Iran: si moltiplicano le condanne a morte, la polizia spara al volto e ai genitali delle donne
Alcuni medici riferiscono al Guardian che arrivano in ospedale ragazze colpite volutamente in modo spietato dalle forze del regime
Si fa sempre più feroce la repressione in Iran dopo quasi 3 mesi di proteste ininterrotte contro il regime della Repubblica islamica. Donne, giovani e uomini chiedono libertà e diritti.
Aumentano le condanne a morte e la polizia spara alle donne che manifestano per strada prendendone di mira gli occhi, il viso e i genitali. Sono 11 le persone condannate a morte a seguito di arresti per aver protestato. Lo denuncia l’organizzazione non governativa Iran Human Rights, con sede a Oslo, aggiornando il bilancio della repressione delle manifestazioni da settembre a oggi, ad almeno 458 morti, fra cui 63 minorenni, fra ragazzi e bambini, e 29 donne. Gli arrestati sono almeno 18mila.
Iran, la nota di Meloni
L’8 dicembre i boia del regime hanno eseguito la prima condanna a morte ‘ufficiale’ a causa delle proteste di piazza. Ma in realtà sarebbero molte altre quelle già eseguite. L’esecuzione della pena capitale per il primo manifestante condannato, Mohsen Shekar, un giovane di 23 anni, ha provocato forti reazioni dagli esponenti politici in tutto il mondo.
Tra le prese di posizione, quella della premier italiana Giorgia Meloni, che in una nota ufficiale ha affermato: “Il Governo italiano è indignato di fronte alla condanna a morte di Moshen Shekari, giovane che si era unito alle manifestazioni per la libertà in Iran. Questa inaccettabile repressione da parte delle autorità iraniane non può lasciare indifferente la comunità internazionale. E non potrà fermare la richiesta di vita e libertà che viene dalle donne e dai giovani iraniani“.
Pena di morte per molte persone
“Altre decine di persone rischiano attualmente la pena di morte, con molti casi non confermati che circolano sui social media“, ha affermato la Ong Iran Human Rights. Alcune condanne riguarderebbero l’uccisione di un ufficiale delle Guardie della rivoluzione durante disordini avvenuti a Karaj il 3 novembre. In quell’occasione, spiega la Ong, i manifestanti stavano commemorando un altro dimostrante ucciso quando le forze di sicurezza li hanno attaccati.
Donne colpite ai genitali
Le proteste, in corso dalla metà di settembre a seguito della morte della giovane Mahsa Amini, uccisa dalla polizia, continuano ogni giorno, sebbene non sempre con la stessa intensità. Gli agenti reprimono le manifestazioni anche sparando da distanza ravvicinata alle donne e colpendole al volto, agli occhi, al seno e ai genitali. Lo hanno denunciato al quotidiano inglese The Guardian medici di varie città dell’Iran che curano i feriti in segreto per evitare l’arresto.
Non pochi sanitari hanno raccontato di essere traumatizzati dai corpi straziati delle donne che vedono arrivare in ospedale. Dure condanne contro l’Iran sono arrivate, oltre che dall’Italia, anche dalla Francia, dalla Germania e dalla Gran Bretagna. Per gli Usa in Iran sta avvenendo “una escalation sinistra dei tentativi del regime per eliminare tutte le critiche e reprimere le manifestazioni“. Gli Stati Uniti, ha avvisato la diplomazia americana, “ne chiederanno conto al regime“. Teheran ha replicato alle accuse. “Nel contrastare le rivolte, l’Iran ha mostrato la massima moderazione” ha affermato il ministero degli Esteri.
Convocato l’ambasciatore iraniano
In Germania, però, il ministero degli Esteri tedesco ha convocato l’ambasciatore dell’Iran, dopo l’esecuzione del giovane Mohsen Shekar. Lo ha reso noto una fonte del governo a Berlino. In precedenza la ministra Annalena Baerbock aveva affermato che “il disprezzo del regime iraniano per l’umanità non conosce limiti“. Finora, secondo il sito Iran International, circa 500 civili sono stati uccisi dalle forze di sicurezza e almeno 18mila sono stati arrestati. Molti di questi sono stati rilasciati, ma circa 1.500 devono affrontare accuse penali. Amnesty International ha affermato che le autorità dell’Iran chiedono la pena di morte per almeno 21 persone. Amnesty parla di “processi fittizi” creati ad arte per colpire i manifestanti.