Gli Invisibili è la mostra di Lavinia Caminiti presentata da Roma Capitale in occasione del trentennale dalla morte dei magistrati uccisi dalla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un’esposizione che vuole puntare i riflettori su come: “La mafia uccide, il silenzio pure“.
Gli Invisibili sono tutti colori che sono stati uccisi: “Dalla mafia e dall’indifferenza“. Così si presenta la mostra fotografica di Lavinia Caminiti in ricordo delle vittime di mafia e dei luoghi dimenticati che sono stati teatro di quelle tragedie.
L’esposizione è presentata in ricorrenza del trentennale dalla morte dei magistrati Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 luglio 1992). La mostra Gli Invisibili è presentata da Roma Capitale in piazza del Campidoglio. L’organizzazione è curata da Zètema Progetto Cultura.
In memoria de Gli Invisibili
A trent’anni dalla morte dei due magistrati siciliani uccisi dalla mafia, la mostra Gli Invisibili vuole concentrarsi su tutte le vittime, così come su quei luoghi dimenticati delle tragedie. Come spiega la nota che lancia questo progetto espositivo, “gli invisibili” sono tutte quelle persone cadute quasi nell’oblio. Ma invisibili sono anche quei luoghi nei quali, a causa del tempo e dell’indifferenza, si perde il grande valore simbolico. Solo con la memoria civile e la documentazione è possibile mantenere vivi quei ricordi, che rischiano immeritatamente di sbiadire. Da questa importante esigenza nasce il lavoro di Lavinia Caminiti, fotografa, autrice e curatrice de La mafia uccide, il silenzio pure. Gli Invisibili ammazzati dalla mafia e dall’indifferenza. La mostra è visibile a tutti e si troverà a piazza del Campidoglio a Roma, da oggi 7 e fino al 30 novembre.
Il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha voluto sottolineare: “Noi tutti abbiamo l’obbligo e il dovere morale di ricordare e tramandare, soprattutto alle nuove generazioni, quanto accaduto. Perché è la memoria la condizione necessaria per continuare la nostra battaglia per la legalità e la giustizia, per onorare chi ha sacrificato la vita per questo“. Così, dopo aver esordito a Palermo nel 2014 e aver toccato diversi luoghi della Sicilia e dell’Italia intera, la mostra arriva nella Capitale. Un lavoro d’indagine svolto da Lavinia Caminiti che si presenta come una sorta di “itinerario della memoria“.
E se da un lato si raccontano delitti e tragedie, dall’altro si nota come la vita quotidiana abbia occultato il valore di quei luoghi. Con le persone che spesso attraversano con indifferenza quei luoghi, non curanti o non consapevoli di quello che essi rappresentano. “Un’indifferenza che diventa quasi cinismo davanti agli sfregi di luoghi privi di qualsiasi riferimento alla memoria“.
Le storie
L’intento della curatrice de Gli Invisibili è quello di mettere a confronto, attraverso gli articoli di giornale dell’epoca dei delitti e le foto attuali, quello che questi luoghi erano e quello che sono diventati. Risvegliare la memoria e la coscienza attraverso un secolo di orribili delitti. Dall’assassinio del poliziotto italo-americano Joe Petrosino, in piazza Marina a Palermo il 12 marzo del 1909, fino ad arrivare all’uccisione del diciassettenne Genny Cesarano, il 6 settembre 2015 nel rione Sanità a Napoli.
Vittime sacrificali, a volte inconsapevoli, morte per ideali di giustizia e libertà. Nel cuore di questa mostra la storia di Peppino Impastato, ucciso nel 1978 nella sua Cinisi per aver combattuto la mafia; o di Boris Giuliano, capo della squadra mobile di Palermo freddato in un bar di via Francesco Paolo Di Blasi. Ancora la storia del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso in via Carini insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e al suo autista Domenico Russo.
Ed di questo ultimo delitto che si parla in un prezioso documento che si trova all’interno della mostra. In seguito all’attentato al Generale Dalla Chiesa, la nipote del magistrato Cesare Terranova, Geraldina Piazza indirizzò uno sfogo all’allora giudice istruttore Giovanni Falcone. Il giudice le rispose con una lettera, oggi visibile a tutti, che rappresenta un prezioso documento che trasuda gratitudine, coraggio, speranza e senso del dovere. Tra gli scatti che riportano alla memoria le tragedie del passato anche il delitto di Piersanti Mattarella, ucciso sotto gli occhi della sua famiglia in via Libertà il 6 gennaio 1980. O di Pio La Torre, inseguito e ucciso insieme al suo autista per i vicoli stretti che conducono a piazza Generale Turba. A Brancaccio, invece, il ricordo è per Don Pino Puglisi, ucciso 15 settembre del 1993.
Lotte per la libertà e la giustizia
Impossibile non lasciarsi commuovere dai quei luoghi in cui: “Magistrati, poliziotti e servitori dello Stato hanno perso la vita. Il riconoscimento di quei luoghi è un esercizio necessario sul quale la nostra società deve allenarsi. Non solo per sottrarli alla quotidianità che li rende invisibili ma per tenere sempre vivo il ricordo di eroi“. Come Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i componenti della scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Eroi come Paolo Borsellino ucciso in via D’Amelio insieme agli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. O come i magistrati Rocco Chinnici e Pietro Scaglione, Cesare Terranova, Gaetano Costa e Rosario Livatino. Impossibile da dimenticare anche il Capitano dei Carabinieri di Monreale Emanuele Basile e il suo successore Mario D’Aleo, il poliziotto della Squadra Mobile di Palermo Calogero Zucchetto, l’agente Antonino Agostino.
E da qui la mostra Gli Invisibili prosegue fino a viale Campania a Palermo, sul luogo esatto dell’uccisione di Mario Francese, giornalista che aveva ‘osato’ intervistare la moglie di Riina e sorella di Bagarella, Antonietta. Uno scatto anche da via Claudio Domino, dal nome del piccolo Claudio Domino, figlio undicenne del gestore del servizio di pulizia dell’aula bunker di Palermo, ucciso, perché durante il maxi-processo fu testimone involontario di scambio di stupefacenti tra spacciatori. E poi ancora, via Alfieri dove fu assassinato Libero Grassi, l’imprenditore che decise di ribellarsi non pagando il pizzo ai mafiosi.
La sezione Le Rose Spezzate
Nella borgata di Tommaso Natale, ritrovo della vita sociale di Palermo, dove fu ucciso Giuseppe D’Angelo, un onesto lavoratore colpevole solo di assomigliare a un boss locale nemico del clan Lo Piccolo. Per arrivare, infine, al Policlinico di Palermo, luogo in cui lavorava Paolo Giaccone. Quest’ultimo un medico legale ucciso perché si rifiutò di ‘aggiustare’ le conclusioni di una perizia dalliloscopica che incastrava uno dei killer di una strage di mafia a Bagheria. Il percorso fotografico offerto da Lavinia Caminiti, termina poi con le immagini del 1993 legate agli attacchi della mafia allo Stato con gli attentati dinamitardi. A Roma, alla Basilica di San Giovanni in Laterano e alla Chiesa di San Giorgio al Velabro (27 – 28 luglio), a via Palestro a Milano (27 luglio) e a via dei Georgofili a Firenze (28 maggio).
Conclude l’esposizione Gli Invisibili un’ultima sezione dal titolo Le Rose Spezzate. Si tratta di una sezione voluta dall’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) su proposta dalla Procura della Repubblica di Tivoli e del suo Procuratore Francesco Menditto. Il titolo è tratto dal manifesto simbolo dell’ANM, che ritrae delle rose spezzate in due parti con accanto i nomi dei 28 magistrati assassinati dalla mafia, dal terrorismo e per causa di servizio. Completa Rose Spezzate una galleria di foto, concesse dalle famiglie delle vittime, in scene di vita quotidiana.