Iran, dilagano le proteste: decine di morti e migliaia di arresti
La morte di Mahsa Amini, arrestata dalla polizia perché non portava correttamente il velo, ha scatenato la rabbia popolare
In Iran non si fermano le proteste di piazza contro l’obbligo del velo islamico per le donne e la morte di Mahsa Amini, 22 anni. La giovane ha perso la vita lo scorso 16 settembre, 3 giorni dopo l’arresto da parte della cosiddetta polizia morale che l’aveva bloccata accusandola di non indossare correttamente lo hijhab.
Quasi 3mila persone sono finite agli arresti a Teheran in oltre 10 giorni di proteste. Lo rende noto la testata giornalistica online IranWire, che cita fonti tra le famiglie delle persone arrestate. Secondo i familiari, i prigionieri si trovano in varie carceri della capitale iraniana ma anche in altri edifici. Secondo l’agenzia di stampa statale Irna, 12 persone sono finite in manette il 27 settembre. Le Guardie della rivoluzione le hanno arrestate nella provincia di Gilan con l’accusa di avere tenuto incontri segreti per organizzare proteste violente.
Iran, le accuse degli Usa
Dall’altro capo del mondo gli Usa attaccano a testa bassa il regime degli ayatollah in Iran. “Mahsa dovrebbe essere viva, non lo è per colpa del brutale regime iraniano” ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken. Il ministro degli Esteri americano ha ribadito la richiesta a Teheran di “mettere fine alle violenze” contro le donne e i manifestanti. Cortei contro le autorità iraniane, slogan di libertà e per le donne, sit-in e roghi di veli ed effigi del regime islamico sono esplosi in varie città del Paese. Secondo il gruppo Iran Human Rights, con sede a Oslo, 76 persone sarebbero morte durante la repressione della polizia contro i manifestanti. L’organizzazione americana indipendente Committee to Protect Journalists (Cpj) così come la francese Reporters sans frontières hanno denunciato l’arresto di 18 giornalisti.
Chi era Mahsa Amini
Mahsa Amini è deceduta il 16 settembre, dopo essere finita in coma in seguito al suo arresto, tre giorni prima. La polizia religiosa l’accusava di non aver correttamente indossato il velo islamico sul capo, che il regime degli ayatollah impone in Iran a tutte le donne. La morte della ragazza mentre si trovava sotto la ‘custodia’ delle forze dell’ordine della repubblica islamica è stata come la miccia che ha fatto esplodere la bomba della rivolta. Un fuoco che ardeva sotto la cenere di un crescente malcontento popolare per le condizioni di vita sempre più difficili in Iran.
Diverse donne si sono mozzate i capelli in segno di protesta per le violente imposizioni maschiliste e patriarcali che gli ayatollah impongono loro. E hanno fatto circolare video sui social media, che in breve hanno fatto il giro del mondo. In alcuni filmati diffusi dai luoghi delle proteste si vedono uomini unirsi ai cortei delle donne per strada, durante manifestazioni cariche di rabbia in cui si bruciano i veli in piazza. In alcuni casi la rabbia popolare ha costretto pattuglie di polizia a ritirarsi dalle strade. Non ci sono segnali che le rivolte si stiano fermano, anzi dopo oltre 10 giorni la situazione del Paese è sempre più carica di tensione.