Taiwan avverte: la Cina attaccherà l’isola entro il 2023
La chip war tra Pechino e Washington sta alterando gli equilibri. E l'Europa rischia il tracollo
Non abbiamo ancora visto la fine della drammatica guerra in Ucraina, che verso il fronte dell’Indopacifico si infittiscono sempre di più i venti di guerra. Sono le parole del Presidente cinese Xi Jin Ping pronunciate al congresso del Partito Comunista di pochi giorni fa – che lo ha riconfermato per un terzo e inedito mandato – a lasciare intendere che la Cina sia intenzionata a risolvere in tempi brevi e con qualsiasi mezzo possibile la riunificazione Taiwan.
Secondo le previsioni degli analisti dell’intelligence taiwanese e americana questa stima di “tempi brevi” consisterebbe in un orizzonte di massimo cinque mesi. Non oltre il 2023. Se si dovesse realizzare sarebbe una catastrofe. L’Europa ha oggi poco tempo per evitare il peggio.
I timori di Taiwan: l’indebolimento cinese dovuto alla “chip war” con Washington
Gli allarmismi riguardo la questione di Taiwan nei prossimi mesi non si attenueranno. L’attività di aerei e navi cinesi attorno all’isola non è mai cessata dai primi di Agosto; dopo la visita a Taipei della leader del Congresso USA Nancy Pelosi. Xi Jin Ping assicurandosi altri cinque anni al potere, è divenuto oggi l’uomo più potente della Cina dai tempi di Mao. Ma la pressione interna, dovuta ai colpi di arresto del sistema economico cinese, è sempre più insistente. Colpa soprattutto della “chip war” che si sta consumando tra Pechino e Washington, e che rischia di produrre effetti globali devastanti.
Il direttore-generale dell’Ufficio per la Sicurezza Nazionale dell’isola, Chen Ming-tong, ha sostenuto che entro il 2023 Pechino potrebbe minacciare guerra e condurre azioni minacciose, per costringere Taipei ad aprire trattative finalizzate a portare il piccolo Paese democratico sotto il controllo cinese. Il 2023 dev’essere perciò tenuto sotto attenta osservazione “perché molte cose e molte informazioni stanno ora cambiando”. Ha affermato il direttore generale Chen. Che ha poi spiegato che “quando le condizioni economiche e politiche in Cina si deteriorano, come ora, loro potrebbero avere bisogno di sviare la pressione interna e allora c’è la possibilità di un attacco a Taiwan“.
I rischi e il ruolo dell’Europa per evitare “una seconda Ucraina”
Un film dell’orrore già visto con la guerra in Ucraina e che purtroppo sembra sempre più altamente probabile veder ripetersi. Stavolta però l’attacco militare a Taipei costringerebbe automaticamente gli USA a difendere militarmente l’isola. E non solo, una guerra o anche un parziale stop dell’attività economica di Taiwan causerebbero un disastro economico senza precedenti. Se l’Europa con la guerra in Ucraina si è ritrovata esposta sul lato della catena di approvvigionamento energetico, un’offensiva cinese metterebbe letteralmente in ginocchio l’economia UE. Il 98% dei semiconduttori europei arriva proprio dall’isola dell’Indopacifico. E rappresenta una dipendenza strategica in un settore chiave molto più difficile da colmare rispetto a quello energetico. Il mercato dei semiconduttori è difatti in mano a pochissimi Paesi e richiede ingenti investimenti.
Le ultime misure annunciate dall’amministrazione Biden per contenere l’ascesa tecnologica della Cina, hanno inserito 31 entità cinesi nella lista delle aziende “non verificate” (che preclude l’accesso alle forniture americane). Ha poi introdotto nuovi divieti nell’export di high tech americana, che comprende anche quei Paesi che impiegano macchinari americani. Azioni che dimostrano come i rapporti Cina-USA siano ai minimi storici. Cosa può fare l’Europa e il mondo per evitare una “seconda Ucraina”? Quella guerra divide già il mondo, e l’Europa appare sempre più in difficoltà nel ruolo che le sarebbe proprio di “mediatore di stabilità“, rispetto alla linea “dura” degli USA. Giocherà su questo scenario la sua partita?