Social Media: come ci stanno distruggendo nella vita reale
Gli stati ansioso-depressivi nei giovani, l'asocialismo e la vita che diventa merce nel mondo virtuale
I social media sono parte integrante delle nostre vite. Il loro uso non riguarda più solo i giovani, ma accomuna tutte le età. Col passare degli anni non si sono limitati a offrire chats dove rintracciarsi, ma molto di più, tanto che oggi sono un vero e proprio mondo parallelo virtuale. Oggi compriamo, parliamo, balliamo, cerchiamo l’amore, in un mondo intangibile e attraverso uno schermo.
Nei social ci sentiamo in una community, possiamo mascherare le nostre imperfezioni, dire quello che pensiamo senza paura delle conseguenze. Il problema è che nel frattempo abbandoniamo la vita reale per abitare in un mondo che non esiste. Stiamo assistendo alla “deportazione digitale dell’umanità“.
I social network ci rendono sempre più asociali
L’uomo sta trasferendo se stesso e la sua vita in un palmare a schermo piatto. La vita online sta diventando più appassionante e stimolante della vita reale. Ed i giovani sognano di sfondare e sbarcare in quel paese dei balocchi. Un paese dei balocchi dove tutto è perfetto. Non esistono brufoli fuori posto, attimi di malinconia, e tutto è raggiungibile con un click. Dopotutto quello schermo ci consente di evitare un sacco di difficoltà della vita. Sai che pizza dire la propria opinione e poi stare ad ascoltare la predica? Che barba trovare il coraggio di dire la verità guardando negli occhi una persona? Sai che noia stare ad aspettare di incontrare l’amore per caso? Non è meglio cercarlo sui social?
Non è più comodo fissare uno schermo piuttosto che far vedere che si è in imbarazzo? Far finta di divertirsi per quei 30 secondi di una storia Instagram anziché ammettere che si sta passando una brutta serata? Il mondo online è di gran lunga superiore! Più veloce, comodo, smart, internationale. La vita reale cosa offre? Offre sempre la stessa gente attorno a te, lunghe attese al ristorante, al bancone, in negozio! Perché? Chi ce lo fa fare? Chi ce lo fa fare di andare in un negozio e andarci a provare un vestito che magari una commessa antipatica non sa manco vendere? Chi ce lo fa fare di andare in un luogo affollato dove si incontra altra gente! La gente, per carità! Ti osserva, ti guarda, ti giudica! No, molto meglio dei contatti! Molto meglio dei volti dietro uno schermo che spegni, blocchi, sblocchi, quando ti pare e piace.
I social e l’illusione della perfezione
Questi sono i social network e questa è la psicologia asociale e apatico-depressiva, a cui ci stanno portando. Più il mondo trasloca la propria vita in quel luogo e più rinuncia ad un pezzo della propria vita sociale in quella reale. Con i social barattiamo la nostra autenticità per l’apparenza, la nostra vita sociale per la convenienza. Attratti dalle luci di quel mondo nuovo, i giovani accorrono come Pinocchio e Lucignolo alla ricerca di occasioni, di fama, di approvazione, di successo. Espongono i loro corpi, i loro sorrisi finti, momenti della loro vita creati ad hoc per dimostrare agli altri che si divertono SEMPRE. Che stanno al TOP. Perché nei social si deve stare sempre al TOP! Guai a postare il contrario! Bisogna mostrare agli altri che si viaggia, si spende, si è alla moda, e che si è sempre felici con la propria dolce metà.
Dobbiamo mostrare quanto abbiamo sudato in palestra, cosa abbiamo mangiato a cena fuori e con quanta gente. Il risultato? I giovani oggi mostrano già a 12 anni i primi segnali di forti stati ansioso-depressivi. Nell’inseguire la perfezione e l’illusione distopica della realtà creata dai social network, i giovani di oggi non reggono più l’impatto con la realtà. Li spaventa perché non hanno più gli strumenti per affrontarla. Passando più tempo online che offline, la vita reale gli sembra il più delle volte una montagna. Si sono abituati ad un mondo virtuale dove tutto è risolvibile velocemente e a portata di un click, e dunque appena le cose vanno storte o richiedono un po’ più di pazienza, gli sembrano subito irraggiungibili. Non ho successo subito? Allora sono un fallito. Non sono felice come quella foto di quella persona postata su Instagram? Allora ho un problema.
Come siamo diventati merce nel mondo di internet
Stiamo creando una società dove le persone, chinate nei propri cellulari, bombardate di informazioni, drogate di stories, immagini, serie tv, immaginano la vita, ma perdono il coraggio di viverla. I social avrebbero dovuto fermarsi a quella concezione base dei primi anni: un contenitore di profili. Una gigantesca rubrica online, dove cercare le persone o ritrovarle. Non avremmo dovuto trasferirci la nostra vita, i nostri affetti, i nostri attimi di vita quotidiana, che una volta postati diventano automaticamente merce in vendita delle multinazionali del web. Dentro quelle app siamo noi la merce. Diventiamo solo dei papabili consumatori al servizio di qualche interesse privato. Le nostre identità, profili studiati e commercializzati.
Siamo arrivati al punto dove alcune aziende oggi prendono in considerazione i profili social per valutare lo stile di vita e quindi l’appetibilità del candidato. Come se una persona potesse essere riassunta da una pagina online. Come se una persona fosse solo quello che fa e non quello che pensa, o solo ciò che possiede e non invece quello che sogna. Siamo molto di più! I social ci indicizzano, ci etichettano, ci spingono a ridurre la realtà in categorie. Ma la vita è invece piena di contraddizioni e di imprevisti. E sono proprio quelle contraddizioni a renderla straordinaria e infinitamente molto più interessante e avvincente di qualsiasi social network.