Salman Rushdie, 75 anni, scrittore britannico di origine indiana, autore del celebre libro I versetti satanici, è stato aggredito a coltellate. È avvenuto il 12 agosto a Chautauqua, nello Stato di New York, in America, dove Rushdie teneva una conferenza.
Stando ai testimoni oculari, un uomo è balzato all’improvviso sopra il palco dove si trovava lo scrittore e lo ha assalito violentemente. L’aggressore di Salman Rushdie è caduto, subito dopo l’assalto, e la polizia lo ha fermato. Lo riporta l’Associated Press. La polizia dello Stato di New York ha poi annunciato che Rushdie è stato ferito al collo da un’arma da taglio. Un elicottero ha trasportato lo scrittore in un ospedale locale. Nell’aggressione anche il moderatore ha riportato ferite ma le prime informazioni indicano che non sono gravi.
Salman Rushdie è autore de I versetti satanici, il libro che la repubblica islamica dell’Iran aveva bandito nel lontano 1988 perché considerato un testo blasfemo. L’anno successivo alla pubblicazione l’ayatollah Khomeini, lanciò una fatwa – di fatto una condanna a morte per blasfemia – contro il letterato. E offrì una ricompensa di 3 milioni di dollari a chi lo avesse ucciso. La guida suprema Ali Khamenei ha rinnovato la fatwa nel 2017, e nel 2019 via Twitter.
Rushdie si è rialzato da solo
Dopo l’aggressione, Salman Rushdie è riuscito ad alzarsi da solo dal palco al Chautauqua Institution, secondo quanto scrive l’Independent online. L’Ap riferisce che è in ospedale per accertamenti sulle ferite riportate. Una foto scattata subito dopo l’aggressione mostra un agente della sicurezza con le mani sul petto di Rushdie mentre un altro gli tiene le gambe sollevate in aria.
Nella sua vita umana e professionale Salman Rushdie ha cercato di non lasciarsi ridurre allo scandalo causato dalla pubblicazione dei Versetti satanici. “Il mio problema è che le persone continuano a percepirmi attraverso il prisma unico della ‘fatwa‘”, ha detto qualche anno fa questo libero pensatore che vuole essere uno scrittore, non un simbolo. Ma l’attualità – l’ascesa al potere dell’Islam radicale – lo ha costantemente riportato a ciò che è sempre stato agli occhi dell’Occidente.
La fatwa e l’11 settembre
Ovvero il simbolo della lotta contro l’oscurantismo religioso e per la libertà di espressione. Già nel 2005 riteneva che la fatwa che l’Iran gli scatenò contro nel 1989 avesse costituito un preludio agli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York. Costretto da allora in poi a vivere nascosto e sotto la protezione della polizia, passando di nascondiglio in nascondiglio, si fece chiamare Joseph Anton, in omaggio ai suoi autori preferiti. Ossia Joseph Conrad e Anton Cechov.