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La liberalizzazione firmata Draghi: la lotta dei tassisti tocca tutti noi

Un provvedimento che apre una questione politica tra statalismo-liberismo. Su cui l'intera Europa dovrebbe riflettere.

Divampano le proteste dei tassisti in tutta Italia riguardo la liberalizzazione del settore, ribolle la piazza anche a seguito della scottante pubblicazione dell’inchiesta degli Uber-files del The Guardian e di un diversi altri giornalisti investigativi in Europa.

Hanno svelato un sistema di lobbying e pubbliche relazioni portate avanti da società private per provare a ottenere l’appoggio di politici e gettare nel caos il mercato dei taxi in tutta Europa. Sarebbero coinvolti politici di spicco come Emanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e l’ex ministro delle finanze britannico, George Osborne. 

Manifestazione tassisti a Roma, in atto cori accompagnati da petardi e fumogeni. 13 LUGLIO 2022, ROMA,. ANSA/EMANUELE VALERI

Complici tutti di aver aiutato il colosso privato americano Uber nella sua scalata nel settore dei trasporti. Tutto questo mentre in Italia il governo Draghi ha sul tavolo la liberalizzazione del settore dei taxi con la modifica dell’art.10 del Ddl Concorrenza. Ma la lotta dei tassisti italiani non è soltanto una lotta di settore, se non un vera e propria questione politica e di sistema. Su cui l’intera Europa dovrebbe fermarsi a riflettere. 

La politica italiana nell’era della liberalizzazione

Dalla caduta del Muro di Berlino abbiamo assistito ad uno stigma dello stato padrone e nemico dell’economia di mercato, almeno in Europa occidentale. Oggi assistiamo ad una realtà in cui le liberalizzazioni di allora abbiano portato dal monopolio pubblico a quello dei vari privati. Con questi ultimi capaci di essere sorretti e assistiti da sistemi di lobbying, pronti a tutto per strappare quote di mercato sui diversi mercati nazionali. Nel nostro Paese poi non si tratta di interessi privati, magari a bandiera italiana, ma spesso di multinazionali straniere che spazzano via la concorrenza delle nostre piccole realtà. Abbandonate dalla politica che per prima sembra supportare questo effetto – a volte oscuro – della globalizzazione.

Manifestazione dei tassisti con i loro taxi parcheggiati nell’intera piazza Vittorio. Torino 12 luglio 2022 ANSA/TINO ROMANO

Oggi è il turno del governo Draghi, ma il fenomeno parte agli albori della seconda Repubblica con il diffondersi del paradigmaliberalizzare per modernizzare”. Aprire i mercati alla concorrenza globale per lasciare che l’offerta del servizio migliori. Parte dalla resa al fatto che i sevizi delle aziende italiane  – e spessissimo nella gestione pubblica – non funzionino. La politica in Italia non ha la forza, la volontà – e spesso le competenze – per migliorare almeno il pubblico. Di qui la corsa alla liberalizzazione, lasciando alle aziende straniere la possibilità di scalare il mercato. Nascondendosi dietro le colpe della concorrenza globale, senza assumersi le responsabilità, come classe politica italiana, di non aver più uno straccio di progetto industriale per il Paese. In balia delle crisi strutturali e di sistema, come pure di quelle politiche, in costante impoverimento. Che significa perdita di peso economico e politico.  

Le liberalizzazioni: da Mario Draghi negli Anni ’90 ad oggi

L’Italia negli Anni Novanta – quarta potenza economica mondiale – ha spostato una rapida e clamorosa liberalizzazione di quella che è sempre stata sostanzialmente un’economia statale; ad onor del vero assai indebitata e spesso corrotta. Furono gli esperti economici in quel periodo – tra cui Mario Draghi – a spiegare e giustificare la strategia: vendere – come anche svendere – l’intero patrimonio pubblico italiano pur di rientrare del nostro debito sovrano, per adeguarci ai parametri di Maastricht. Era la via obbligata per entrare nell’Euro. Oggi alcuni settori ancora, non compiutamente liberalizzati allora, come quello dei taxi, sono di nuovo nel mirino del legislatore. Nella parabola delle principali cessioni pubbliche troviamo Mario Draghi, all’inizio come direttore generale del ministero del Tesoro, nel governo Ciampi, e alla fine nel ruolo di premier. In cui sta portando a termine, alcuni decenni dopo, quella strategia.

@ANSA/ANGELO CARCONI

Sul tavolo sia l’ultima tranche di liberalizzazioni, che in contemporanea la più annosa questione della storia del trasposto pubblico italiano: le sorti della compagnia di bandiera. L’ex Alitalia, oggi Ita Airways, è vicinissima ad essere venduta per circa 2 miliardi di euro. Ad oggi la neo-compagnia nazionale, al prezzo di continui esborsi dei contribuenti, e poca resistenza da parte della classe politica attuale, è finalmente una compagnia snella. Appetibile assai per i suoi Slot negli aeroporti internazionali per tedeschi e americani e che produce utili. Le conseguenze per il comparto del turismo – che vale secondo le ultime stime 70 miliardi di euro – non sono affatto chiare. E’ l’ultima resa in ordine di tempo dell’amministrazione pubbliche nelle grandi partecipate. Non è più il tempo politico del secondo secondo dopoguerra, che sceglieva di investire e reinvestire nel Paese. Oggi è più semplice ed immediato cedere. E questa sorte toccherà ai tassisti, come agli stabilimenti balneari, inclusi nel Ddl concorrenza del governo Draghi.

La fine della social-democrazia europea: quale ruolo può avere lo Stato in economia?

L’effetto positivo del potere del consumatore nel determinare l’assetto della migliore offerta naturale in un mercato liberalizzato subisce diverse distorsioni. La competizione non sempre premia il migliore, grazie ad attività di lobbying, come di interessi privati/pubblici che scavalcano la legge di mercato. Dovrebbe intervenire la politica – non solo in seguito ad ultimatum europei o del sistema economico – ad evitarle e rendere equo il mercato nel nome dell’interesse nazionale.

I tassisti oggi si sentono derubati del proprio lavoro, abbandonati da una politica votata alla competizione, più che protettiva verso i posti di lavoro. Dopo più di sessant’anni di Stato dirigista in un mercato libero, ma regolamentato e di ispirazione social-democratica in tutta Europa – in netta contrapposizione con il filo-liberismo americano – che metteva al centro l’interesse del cittadino, siamo passati al neo liberismo più sfrenato. Dai Rousseau di ieri alla deregulation di oggi e senza neppure la prospettiva concreta di sommare tante realtà europee per competere col resto del mondo.

Chiara Cavaliere

Attualità, Spettacolo e Approfondimenti

Siciliana trapiantata nella Capitale, dopo la maturità classica ha coltivato la passione per le scienze umane laureandosi in Scienze Politiche alla Luiss Guido Carli. Senza mai abbandonare il sogno della recitazione per cui ha collaborato con le più importanti produzioni cinematografiche italiane tra cui Lux Vide, Lotus e Italian International Film.
Si occupa di attualità e degli approfondimenti culturali e sociali di MAG Life, con incursioni video. Parla fluentemente inglese e spagnolo; la scrittura è la sua forma di attivismo sociale. Il suo mito? Oriana Fallaci.

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