Giornata per l’eliminazione della violenza contro le Donne: significati di una ricorrenza che si tinge di rosso
Il 25 novembre è una data carica di simboli, lotte e manifestazioni per far valere diritti comuni in tutto il mondo
Il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne. Una ricorrenza nata per volere delle Nazioni Unite nel 1999. Ogni anno questa data assume un valore sempre più forte.
“Siamo state amate e odiate, adorate e rinnegate, baciate e uccise, solo perché donne“, così Alda Merini riassume sapientemente il presupposto osceno che sta alla base della violenza contro le donne. E vogliamo ricordarla in questa data, il 25 novembre, in cui ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne.
Con la morte di Mahsa Amini la protesta delle donne iraniane è balzata alla cronaca mondiale. Un episodio tragico che ci ha ricordato come queste madri, figlie e sorelle combattono dalla Rivoluzione Culturale attuata nel ’79. Donne che hanno visto i loro diritti scomparire e che rappresentato un simbolo di una condizione che tante, nel mondo, vivono sotto diverse forme.
Il 25 novembre
La data del 25 novembre ricorda l’uccisione delle sorelle Mirabal, attiviste politiche massacrate per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Nel 1960, di quel giorno, Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal sono state rapite, stuprate, torturate e poi uccise. Questo, mentre stavano andando a trovare i loro mariti, anche loro oppositori del regime, in carcere nella Repubblica dominicana. Furono le donne latinoamericane che, nel primo incontro femminista a Bogotà del 1981, decisero di adottare questa data per ricordare tutte le donne vittime di violenza. La data fu poi approvata dalle Nazioni Unite che istituì ufficialmente la ricorrenza il 17 dicembre del 1999. “Una delle violazioni dei diritti umani più diffuse, persistenti e devastanti. Che, ad oggi, non viene denunciata, a causa dell’impunità, del silenzio, della stigmatizzazione e della vergogna che la caratterizzano“.
Nel 1993 l’Assemblea Generale emana la Dichiarazione sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, dove nell’Articolo 1 si legge: “Qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne. Comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata“. In tale Dichiarazione si definisce l’origine di questa forma di violenza legata ad arcaici sistemi patriarcali in cui la donna ha dovuto subire discriminazione, disparità e soprusi solo in conseguenza del suo genere.
“Solo perché donne“
Nel 2022 in Italia le donne morte sono 82 su 221 omicidi commessi. Questo quanto emerge da un report realizzato dalla Direzione centrale della polizia criminale, in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma. 42 donne sono state vittime di partner o ex compagni. Le violenze sessuali registrate in quest’anno sono 4.416, il 92% ai danni di donne. Con questo non si intende sottrarre importanza alla violenza di genere che, spesso, può colpire anche gli uomini. Ma, come precisa anche la Convezione di Istambul, esistono delle violazioni che solo le donne subiscono. Parliamo in questo caso della discriminazione subita, ad esempio, dalle donne iraniane, ma anche dell’aborto forzato, delle mutilazioni genitali, dei matrimoni con le spose bambine. Atti che sono vere e proprie forme di abusi, deprivazione, violenze fisiche, psicologiche, sessuali che una donna subisce solo perché tale.
A queste si aggiungono poi tutte quelle forme di violazione di diritti e dignità umana che il sesso femminile subisce in maniera più aggravata. Sono quelle violenze che hanno tante forme e che definiscono un unico sconvolgente epilogo: il desiderio di annientare una persona. Declinazioni sconcertanti di un medesimo atto: stupri, molestie, violenze domestiche e stalking. La Convenzione di Istanbul si presenta come il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante. Amnesty International lo definì un “trattato rivoluzionario” e “un buon inizio per salvare la vita di milioni di donne e di ragazze“. Difatti, dal 2011 quando fu ratificato, questa Convezione obbliga i 47 paesi che vi aderiscono a creare servizi di protezione e supporto contro la violenza sulle donne. Ed è importante specificare che negli anni sono diverse le Nazioni che hanno iniziato a potenziare le norme in materia di violenza sulle donne.
Il Codice Rosso
La legge sulla violenza sessuale in Italia è del 1996. Nel 2009, per decreto legge, entra nel Codice Penale anche il reato di stalking. Nella risoluzione del Parlamento europeo del 28 novembre 2019 si definisce, inoltre, femminicidio, la “morte violenta dipesa da motivi di genere“. Ovidio scriveva: “Che una bella donna conceda o neghi i suoi favori, le piace sempre che le vengano chiesti“. Oggi potremmo dire, o almeno me ne assumo la responsabilità da donna, che nessuna affermazione fu mai più sbagliata. I complimenti, le provocazioni, le frasi ambigue non richieste sono una forma di violazione. Perché un “no” resta “no“, sempre e comunque. L’Italia ha introdotto nel 2019 la Legge 69, chiamata Codice Rosso.
Si tratta di un importante passo avanti che inserisce nei reati previsti dal Codice Penale, nuove forme di violenza, oltre ad inasprire le pene per i reati già riconosciuti. Si introduce il revenge porn tra i reati. Ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate. A questo si aggiunge il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni (come le deturpazioni con l’acido). Introdotto anche il reato di costrizione o induzione al matrimonio e infine violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Codice ‘Rosso’ che ricorda un simbolo della lotta alla violenza contro le donne. Come rosse sono le scarpe dell’artista messicana Elina Chauvet, che nel 2009 realizzò l’installazione Zapatos rojos, per ricordare tute le vittime di femminicidio. Rossa è la panchina del progetto lanciato in Italia dagli Stati Generali delle Donne partito il 18 settembre 2016. Tra tutte le storie legate a questo simbolo vogliamo ricordare la panchina di Portoferraio, all’Isola d’Elba. Lì si legge: “Anche Silvia avrebbe potuto sedersi qui“, in riferimento alla vicenda di Silvia del Signore, uccisa dal marito nel 2021. Simboli, voci, cori unanimi, lotte e gridi per ricordare ‘semplicemente’, come diceva Coco Chanel, che: “Una donna dovrebbe essere due cose: chi e cosa vuole“.