Il palcoscenico mediatico dei Mondiali di calcio in Qatar accende i riflettori sull’Iran e sui giovani che si stanno ribellando.
Da due mesi mezzo sono in corso proteste contro il regime della Repubblica islamica, duramente represse nel sangue.
Iran-Usa, partita emblematica
Martedì sera 29 novembre si giocherà Iran-Stati Uniti. È una gara decisiva, dato che le due nazionali non avranno altre partite a disposizione per qualificarsi agli ottavi di finale. Gli Usa possono solo vincere mentre l’Iran può anche pareggiare. Ma solo se nell’altra partita del loro girone il Galles non batte l’Inghilterra. In realtà la partita richiama l’attenzione sul fatto che Iran e Usa sono paesi ostili tra loro da decenni. Nei giorni scorsi la federazione americana di calcio, in un’immagine diffusa sui social, aveva raffigurato la bandiera dell’Iran senza il simbolo centrale. Ossia senza l’emblema della Repubblica islamica, cioè del regime teocratico che governa il paese dal 1979.
“A Teheran tifano Usa”
L’eliminazione dell’emblema era probabilmente una provocazione a sostegno delle proteste anti regime. I media di Stato dell’Iran l’hanno presa come un affronto e hanno chiesto l’eliminazione degli Usa dai Mondiali. Su Twitter il corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia, Mariano Giustino, sta documentando quotidianamente le violenze che subiscono i manifestanti contro il regime di Teheran. E invita a non cadere nella trappola della propaganda iraniana sull’importanza della partita Iran-Usa ai Mondiali del Qatar.
Questa sera alle ore 22 (ora locale) quando si giocherà #Usa–#Iran facciamo rimbalzare ovunque le foto e i video degli orrori delle Guardie della rivoluzione della Repubblica islamica in #Iran,foto e video delle torture ai pacifici manifestanti a mani nude@RadioRadicale #Turchia pic.twitter.com/DyAJ1P6I1f
— Mariano Giustino (@MarianoGiustino) November 29, 2022
Non solo. Scrive in un tweet che “Gli iraniani tifano Usa. I giovani e il popolo che è insorto contro il regime tifano Usa. Il regime mobilitato per la partita Usa-Iran per distrarre l’attenzione dai massacri compiuti contro i pacifici manifestanti. Ma gli iraniani gridano ‘Viva gli Usa!’“.
Torture, omicidi e suicidi
In Iran, secondo le organizzazioni umanitarie, si contano molte migliaia di arrestati a seguito delle manifestazioni di piazza contro gli ayatollah e della repressione delle forze di sicurezza. Sono centinaia i morti, molti dei quali adolescenti e anche bambini. Non si contano le torture in carcere e gli episodi di veri e propri crimini commessi dalla polizia e dalle forze dell’ordine.
Un ragazzo di nome Arshiya Imam-Gholizadeh, di 16 anni – scrive su Twitter Giustino di Radio Radicale – incarcerato per aver fatto cadere il turbante di un religioso dalla sua testa (è un gesto di protesta) si è suicidato pochi giorni dopo il suo rilascio. “Non ha sopportato le orribili torture subite“. Giustino documenta ogni giorno molti casi di cui viene a conoscenza, fra cui quello di Atefeh Noami, 37 anni, una donna attivista sempre presente nelle proteste anti regime delle scorse settimane. Improvvisamente scomparsa, il suo corpo è stato ritrovato dopo 8 giorni. “Massacrata dalle milizie del regime“. Ciò nonostante i giovani, nelle università e non solo, si ritrovano e cantano inni di resistenza. Compresa El pueblo unido jamàs serà vencido degli Inti-Illimani. E Bella Ciao, l’inno della resistenza italiana al nazifascismo.
Alessia Piperno sull’Iran
Sui social torna a scrivere e a postare foto Alessia Piperno, la travel blogger romana detenuta nella famigerata prigione di Evin a Teheran.
Dopo una prigionia senza motivo, per 45 giorni, e il rientro in Italia il 10 novembre scorso, Piperno racconta alcuni dettagli della sua vita in Iran, culminata con l’arresto e il carcere, prima della liberazione. “Non avevamo fatto nulla per meritarci di essere rinchiusi tra quelle mura – scrive la blogger 30enne – e non posso negare che siano stati i giorni più duri della mia vita. Ho visto, subìto, e sentito cose che non dimenticherò mai, e che un giorno mi daranno la forza per lottare accanto al popolo iraniano.”
Poi precisa che “al tempo, non avevo partecipato alle proteste, perché ci era stato sconsigliato, e il rumore degli spari mi metteva paura. Adesso è diverso. Sono a casa, tra la mia famiglia e i miei amici, libera sì, ma fisicamente. È la mia mente a non esserlo, perché in quell’angolo di inferno sono ancora rinchiuse le mie compagne di cella, migliaia di iraniani, e il mio amico Louis.” “Sono tornata a una vita normale – prosegue – esco, a volte rido, faccio progetti per il mio futuro, e dormo in un letto. Oggi è lunedì, oggi in prigione si fa la doccia. Domani è martedì, ci sono i 5 minuti d’aria. La mia mente ora vive un po’ così, tra sorrisi, in un letto soffice, un piatto di pasta, e tra mura bianche dove le urla non cessano mai e dove l’aria si respira per cinque minuti, due volte a settimana.”