“Kill me if you can”, la vita di Raffaele Minichiello: autore del dirottamento aereo più famoso della storia
Il documentario ricostruisce attraverso diverse testimonianze la vita dell'ex marine italo-americano
Tra i film contenuti nella sezione Proiezioni Speciali della 17esima edizione della Festa del Cinema di Roma c’è Kill me if you can. Il documentario diretto da Alex Infascelli vede come protagonista l’ex marine italo-americano Raffele Minichiello, responsabile del primo caso di dirottamento aereo intercontinentale e del dirottamento più lungo nella storia dell’aviazione civile.
La scelta del titolo del film ha un’origine ben precisa. Il regista, infatti, si è ispirato alla frase che Minichiello incise sull’elmetto della sua uniforme, “Kill me if you can”, mentre all’età di 18 anni prestava servizio in Vietnam. Parole provocatorie, queste, che fanno ben comprendere il carattere combattivo e l’aria di sfida che hanno accompagnato l’ex marine durante tutto il corso della sua vita, anche dopo la guerra. Alex Infascelli con questo documentario, incentrato non tanto sul caso del dirottamento aereo quanto sugli anni successivi ad esso, ha voluto mostrare la parte umana di Raffaele Minichiello distaccandosi dal personaggio descritto dai giornali. La pellicola, distribuita da Wanted Cinema, uscirà nelle sale cinematografiche nel febbraio 2023.
Sinossi Kill me if you can
Kill me if you can parte dal racconto di un evento accaduto il 31 ottobre del 1969. Il protagonista del documentario, Raffaele Minichiello, nasce a Melito Irpino nel 1949. Il terremoto che nel 1962 distrugge tutta l’Irpinia, però, spinge la famiglia Minichiello a trasferirsi negli Stati Uniti. A quell’epoca Raffele ha 14 anni e quando arriva a Seattle si sente completamente smarrito non riuscendo ad integrarsi con i nuovi compagni americani. Questo lo spinge, a 18 anni, ad arruolarsi nei Marines e il 15 dicembre del 1967 parte per combattere la guerra del Vietnam.
Ed è subito dopo il suo rientro in patria che decide di dirottare un jet della Twa in partenza da Los Angeles per San Francisco. Vuole andare al Cairo, in Egitto, ma il suo viaggio termina a Roma dove viene catturato e arrestato. E anche dopo il processo, che lo vede condannato ad 1 anno e mezzo di carcere, la vita di Raffaele Minichiello continuerà ad essere contraddistinta da tragedie personali e problemi di ogni tipo. Kill me if you can, dunque, inteso non soltanto in senso figurativo, ma anche astratto. Infatti, nonostante la vita abbia riservato all’ex marine una lunga serie di terribili sofferenze la sua voglia di vivere e di resistere malgrado tutto prevale.
Alex Infascelli e Raffele Minichiello svelano qualche dettaglio sul documentario
Alex Infascelli e Raffaele Minichiello a seguito della proiezione in anteprima del documentario incontrano pubblico e stampa. Il protagonista alla domanda su come abbia reagito nel vedere la sua vita riassunta in un film risponde: “ho sempre desiderato raccontare la mia storia. Perché credo possa essere una storia utile a tante persone, può riguardare tanti di noi. Ovviamente tanti episodi della mia vita sono fuori dal comune però molte altre cose che mi sono successe possono accadere a chiunque. Penso che possa risultare utile alle persone che lo vedono perché la mia vita è come cadere e rialzarsi in continuazione, sia a causa di gravissimi errori che da situazioni imprevedibili fuori dal mio controllo. Io non mi sono mai considerato una vittima, bisogna continuare a lottare”.
Un tema, poi, che emerge in maniera particolarmente marcata dalla pellicola è la differenza tra il pensiero italiano e quella americano anche dal punto di vista della giustizia. E a tal proposito il regista dice: “ho avuto l’occasione in quel momento del film di raccontare un conflitto tra gli Stati Uniti e l’Italia. È divertente vedere come la tv americana descriva Raffele come un pazzo scriteriato, ex marine pericolosissimo che puntava il fucile alle tempie dell’equipaggio quando in realtà mentre era sull’aereo giovava a carte, si innamorava, andava in bagno lasciando il fucile incustodito accanto al comandante. Dall’altra parte ci sono gli italiani, che altrettanto in maniera arbitraria, consideravano Raffele eroe salvatore della patria. Sono di fatto due facce simili. Sono due mondi che ho messo a confronto lasciando che venisse fuori una battaglia tra le parti”.
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