La (strepitosa) stranezza di Servillo, Ficarra e Picone diretta da Roberto Andò
L'interprete napoletano presta il volto magistralmente anche a Luigi Pirandello. Il duo comico si mostra in tutto il proprio talento
Un film sicilianissimo, che parla siciliano e mostra la sicilianità, sia quella colta e letterata dei suoi Nobel che quella del popolo. Anche se quel popolo aspira alla recitazione da “dilettante” professionista. Roberto Andò confeziona una strepitosa stranezza grazie a Toni Servillo, Ficarra e Picone. In sala dal 27 ottobre.
Un racconto che profuma di antico e di tradizione. Siamo nel 1920 e la Sicilia vuole rendere omaggio per l’ottantesimo compleanno a Giovanni Verga (nel cammeo di Renato Carpentieri). Per l’occasione il “Maestro” – come viene chiamato per tutto il film – Luigi Pirandello (Toni Servillo che aggiunge un’altra intensa interpretazione di un personaggio realmente esistito al suo carnet) fa ritorno in treno alla sua Girgenti (Agrigento, per chi non masticasse di geografia e letteratura). Comincia così la pellicola diretta da Roberto Andò che dalla sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma 2022 ci riporta in carrozza negli Anni ’20 del Novecento a parlare di teatro, personaggi e vita reale.
Sinossi de La Stranezza: Toni Servillo è l’angoscia creativa di Pirandello
L’arrivo a Girgenti è segnato da una notizia dolorosa: la scomparsa dell’ottuagenaria balia Maria Stella. Onorarne la scomparsa porta in incognito il Maestro Pirandello ad incontrare due cassamortari (becchini, n.d.r.) Onofrio Principato (Valentino Picone) e Sebastiano Vella (Salvo Ficarra) – Nofrio e Bastiano – che nel tempo libero si dilettano gestendo una compagnia teatrale. La tumulazione della balia è impossibile: il loculo è già occupato. Qui parte il breve viaggio nella corruzione degli uffici mortuari.
The mention of the author-photographer is mandatory: Lia PasqualinoPirandello è nel pieno della sua ossessione creativa tra personaggi che sono nella sua testa soltanto, passato e realtà: l’accostamento continuo tra ore febbrili ricche di visioni e quel teatro di provincia dove va in scena una scalcinata farsa. La trincea del rimorso, ovvero Cicciareddu e Pietruzzu, è la prima opera seria di Nofrio. Ma la commedia irrompe – e d’altronde come non potrebbe se parliamo di chi ha inventato la poetica dell’umorismo, onorata dall’innata comicità di Ficarra e Picone – fino a che non giunge il caos. Quello della della vita vera che si sente tirata in causa dal racconto scenico.
Il finale: in scena la visione del tormento del genio
Il Maestro osserva e l’anno dopo a Roma al Teatro Valle – davanti al pubblico delle grandi occasioni, che si rivelerà ben altro – va in scena per la prima volta Sei personaggi in cerca d’autore, davanti a Nofrio e Bastiano, ospiti dell’autore. Roberto Andò sceglie un finale particolare: quei sei personaggi che hanno fatto capolino durante il film trovano il proprio autore, Luigi Pirandello, e la sua opera – che nel giro di pochissimo diverrà uno dei successi per cui nel 1934 gli viene conferito il Nobel. Il film rende come ha spiegato Picone in un’intervista a Tv, Sorrisi e Canzoni – “Quel sentimento di tormento che vive un genio quando sta per creare qualcosa a cui ancora non sa dare una forma”. Assolutamente da vedere.