Il Governo Draghi è alle sue ultime ore di vita politica. Oggi 21 luglio il premier è salito al Quirinale da Mattarella e si è dimesso. Resta in carica “per il disbrigo degli affari correnti“. Elezioni probabili: il 2 ottobre.
Il game over, per il governo Draghi, è arrivato. Questa mattina il premier, all’indomani di una giornata politicamente drammatica, è stato alla Camera per un nuovo passaggio della crisi di governo. “Draghi andrà alla Camera solo per dimettersi“, avevano riferito fonti di Governo all’Adnkronos, per poi salire al Quirinale e riferire al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“Anche io ho un cuore”
E così è avvenuto. “Prima di tutto grazie” ha detto Draghi alla Camera. Ne è seguito un lungo applauso. “Alla luce del voto espresso ieri sera dal Senato chiedo di sospendere la seduta per recarmi dal Presidente della Repubblica per comunicare le mie determinazioni“. “Certe volte anche il cuore dei banchieri centrali viene usato. Grazie per questo e per tutto il lavoro fatto in questo periodo“, ha concluso sorridendo. Draghi si è poi formalmente dimesso al Quirinale e ora il suo Governo resta in carica per “il disbrigo degli affari correnti“.
Il passaggio di ieri in Senato ha di fatto sancito la fine dell’esecutivo guidato dall’ex numero uno della BCE. La risoluzione Casini, su cui il premier aveva posto la fiducia, è infatti passata al Senato con soli 95 voti a favore. Cioè senza il sostegno di Forza Italia, Lega e Movimento Cinque Stelle che non hanno partecipato al voto. I voti contrari sono stati 38 e nessun astenuto. Molto basso il dato sulla presenza in aula: solo 192 senatori, mentre i votanti sono stati 133. Il quorum c’è stato solo perché i senatori pentastellati sono comunque rimasti in Aula. Sono invece usciti i senatori di Lega e Forza Italia.
Draghi, l’appello inascoltato
Forza Italia, Lega, M5S non hanno votato la fiducia e quell’appello di Draghi in Aula – “siete pronti a ricostruire il patto?” – è caduto nel vuoto. In realtà il Governo ha incassato comunque il sì alla fiducia, ma sono stati appena 95 i voti a favore. Quelli di Pd, Iv, Leu, Ipf e Italia al Centro. Numeri lontani anni luce da quelli che servirebbero per rimettere insieme una maggioranza che si è sfilacciata giorno dopo giorno.
Il ruolo di Mattarella
A questo punto tocca al Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella è di umore nero. Non avrebbe mai voluto una situazione politica e istituzionale di questo genere, fra la pandemia, la guerra in Europa, la crisi energetica. Tuttavia, dopo aver già respinto una volta le dimissioni di Draghi, la scorsa settimana, e averlo rinviato alle Camere, non può far molto. Se non mandare gli italiani a votare. Appare difficile che il capo dello Stato cerchi un’altra figura di possibile nuovo premier incaricato da mandare in Parlamento a cercare una maggioranza. Ci sono almeno quattro grandi forze politiche che vogliono andare subito alle urne: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia – quindi tutto il Centrodestra – e il M5S.
La data delle elezioni
Se Mattarella dovesse decidere di sciogliere le Camere si potrebbe andare al voto già domenica 25 settembre o più probabilmente domenica 2 ottobre. Per la prima data, però, potrebbe esserci l’ostacolo della vigilia del Capodanno ebraico. Quindi più probabile che si scelga la seconda opzione. In base all’articolo 61 della Costituzione, nel decreto che fisserà la data delle elezioni si indicherà anche quella per la riunione del nuovo Parlamento. In caso di voto il 2 ottobre, e in base ai precedenti, le nuove Camere potrebbero riunirsi il 21 ottobre.