, quasi compreso e inevitabile; ma proviamo a chiederlo alle donne Bosniache, Ruandesi, Algerine se tale orrore possa mai trovare una giustificazione. Dal 1991 e il 1992 circa 30mila violenze in Bosnia per “l’epurazione etnica” come suggerisce Karima Guenivet; in tre mesi in Ruanda, nel 1994, donne (prevalentemente Tutsi) massacrate dopo gli stupri. E poi l’Algeria dove le violenze da parte dei terroristi miliziani si sono accanite contro donne che non portavano il velo, per esempio. Perché la donna in guerra sembra non diventare più di un nemico da combattere, ma uno strumento con cui fare terrore e erigersi a vincitori.
Il Tribunale delle Donne
Ma oltre l’orrore oltre la sistematicità dell’abominio, la forza delle donne può emergere. La capacità di resistere, combattere e farsi strumento non di guerra e odio ma di riparazione. Contro gli stupri e gli orrori, alla fine degli anni ’80 nascono in Medio Oriente le Donne in nero; un movimento che si oppone a quella logica bellica sopracitata. Nel 2015 centinaia di slovene, serbe, montenegrine, bosniache, macedoni, kossovare si ritrovarono a Sarajevo, dando vita al Tribunale delle Donne sui crimini di guerra; una protesta e un’azione concreta che rappresenta lo spirito della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sessuale nei conflitti. E fermi su questo spirito, concluderei con le parole del Premio Nobel per la Pace, Malala Yousafzai: “Nessuna lotta può concludersi vittoriosamente se le donne non vi partecipano a fianco degli uomini. Al mondo ci sono due poteri: quello della spada e quello della penna. Ma in realtà ce n’è un terzo, più forte di entrambi, ed è quello delle donne“.