Finisce con una partita di doppio indoor la carriera di Roger Federer. Con lui finisce un’era: quella che ha sognato sul campo da tennis. Parliamo di grande tennis: non corsa, fisico, percentuali, ma il gesto tecnico, quasi a sfidare le leggi del moto e della fisica. Dalla bellezza ineguagliata e ineguagliabile, dall’eleganza paragonabile al balletto. Finisce in doppio con al fianco l’amico-rivale di sempre, il solo: Rafael Nadal. Il resto era e resta sullo sfondo. Finisce con al fianco Björn Borg, perché forse era necessario avere vicino chi ha cambiato davvero il tennis, prima di lui, Roger Federer: il re della racchetta, unico e solo.

RF è molto più di un giocatore che ha vinto tantissimo – incredibili i 20 titoli dello slam – vista la complessità del gioco espresso quasi in ogni punto. Noioso anche snocciolare tutti i record: per questo scrollate Wikipedia. E neppure per i tanti che hanno tifato per lui, e che ricordano i decenni in cui è stato ingiocabile sulla maggior parte dei campi del mondo. Ha attraversato e cambiato il tennis, come nessuno esordendo in un’epoca che da poco aveva lasciato le racchette di legno, e che ha onorato in ogni colpo incantando da subito: “non posso che farmi indietro e ammirare le sue immense capacità, la sua magnifica compostezza. È il tennista più regale che abbia mai visto”. Ha detto di lui Andre Agassi che aveva duellato con l’idolo di Roger, Pete Sampras.

@Ansa – EPA/ANDY RAIN

Se non a Wimbledon solo il FEDAL per dirci addio

Finisce in un FEDAL: parola che è crasi di un’epoca ventennale, o forse le due facce della medaglia del tennis o le due parti di una stessa pallina. Federer e Nadal, come è stato Federer vs Nadal. Agli altri restavano le briciole all’inizio, nei “tornei no” del premiato duo. “Nadal in ogni punto ci mette il doppio dello sforzo rispetto a Federer. – spiegava Ion Tiriac – Nadal suona la batteria, mentre Federer suona il pianoforte”.
Anche il mito dei FAB FOUR (FEDAL + Djokovic e Murray, presenti anche loro in Laver Cup ad omaggiare) a lungo coltivato, specie dalla stampa, era sul campo asimmetrico, almeno fino a che gli acciacchi hanno lasciato posto ai più giovani. Roger e Rafa sono cresciuti insieme, si sono spartiti il mondo in una sorta di “guerra fredda del tennis” che come spesso accade nelle relazioni è evoluta in un’amicizia reale, che in questi giorni a Londra è sotto gli occhi di tutti.

Da sinistra Federer con Rafael Nadal e Björn Borg – @Ansa – EPA/ANDY RAIN

Il doppio che ha chiuso per la cronaca la prima giornata di Laver Cup è finito con una sconfitta al super tie-break dei FEDAL contro Sock – Tiafoe, due giocatori – che non si spiacciano – ma verranno probabilmente ricordati più per la partita in cui lui il re del tennis ha detto addio alla racchetta, che per i risultati personali. In campo il match è corso veloce con Nadal che ha dato tutto, perché una cosa è chiara in ogni campo da tennis: non sa perdere e questo uno dei segreti del suo grande successo costruito sulla fatica, sulla corsa e sul controllo. Poi perché a 36 anni ormai ha più tennis nelle gambe di Roger 40 anni, classe 1981.

In panca il più silenzioso dei miti: quel Björn Borg che solo Federer ha superato sull’erba amica di Wimbledon, che ha salutato solo quest’estate osannato come una rockstar, come un reale. Dei due Nicola Pietrangeli ha dichiarato: “È arduo trovargli dei difetti, scendere nei voti sotto il dieci. E sfido chiunque a riuscirci. Come Borg ha inventato uno stile, un modo di giocare“. In fondo la Laver Cup, un mega evento che ha voluto proprio Roger Federer, è stato il luogo adatto per il suo addio studiato nei minimi dettagli; quasi come la maestà vera, che ci ha lasciato una ventina di giorni fa ha fatto con il funerale. In fondo l’ultima partita è un addio.

Con Federer finisce l’epoca dei FAB FOUR?

Non solo Nadal, anche Murray e Djokovic hanno risposto presente all’addio di Federer, perché per certi versi è un antipasto anche del loro. Probabilmente lo spagnolo vorrà arrivare al prossimo Roland Garros. Murray si difende più dai tanti acciacchi raccolti in carriera che dagli avversari. Djokovic ha vissuto un annus horribilis mediaticamente più per colpa sua e delle convinzioni anti vaccino. “Il tennis è senza età, è forse la conclusione? Sì, dev’essere così… – sostiene Adriano Panatta – “E Federer è il tennis, dunque è senza età anche lui. La differenza c’è, e si vede. Federer fa esattamente tutto quello che deve essere fatto con una racchetta in mano. Non solo, lo fa così bene da far sembrare tutto logico, persino facile”.

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Sul campo ad aiutare i vecchietti il meglio della nuova generazione matura con cui ha giocato e condiviso in rigoroso ordine di classifica: Ruud, Tsitipas, Berrettini. E con Alexander Zverev, che in Laver Cup ha giocato al fianco di Roger, non ancora ripresosi dall’infortunio sugli spalti, seduto sugli spalti davanti a Stefan Edberg. Che a Federer ha costruito quella splendida risposta bloccata di rovescio che ci ha regalato la seconda giovinezza dello svizzero fino a quell’ultimo Australian Open in cui ha sconfitto Rafa. Chiudendo un cerchio perché “Federer non gioca a tennis, è il tennis… Quando gioca ha qualcosa di divino. Come se stesse sospeso nell’aria. Nel tennis, Roger è il mio Dio.” (cit. Gianna Nannini)

Oggi con Federer mi ritiro un po’ anche io

Oggi finisce con la carriera sul campo di Roger anche il mio tifo partigiano. Ricordo perfettamente la prima partita in cui lo vidi: all’esordio in Coppa Davis contro l’Italia era il 1999. Pensai che avesse delle potenzialità infinite e una determinazione incredibile. Sul primo punto non è mai stato superato, sul secondo citofonare Nadal. Oggi finisce il pensiero fisso durato 23 anni: “devo vedere la partita di Federer”, oppure “non posso vedere la partita, ma devo controllare il risultato”. Finiscono i match rilassati – la maggior parte – e quelli visti in piedi. Non rivedrò più quella maledetta finale interrotta dalla pioggia. Lo so che “non si vive di tennis, è ovvio, ma molte cose smettono di morire per un attimo, ogni volta che Federer stacca un rovescio lungolinea”. Baricco ne era sicuro e non gli si può dar torto.

Federer come esperienza religiosa

Di Federer hanno scritto tutti: grandi firme del giornalismo e indegnamente anche io, sempre da tifosa. Oggi un po’ vedova di Roger. Se volete farvi un regalo ci sono due titoli: il primo Roger Federer è esistito davvero di Emanuele Atturo; avvicinatevi solo se vi interessa la magia della sua storia. Il secondo è Federer come esperienza religiosa, un trattato di sport, estetica e filosofia, scritto da Foster Wallace da cui riporto questa essenziale citazione:

“La spiegazione metafisica è che Roger Federer è uno di quei rari atleti preternaturali che sembrano essere esenti, almeno in parte, da certe leggi fisiche. Validi equivalenti sono Michael Jordan, che non solo saltava a un’altezza sovraumana ma restava a mezz’aria un paio di istanti in più di quelli consentiti dalla gravità, e Muhammad Ali, che sapeva davvero «aleggiare» sul ring e sferrare due o tre jam nel tempo richiesto da uno solo. Dal 1960 in qua ci saranno altri cinque o sei esempi. E Federer rientra nel novero: nel novero di quelli che si potrebbero definire geni, mutanti o avatar.

Non è mai in affanno, né sbilanciato. La palla che gli va incontro rimane a mezz’aria, per lui, una frazione di secondo più del dovuto. I suoi movimenti sono flessuosi più che atletici. Come Ali, Jordan, Maradona e Gretzky, pare allo stesso tempo più e meno concreto dei suoi avversari. Specie nel completo tutto bianco che Wimbledon ancora si diverte impunemente a imporre, sembra quello che (secondo me) potrebbe benissimo essere: una creatura con il corpo fatto sia di carne sia, in un certo senso, di luce.”