Il 17 luglio del 2019 il mondo della letteratura e dell’arte in senso lato diceva addio ad uno dei più grandi ‘Maestri’ che la nostra epoca ha avuto la fortuna di conoscere: Andrea Camilleri. Un siciliano cresciuto a Roma ma con quella ‘siciliniatà’ nelle vene che lo ha reso unico e fonte di quella cultura che insegna e presenta una Sicilia dalle variegate sfaccettature.

Andrea Camilleri nasce a Porto Empedocle il 6 settembre del 1925 e sulla terra bagnata dal mare agrigentino visse fino al 1943. Trasferitosi a Roma, sarà nella Capitale che il ‘Maestro’ dirà addio a questo mondo il 17 luglio del 2019. Ma nonostante la lontananza fisica dalla Sicilia, l’Isola natia sarà la maggiore musa di Camilleri.

@Credits Ansa

Fonte di ispirazione tra ricerca, passione e crude realtà che s’intrecciano con una terra amata ma non per questo esente da critiche. Raccontare la Sicilia, i suoi odori, i suoi colori e le sue piaghe. Attraverso la voce e le voci di uomini e donne che sono passati attraverso le sue pagine intramontabili.

La Sicilia e i siciliani di Andrea Camilleri

Sono le sfumature che rendono Andrea Camilleri uno dei maestri indiscussi della nostra epoca; oltre che lo scrittore capace di portare la ‘siciliniatà‘ in tutto il mondo. “Rispetto alla natura, la gente è ancor più complessa e variegata. Il bello della Sicilia è la scoperta quotidiana di siciliani sempre diversi” afferma Camilleri, descrivendo un popolo nel quale lui, per primo, si identifica. La Sicilia raccontata dal ‘Maestro’ unisce la sua esperienza diretta, fatta da ragazzo, alla ricerca e lo studio degli aspetti più moderni. Lui, che la Sicilia la lasciò poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

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Andrea Camilleri è appena diciottenne quando gli alleati sono alle porte di Lampedusa e questo gli impedisce di sostenere la maturità classica. In Una corsa verso la libertà lo scrittore descrive quegli anni drammatici.  Quando con la bicicletta fa la spola tra Serradifalco (in provincia di Caltanissetta), dove si trova con la madre, e Porto Empedocle, dove è rimasto il padre. Tutto sotto i colpi di mitragliatrici che costringono a gettarsi a terra e “sporcarsi di polvere di sangue, di paura“. Al termine della Guerra, Andrea Camilleri lascerà la Sicilia e nel 1949 inizia a lavorare in Rai con i molteplici ruoli di delegato alla produzione, regista e sceneggiatore.

Quando nasce Vigata

Negli anni in Rai Camilleri si lega ad alcune delle più importanti produzioni poliziesche del tempo come Il Tenente Sheridan e il Commissario Maigret. L’attività di scrittore, invece, arriva in età matura per il ‘Maestro’. La prima fonte d’ispirazione è la Sicilia dalla quale nascono i primi saggi romanzati. Tuttavia, Andrea Camilleri non trova subito una casa editrice disposta a pubblicarlo. Trascorreranno una decina di anni prima di arrivare al 1978 quando esordisce con Il corso delle cose che, nello sfondo di una Sicilia rurale e povera, affronta uno degli argomenti più neri legati a questa terra: la mafia. Il 1980 si apre con Un filo di fumo la serie di romanzi ambientati tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 a Vigata. Quest’ultima è una cittadina siciliana nata dalla pura fantasia dello scrittore. Preludio di colui che diverrà il personaggio più celebre del maestro Andrea Camilleri.

Salvo Montalbano, il Commissario: un siciliano moderno e allo stesso tempo legato alle tradizioni. Si districa tra i delitti e i gialli della piccola e, apparentemente, innocua cittadina di Vigata e regala uno spaccato unico di quella ‘sicilianità’ che Andrea Camilleri vuole donare. Originale nelle storie e nella lingua, dove la commistione tra siciliano e italiano dona una struttura che, come spiegava lo stesso scrittore, segue il “flusso di un suono“. Dove dialetto e italiano si intersecano armoniosamente e generano una lingua ‘nuova’ che non risulta grottesca, ma pressoché naturale.

Scrivo perché non so fare altro

Dai romanzi ambientati tra ‘800 e ‘900 i gialli della Vigata moderna si sviluppano nel 1999. L’intreccio poliziesco è alla base di queste storie, ma in ogni libro, in ogni pagina c’è sempre qualcosa di più rispetto al mistero da scoprire. Ci sono personaggi, storie di uomini e donne dalle personalità diverse. Chi vuole emergere e ribellarsi alle tradizioni, chi vive, invece, della tradizione. Spiriti liberi e anime inchiodate agli stereotipi e ai pregiudizi. Persone diverse, come diverse sono le loro vite e diversi sono i loro pensieri. Questi sono i personaggi che Andrea Camilleri ci ha regalato. Un saggio di altri tempi dotato però di quella forza innovativa che lo ha sempre reso attuale. Attivo è legato alla sua arte fino alla fine, non lasciò mai la scrittura, anche quando ridotto ormai alla cecità dettava e si faceva rileggere i suoi libri.

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Basterebbe dire che i suoi libri sono stati tradotti in oltre trenta lingue in tutto il mondo per descrivere la sua grandezza; eppure, al di là delle copie vendute, l’eredità del ‘Maestro’ Camilleri resta qualcosa di tanto più immateriale quanto immortale. E, con immensa umiltà, non resta che lasciare al ‘Maestro’ la facoltà di descrivere la grandezza del suo lascito: “Scrivo perché non so fare altro. Scrivo perché dopo posso dedicare i libri ai miei nipoti. Scrivo perché così mi ricordo di tutte le persone che ho amato. Scrivo perché mi piace raccontarmi storie. Scrivo perché mi piace raccontare storie. Scrivo perché alla fine posso prendermi la mia birra. Scrivo per restituire qualcosa di tutto quello che ho letto“.