Covid in Cina, da Pechino a Wuhan crescono le proteste contro Xi Jinping
I ripetuti lockdown non appena sorgono pochi casi di Covid stanno scatenando reazioni senza precedenti in varie parti del paese
A tre anni dai primi casi Covid, stanno aumentando giorno dopo giorno in Cina le proteste contro le misure di “tolleranza zero” che il regime di Pechino continua ad adottare nel paese.
Da Shanghai alla stessa Wuhan, la città dei primi focolai nel 2019, molte persone scendono in piazza a manifestare.
Cina, rivolte per i morti di Urumqi
“Xi Jinping, dimettiti“, “Partito comunista, dimettiti“. Sono gli slogan urlati dai manifestanti durante le proteste contro le restrizioni anti-Covid nella megalopoli di Shanghai, – 26 milioni di abitanti – secondo quanto riporta la Bbc. Alcuni tenevano striscioni bianchi vuoti, mentre altri hanno acceso candele e deposto fiori per le vittime a Urumqi, 2 milioni di abitanti, capitale della regione autonoma dello Xinjiang. Le autorità sotto sotto accusa per la morte di 10 persone a causa di un incendio e dei ritardi nei soccorsi, dovuti alla rigidità dei divieti contro il Covid.
Le manifestazioni sono uno evento insolito in Cina, dove le critiche a governo e presidente possono portare a sanzioni severissime. Ma adesso la situazione, dal punto di vista del presidente cinese Xi Jinping, diventa preoccupante. In Cina bastano pochi casi di contagiati dal Coronavirus perché scattino lockdown stringenti. L’ultimo alla cosiddetta “iPhone City“, la fabbrica della metropoli di Zhengzhou, il capoluogo dell’Henan.
In diversi distretti sono scattate chiusure ferree, con l’obiettivo di riportare sotto controllo i focolai di Covid-19 all’origine delle violente proteste del 22 novembre presso il mega impianto della Foxconn. È appunto la “iPhone City” che assembla il 70% dei cellulari della Apple di tutto il mondo. I residenti del centro di Zhengzhou non possono lasciare l’area a meno che non abbiano un tampone negativo e il permesso delle autorità locali, il cui consiglio è di non lasciare le proprie case “se non strettamente necessario“. Secondo la Commissione sanitaria nazionale, l’Henan ha registrato quasi 700 nuovi contagi nella sola giornata del 23 novembre.
Cina, la protesta dei fogli bianchi
Domenica 27 novembre centinaia di studenti dell’università Tsinghua di Pechino hanno partecipato a una protesta contro le restrizioni anti-Covid imposte dal Governo, come ha raccontato un testimone all’agenzia di stampa Afp e come mostrano alcuni video diffusi sui social media. Proteste anche a Shanghai dove i manifestanti hanno sollevato fogli di carta bianchi – un gesto che è diventato un simbolo di protesta contro la censura in Cina – e fiori bianchi. Sono rimasti in silenzio a diversi incroci, prima che la polizia arrivasse e li disperdesse.
Ma la protesta contro le restrizioni anti-Covid in Cina è arrivata anche a Wuhan, la megalopoli da 11 milioni di abitanti divenuta simbolo dell’epidemia. Lì centinaia di manifestanti si sono riversati nelle strade. Come se non bastasse, l’emittente statale cinese Cctv Sports sta in questi giorni tagliando le inquadrature ravvicinate dei tifosi senza mascherina anti-Covid ai Mondiali di calcio del Qatar. I primi servizi dall’Emirato aveva scatenato la rabbia nel paese, alimentando in qualche modo cortei e manifestazioni contri le restrizioni anti Covid. Così la tv cinese ha mostrato inquadrature distanti della folla, in cui era difficile distinguere i singoli volti.
La lettera contro Xi Jinping
In aggiunta a tutto questo si registra il fatto che decine di milioni di persone, nelle principali città della Cina, fra cui Pechino, Guangzhou e Chongqing, sono alle prese con potenziali nuove misure in termini di restringimenti anti Covid. Inoltre sulla popolarissima applicazione di messaggistica WeChat (la Whatsapp cinese) è apparsa una lettera aperta con la quale si mettevano in discussione le politiche anti Covid di Xi Jinping. Nel testo si chiedeva sarcasticamente se la Cina sia “sullo stesso pianeta” del Qatar, dove i tifosi allo stadio non devono obbligatoriamente indossare mascherine. La lettera, apparsa martedì 22 novembre, è poi stata rimossa dai censori dalla piattaforma.