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“Twitter chiude?” Caos nel social di Elon Musk

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Sono giornate convulse per Twitter che ha comunicato ai dipendenti la chiusura degli uffici, con effetto immediato, fino al 21 novembre. Sui social si è diffusa un’ondata di scetticismo sulle future sorti dell’azienda che Elon Musk ha di recente acquistato. Da quel momento tutto appare sottosopra.

Nel dare l’annuncio della chiusura degli uffici di Twitter, il 18 novembre, l’azienda non ha fornito spiegazioni. Di certo però la decisione arriva dopo le notizie secondo cui un gran numero di dipendenti si sarebbe dimesso. E ciò a seguito del fatto che il nuovo proprietario, il multimiliardario americano Elon Musk, li aveva invitati a firmare un impegno per “lavorare per lunghe ore ad alta intensità” oppure, in alternativa, ad andarsene. Come è noto, la persona più ricca del mondo secondo le classifiche internazionali è diventata proprietario e amministratore delegato di Twitter dopo aver acquistato l’azienda in ottobre investendo 44 miliardi di dollari.

Elon Musk (al centro) con Ligma e Johnson, due dipendenti prima licenziati e poi riassunti con tante scuse. Foto Twitter @elonmusk

Su Twitter, intanto, è online l’hashtag #Riptwitter con l’ipotesi che il social tra una settimana venga spento. Cosa, questa, piuttosto improbabile, per non dire impossibile. Dal canto suo, Elon Musk ha vivacizzato le ultime ore con una serie di tweet. “Abbiamo raggiunto un altro record di utilizzo di Twitter“, ha scritto, prima di pubblicare una bandiera pirata, con un teschio sul classico drappo nero, e un meme che allude al funerale di Twitter. Quindi, il nuovo messaggio: “Un numero record di utenti si sta collegando per vedere se Twitter sia morto e, ironicamente, rendono Twitter più vivo che mai.

Mastodon sfida Twitter

In ogni caso, l’acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk sta facendo emergere Mastodon, una rete sociale di microblogging, basata su un software libero, che esiste dal 2016. E che ora ha la possibilità (non semplice) di diventare il contraltare del social che cinguetta. Da fine ottobre in tanti negli Usa, come in Europa, hanno lasciato Twitter e si sono iscritti a Mastodon (mastodonte). Soprattutto in seguito agli annunci di Elon Musk di voler modificare radicalmente numerose regole della piattaforma. Proprio a causa dell’elevato e insolito numero di persone che per iscriversi a Mastodon hanno deciso di usare come punto d’ingresso mastodon.uno, il principale server italiano del social network ha riscontrato una settimana fa grossi problemi di sovraccarico di traffico.

Foto Ansa/Epa Justin Lane

Mastodon resta però sostanzialmente sconosciuto. Il suo funzionamento è parzialmente diverso rispetto a Facebook, Instagram e Twitter. E per i meno esperti di informatica può apparire infatti poco intuitivo, se non addirittura respingente. A gestire Mastodon non è una singola azienda che controlla i server dei dati. Bensì chiunque voglia contribuire all’iniziativa. La proprietà è quindi diffusa e non si può verificare un caso come quello di Twitter, dove una sola persona – in questo caso Elon Musk – ottiene il controllo dell’intero sistema. Ogni server, spiega ilPost.it, è in sostanza un mondo a sé. Ospita uno o più specifici social networkistanze – ma non l’intero sistema di Mastodon.

Elon Musk in collegamento video al B20 in Indonesia (il summit delle imprese) il 14 novembre 2022. Foto Ansa/Epa Mast Irham
Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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