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Cosa alimenta il consenso ai partiti anti-sistema in Europa?

Il voto in Francia pone seri quesiti sul futuro del continente tra l'inflazione e i limiti del sistema globalizzato schiacciato da guerra e pandemia

I partiti di estrema destra tornano ad avanzare in tutta Europa. Dopo il notevole risultato della Meloni alle amministrative di una settimana fa, è il turno di Marie Le Pen. La premier francese domenica ha decuplicato il numero dei deputati all’Assemblée Nationale, passando da 8 agli 80 seggi attuali. Il presidente della Repubblica Emmanuel Macron è ora, con la sua coalizione Ensemble!, lontanissimo dalla maggioranza assoluta necessaria per governare. 

La stampa francese già parla di una crescenteitalianizzazione” della politica in tutta Europa. Maggioranze sempre più risicate e coalizioni formate da partiti quasi agli antipodi, costretti a cooperare tra loro.

Pixabay – Marine Le Pen leader di uno dei partiti di opposizione che ha trionfato ieri in Francia

Tutto questo in uno dei momenti politico-economici più critici della storia per il continente europeo dai tempi della Guerra Fredda. Dove l’inflazione e l’ombra di una possibile recessione continuano a surriscaldare i mercati. A quali rischi andiamo incontro? E che cosa si nasconde dietro quest’ondata di voti verso i partiti cosiddetti anti-sistema?

In Francia stravince l’opposizione ‘estrema’: dalla sinistra di Mélenchon alla destra della Le Pen

Italia, Germania e Francia, nei 3 paesi chiave d’Europa le maggioranze di governo scricchiolano e la stabilità politica sembra essere appesa ad un filo. Le coalizioni di governo si allargano e diventano sempre più variegate per arginare e contenere il male peggiore, rappresentato dai cosiddetti partiti anti-sistema o estremisti. Tutto questo mentre l’economia mostra segnali di forte rallentamento nel commercio e l’inflazione sta portando i prezzi alle stelle. Forse non è un caso che proprio adesso alla La Pen sia arrivato questo storico risultato. Forse è proprio l’insofferenza nei confronti del futuro e questo sempre più preoccupante scenario presente, ad aver trascinato in Francia i voti verso i partiti di opposizione. Quanto più le situazioni si fanno difficili difatti, tanto più i cittadini sono alla ricerca di una maggiore chiarezza e di soluzioni immediate. E quando il quadro economico peggiora la colpa, si sa, ricade sempre sui partiti in quel momento al potere. 

Foto di Nathanael Mergui

A tallonare Macron però non è soltanto la Le Pen ma soprattutto il partito socialista di Jean-Luc Mélenchon. Conquistando 131 seggi, la Nouvelle Union Populaire Écologique et Sociale, nata dall’alleanza tra La France insoumise (LFI), Europe Ecologie-Les Verts (EELV), il Partito Socialista (PS) e il Partito Comunista (PCF), è diventata la prima forza di opposizione. Una sinistra statalista, attenta alle politiche sociali e ambientalista, che sta reclutando soprattutto giovani tra le sue fila. Ma a prescindere dall’indirizzo politico delle due formazioni opposte a Macron, bisogna chiedersi che cosa significhi davvero questo voto? Contro che cosa hanno votato i cittadini? Mélenchon ha commentato così il suo risultato “abbiamo fatto cadere l’uomo che, con tanta arroganza, ha stravolto il Paese per essere eletto presidente senza che nessuno sapesse cosa stesse facendo”. Da cui forse possiamo prendere un piccolo spunto, ossia: la parte politica al potere è sempre più percepita come lontana dalla gente. 

Partiti pro-sistema e anti-sistema in Europa

Macron viene etichettato da Mélenchon un po’ come il Conte o il Draghi della situazione. Un uomo super partes, poco propenso al dialogo con le varie formazioni politiche, garante di certi interessi globali prima che francesi. Le opposizioni in tutta Europa si alimentano proprio di questo sentire. I partiti anti-sistema sia di destra che di sinistra ovunque si tingono di nazionalismo e statalismo, in opposizione ad un universo globalista di cui non si capisce più ne capo ne coda. Con l’inflazione alle stelle, le notizie sui media riguardo le materie prime come gas e grano che scarseggiano; va da se che il cittadino venga catturato dal basico messaggio di ispirazione trumpiana: ‘Francia first‘ o ‘Italy first‘. O che venga catturato, come nel caso di Mélenchon, da una politica sociale che propenda per un ritorno ad una maggiore regolamentazione nelle mani dello Stato, piuttosto che per un mercato globale senza volto, né patria. 

Pixabay

Entrambe le parti conquistano consenso in sostanza perché presentano al cittadino qualcosa su cui fare affidamento, che sia lo Stato o la bandiera. E qualcuno a cui dare la colpa, come l’Europa o il neoliberismo. Mentre quei partiti oggi al potere garantiscono un sistema che la gente comune semplicemente non comprende più. La guerra e la pandemia, hanno messo in evidenza tutti i limiti della globalizzazione degli ultimi trent’anni. Catene di produzione dislocate infinite, istituzioni troppo lontane dalla gente, ed una frammentazione del potere disordinata e poco coerente. La sensazione è che sia diventata il fine e non più uno strumento di benessere. Ci siamo ritrovati all’improvviso più interdipendenti, ma sempre meno proprietari del nostro futuro. E il cittadino impaurito e disorientato, è oggi diffidente nei confronti di quelle forze politiche che in questi anni hanno contribuito al sostentamento di questo sistema.  Il dramma è che non è assolutamente il momento delle grandi rivoluzioni, ma quello di tirare avanti la barca per uscire dalla tempesta.  

Il pericolo del ricatto di Putin

Putin sta deliberatamente ricattando l’Europa, diminuendo di settimana in settimana il pompaggio del gas. Non solo per tenere alti i prezzi e in fibrillazione i mercati, così da incassare di più lui a sua volta. Ma soprattutto per fare in modo che l’intero continente non accumuli abbastanza riserve per l’inverno. Sicché oggi è importante più che mai in Europa dare segnali di unità e forza ai mercati. Come un tetto del gas per tutti gli stati membri che sia in grado di imporre un prezzo ai venditori e una politica monetaria della BCE che non lasci indietro nessuno.  Il caos che ne deriverebbe da una frammentazione degli obbiettivi politici, per la difesa dei vari interessi nazionali, potrebbe esserci fatale. E forse è infondo quello in cui Putin spera. Dividere nella sua presa di posizione sulla guerra l’Europa, surriscaldandone i prezzi e rallentandone di fatto la ripresa economica post pandemia. Indubbiamente il mondo sta cambiando e certi paradigmi macroeconomici e politici andranno riformulati, ma esiste un tempo per seminare ed uno per raccogliere. Oggi i partiti sono chiamati soprattutto alla responsabilità.

Chiara Cavaliere

Attualità, Spettacolo e Approfondimenti

Siciliana trapiantata nella Capitale, dopo la maturità classica ha coltivato la passione per le scienze umane laureandosi in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. Senza mai abbandonare il sogno della recitazione per cui ha collaborato con le più importanti produzioni cinematografiche italiane tra cui Lux Vide, Lotus e Italian International Film.
Si occupa di attualità e degli approfondimenti culturali e sociali di MAG Life, con incursioni video. Parla fluentemente inglese e spagnolo; la scrittura è la sua forma di attivismo sociale. Il suo mito? Oriana Fallaci.

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