Brasile a Lula, vittoria di un soffio: tramonta l’era Bolsonaro
Ma il Paese è spaccato in due e il nuovo presidente prevale col 51% dei voti contro il 49% dell'avversario
Il leader della sinistra brasiliana, Luiz Inácio Lula da Silva, ha vinto le elezioni presidenziali in Brasile per la terza volta dopo il 2002 e il 2006. “Ha vinto il popolo brasiliano, ha vinto la democrazia” ha detto Lula. “Per avversario non avevo un candidato ma l’intera macchina dello Stato.”
Al voto nel secondo turno di ballottaggio, il 30 ottobre, i brasiliani hanno premiato il capo storico del Partido dos Trabalhadores (Pt), il partito dei lavoratori. Lula ha sconfitto il capo dello Stato uscente, Jair Bolsonaro (Pl, destra), il primo presidente che ha fallito nel suo tentativo di rielezione.
Adesso il capo della sinistra brasiliana potrà governare per 4 anni. Ha battuto il suo avversario di poco: 60 milioni di voti contro 58 milioni, parti al 50,9% contro il 49,1%. Al termine degli scrutini, felicità e tristezza sono scoppiate in tutto il Brasile. Caroselli di auto e moto, grida dalle finestre degli appartamenti, suoni di clacson e bandiere al vento riempiono le strade delle principali città. Da una parte i sostenitori di Lula, l’ex sindacalista vittorioso, in lacrime di gioia, dall’altra il silenzio di delusione dei sostenitori Bolsonaro.
Lula, previsioni confermate
In una nazione spaccata a metà, le elezioni più polarizzate della storia del Brasile si riflettono negli umori dei suoi cittadini, divisi da opposte tifoserie come in una finale della nazionale di calcio. A Rio de Janeiro, la seconda metropoli più grande del gigante sudamericano, gli elettori in festa si sono riversati sulla spiaggia, inondando con la loro allegria il quartiere di Copacabana. Mentre anche dalle ‘favelas’ sui morros (colline) sono partiti fuochi di artificio a illuminare il cielo.
Partito in vantaggio, come confermato dall’ultimo sondaggio di Datafolha che nella serata della vigilia elettorale lo dava al 52% delle preferenze contro il 48% dell’avversario, Lula ha saputo dare nuova speranza al Paese. È letteralmente risorto dalle ceneri della Lava Jato, l’inchiesta Mani pulite brasiliana che lo aveva travolto facendolo finire in carcere, con accuse di corruzione che poi si sono rivelate fasulle. Negli ultimi due mesi spesi a convincere i brasiliani battendo le piazze del paese da nord a sud, l’operaio diventato presidente non ha perso occasione per chiedere di far prevalere un modello progressista per il Paese.
Gli obiettivi del leader
Ovvero per riportarlo nell’orbita delle relazioni internazionali. “Ora è più isolato di Cuba” ha detto Lula rivolto a Bolsonaro durante il dibattito televisivo alla vigilia del voto. Il neo presidente vuole riaccendere l’attenzione sugli indigenti: “Ci sono 33 milioni di cittadini che soffrono la fame” ha affermato. Vuole inoltre arrestare lo sterminio degli indigeni e lo smantellamento delle foreste dell’Amazzonia. Ci riuscirà? Difficile fare pronostici perché il Brasile è spaccato a metà come una mela. Di qua gli elettori di Lula, il vincitore; di là gli elettori di Bolsonaro che rappresenta tutto ciò che c’è di più antitetico a Lula. Adesso il nuovo presidente dovrà saper riconciliare una nazione divisa. Non sarà facile.