Con le dimissioni di Boris Johnson forse l’Europa compie l’ennesimo passo verso quella che i Francesi hanno definito: l’italianizzazione della politica. Che tradotto significa: una sempre più precarietà politica, con la vita dei governi che si accorcia. “L’elefante nella stanza” nel vecchio continente – per dirla all’inglese – è l’instabilità. O peggio, la decadenza delle personalità politiche al comando dei partiti.
Nei paesi europei più grandi e a più lunga tradizione maggioritaria l’equilibrio politico sembra sempre di più essere appeso ad un filo. La Germania appare sempre più debole con l’uscita della cancelliera Angela Merkel. In Francia la maggioranza di Macron è risicata e minata dai consistenti risultati dei partiti di opposizione sia a sinistra di Mélanchon, che a destra con Le Pen. In Italia la maggioranza di governo è disperatamente legata al destino e alla credibilità internazionale di un uomo solo. Cosa sta caratterizzando questo momento storico politico in tutta Europa?
Johnson: dal caos della Brexit al caos e basta
Il problema è che i partiti tradizionali, perdendo credibilità e terreno ideologico, hanno fatto sì che ad essere premiate oggi diventassero le idee del singolo e non più la visione politica nell’insieme. Il leader il più delle volte è votato perché in grado di catalizzare su di se l’attenzione sui temi più scottanti del momento. E non più quindi per gli ideali politici che rappresenta. Johnson incarnava il nazionalista sfegatato al servizio della patria al momento giusto.
Bisognava che qualcuno prendesse le redini di una nazione intera in gravi difficoltà politiche per via della Brexit. Gli inglesi avevano bisogno di aggrapparsi a qualcosa e le massime nazionaliste di Boris erano le più rassicuranti. Nel caos del nodeal – lightdeal – slowdeal, in cui era incappato il parlamento inglese per risolvere le questioni economiche con l’UE, l’ormai ex premier si ergeva sopra tutti come un nuovo possente Winston Churchill. Ed in quel momento tutti hanno sperato disperatamente che lo fosse.
Partiti in Europa sempre più personali
Il problema è che aldilà dei temi scottanti del momento su cui fare campagna elettorale, ad oggi non esistono ancora dei nuovi macro-contenitori politici in Europa in grado di stabilizzare ed equilibrare il dibattito politico. L’arena politica è sempre più colma di attori carismatici che smaniano dalla voglia di dire la loro, ma non ci sono vere squadre vincenti. E se l’elettore non si innamora di un progetto di partito è come una bandiera al vento. E questo vento senza argini è libero di soffiare verso l’estrema Destra, come la Francia di Marie Le Pen. Come altrettanto velocemente di virare verso la sinistra di Mèlanchon. Votare Macron, Salvini, Berlusconi, come il Grillo di turno, non fa differenza, perché sono venuti meno l’idea, il progetto, i valori universali sottostanti. Il partito non ‘giura’ di mantenervi fede all’interno di esso e di rappresentare il mandato dei suoi elettori. I partiti si assomigliano un po’ tutti. E nessuno di questi alla fine appare “un peccatore” più di un altro. E’ tutto liquido, plasmabile.
Il dopo Johnson e la politica pro-sistema appesa ad un filo
La realtà oggi si divide semplicemente in partiti pro sistema e anti-sistema. L’elettore per votare contro il sistema non bada più tanto se questa sia una svolta più nazionalista o socialista. Più a destra o più a sinistra. Sono differenze in cui semplicemente non crede più . Perché i partiti tradizionali stessi hanno smesso di crederci e di incentrare il dibattito su determinati temi. Ciò che conta ormai oggi è se ci si ponga anti-sistema o meno. Che poi anche questo ‘sistema’ non sia definito, poco importa. In Europa assistiamo a coalizioni considerate pro-sistema sempre più ampie e variegate – e per questo instabili – mentre avanzano incessanti quei partiti personali anti-sistema.
La sensazione generale è che il cerchio sembra come stringersi attorno a quei deus ex machina che sembrano ritardare l’inevitabile. E dopo di loro, il diluvio. “La Francia senza Macron dove avrebbe votato?” “E l’Italia senza Draghi oggi chi avrebbe al governo?”. “Se la Merkel non avesse preparato la strada a Scholz chi guiderebbe la Germania?”. Uomini appunto e non più ideali politici. Ma senza un nuovo patto sociale, senza nuovi chiari binari ideologici, ad un certo punto l’uno vale uno.