Giallini è “Il principe di Roma”: uno Scrooge tra fantasmi e l’omaggio alla Capitale
Un film corale nel periodo del Papa Re diretto Edoardo Falcone con Giulia Bevilacqua, Filippo Timi, Sergio Rubini, Andrea Sartoretti e Giuseppe Battiston
Trasporta a Roma – in romanesco – il Canto di Natale di Dickens, con un omaggio chiaro al cinema di Magni ambientato all’epoca del Papa Re e ritroverai Il Principe di Roma del duo Giallini-Falcone. Nel cast Giulia Bevilacqua, Filippo Timi, Sergio Rubini, Denise Tantucci, Antonio Bannò, Liliana Bottone, Massimo De Lorenzo, Andrea Sartoretti, Giuseppe Battiston. La pellicola arriverà nelle sale il prossimo 17 novembre.
Il regista torna a dirigere come in Io sono Babbo Natale Marco Giallini: uno Scrooge romanesco, impeccabile, meno ilare e smargiasso dell’indimenticabile Marchese del Grillo di Sordi. Ma sempre pronto alla battuta, nel senso tutto romano della comicità, alle prese con i suoi fantasmi, assai diversi da quelli del Natale di dickensiana memoria. D’altronde lo spiega lo stesso Falcone in conferenza stampa, di aver dato con il tema natalizio, proprio nell’ultimo film con Gigi Proietti.
Giallini è Il Principe di Roma: nella sinossi il senso comico del film
Anno di grazia 1829 – siamo a Roma, la Roma del Papa Re. Bartolomeo Proietti (Marco Giallini) – da orfano è diventato uno degli uomini più ricchi (cravattaro, come si dice nella Capitale che non riscuote!) di tutta la città su cui spirano venti di libertà repubblicana. Ha tutto quello che si può desiderare meno il rango ed è disposto a comprarlo – come le indulgenze – a suon di scudi. L’offerta arriva dal principe Accoramboni (un magistrale Sergio Rubini, sempre impeccabile nei film in costume), pieno di buffi, da cui otterrebbe l’agognato titolo nobiliare grazie al matrimonio con la principessa, benedetto dal Papa morente. Ma a fargli cambiare idea saranno i suoi personali fantasmi – storici e legati alla romanità del passato – Giordano Bruno (Filippo Timi), papa Borgia (Giuseppe Battiston) e di Beatrice Cenci (Denise Tantucci).
Pronti a rivelargli la verità, le sue origini e l’amore (Giulia Bevilacqua). Tre presenze misteriose evocate dal protagonista che da avaro cerca di recuperare il suo denaro. Ma nel rispetto della tradizione queste anime continuerebbero a vagare da secoli lungo le strade della Città eterna. Abili a guidarlo dal passato di Roma al suo futuro – lo attenderebbe la morte per mano di (Andrea Sartoretti) – passando per il suo di passato. Tutto sullo sfondo la bellezza delle stampe di Bartolomeo Pinelli e una forte musicalità che accompagna il dialetto, come i sonetti del Belli.
L’omaggio a Roma e al Magni del Papa Re
“Ho sempre voluto fare un film ambientato nella Roma del Papa Re. Questo desiderio ha origine nella mia infanzia quando, in una lontana estate di tanti anni fa, mia madre mi portò in un’arena a vedere Nell’anno del Signore” – ha spiegato il regista Edoardo Falcone in conferenza stampa illustrando il rimando alla “vis di Luigi Magni” capace di far nascere “una passione per la storia e le tradizioni della mia città, che ancora oggi non mi ha mai abbandonato”. Ma è evidente come dichiara all’inizio dei titoli di coda anche l’escamotage narrativo di riproporre il Canto di Natale di Dickens nel linguaggio che è stato del grande cinema italiano che ha raccontato l’epoca papalina ottocentesca.
Giallini: “È il dottore del Papa, è uno bravo!”
“Mi sono divertito, ma è stata dura fare un film in costume durante il lockdown” – ha raccontato Giallini che ha confermato di non aver guardato solo a Sordi, Gassman o a Manfredi (attore tra i più impiegati per i film del periodo e dallo stesso Magni, n.d.r.) ma a “quanto hai osservato nel corso degli anni, in cui hai assorbito la romanità – con tutti i suoi modelli – ma anche al popolo perché come si dice ‘sei romano o sei di Viterbo’“.
Un film che vive di musicalità, quella propria del dialetto romano, un linguaggio che appare improvvisato anche quando non lo è, capace di incastonare una battuta anche in un momento tragico. Come la scena del medico portato nella scena in cui Bartolomeo porta il medico del Papa a casa del figlio del sor Augusto – suo benefattore – per aiutare il figlio malato: “È il dottore del Papa, è uno bravo! Lascia sta che il Papa sta a morì!“. Lascia stare che è Re, anche sul Papa i romani – forse solo loro – possono scherzare.