Siccità, il cuneo salino del Po risale il fiume per 40 chilometri
Impossibile prelevare acqua per irrigare. A rischio anche le estrazioni a fini di acqua potabile
L’Italia continua a essere stritolata dalla siccità. Le temperature da record, la totale arsura e l’assenza di precipitazioni (da mesi) sta distruggendo fiumi, laghi e bacini idrici.
Secondo i dati dell’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche, il Po sta per toccare una soglia drammatica. La siccità ne sta annullando la portata. Gli ultimi rilevamenti effettuati a Pontelagoscuro, nel Ferrarese, hanno evidenziato che la portata del fiume è ormai prossima a toccare i 100 metri cubi al secondo. Un dato questo che “decreterebbe la fine dell’immagine di grande fiume” scrive l’Osservatorio. Le conseguenze, soprattutto di carattere ambientale, sono molto gravi.
Durante l’alta marea, la risalita del cuneo salino lungo il corso del Po ormai sfiora i 40 chilometri dalla foce di Goro. Questo fenomeno interessa ormai i tratti terminali di quasi tutti i fiumi del Nord Italia, che la siccità sta penalizzando oltremodo. Il pericolo derivante dalla risalita del cuneo salino è quello che si intacchino “i prelievi” di acqua “a uso potabile“. Quelli per uso agricolo di irrigazione sono in parte già azzerati. Il confronto fra i dati sulla portata minima mensile del Po di quest’anno e quelli degli scorsi anni è impietoso. Cresce la preoccupazione. Basti pensare che l’ultimo record negativo è datato luglio 2006, 16 anni fa. In quel mese il dato registrato fu di 237 metri cubi al secondo: oltre il doppio degli attuali. Secondo le proiezioni previste, per il 2022 la portata media del Po si attesterà presumibilmente al di sotto dei 170 metri cubi al secondo.
Siccità: “Mai così al Nord“
“Nel Nord Italia c’è una condizione di siccità finora sconosciuta. È evidente che non basterà qualche temporale a riportare in equilibrio il bilancio idrico” evidenzia Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue. “In questa prospettiva è ancora più preoccupante che siano proprio Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte le regioni che, nel 2021, hanno maggiormente consumato e cementificato suolo“. In questo modo “lo hanno sottratto all’agricoltura e alla naturale funzione di ricarica delle falde, accentuando al contempo il rischio idrogeologico“.
Laghi e fiumi
A eccezione del Lago di Como, i grandi bacini settentrionali si avvicinano al livello percentuale di riempimento zero, al cui raggiungimento non si potrà più rilasciare un quantitativo d’acqua superiore a quello affluito nell’invaso. Si tratta dei laghi Iseo, Maggiore e Garda. A Nord Ovest è la Dora Baltea, in Valle d’Aosta, il fiume che resiste meglio alla siccità e gode di maggiore salute idrologica. Cala invece il torrente Lys e, in Piemonte, i violenti fenomeni temporaleschi hanno portato gravi disagi al territorio, senza sostanziali miglioramenti alla condizione idrica complessiva.
Analoga è la situazione in Lombardia, dove il fiume Adda resta su valori praticamente dimezzati rispetto al consueto e le riserve idriche sono del 70% inferiori a quelle dell’anno scorso, segnando -64% rispetto alla media mensile. In Veneto, nonostante una leggera ripresa come per il Piave, il fiume Adige (secondo corso d’acqua italiano) stenta a superare la soglia dei -4 metri sul livello idrometrico.