La Lega è in subbuglio. L’ombra lunga della batosta elettorale alle politiche del 25 settembre fa emergere le divisioni interne.
In Friuli Fedriga prende il largo, mentre dal Veneto Zaia si fa sentire contro i dissidenti lombardi anti salviniani.
Lega, Fedriga si sfila
È tempo di dibattiti, congressi locali e rese dei conti in casa Lega dove le acque sono tempestose. Fra le elezioni regionali del prossimo anno ci saranno anche quelle in Friuli Venezia Giulia, il cui presidente, il leghista Massimiliano Fedriga, si ricandida. Fedriga è anche presidente della Conferenza delle Regioni. Ma questa volta, fiutato il vento avverso, Fedriga ha deciso di correre da solo. Ovvero non in quota Lega, bensì con una propria lista civica. “Stiamo vedendo che molti cittadini, che non si riconoscono nei partiti nazionali del Centrodestra, e che magari guardano anche ad altre parti politiche, apprezzano l’azione amministrativa che abbiamo svolto“, ha detto in una intervista a La Stampa in cui ha spiegato la sua decisione.
“Sono fiducioso” ha poi ribadito. E ha precisato che la sua “non è un’operazione per recuperare consenso ma per allargarlo“, richiamando l’esempio del suo collega della Lega in Veneto, Luca Zaia, e del presidente di Centrodestra della Liguria, Giovani Toti. “Credo che una lista del presidente dopo il primo mandato sia utile alla coalizione per offrire agli elettori un’alternativa” fuori dai “binari nazionali“.
Autonomia e migranti
Rispondendo a una domanda sull’autonomia, il presidente del Friuli ha annunciato che dopo un confronto “con tutti i governatori, da Nord a Sud, e delle diverse forze politiche“, si sta “trovando una strada condivisa per superare le legittime perplessità di alcuni colleghi“. E chiede di “implementare il PNRR per renderlo il più utile possibile“, rivendicando un ruolo per le Regioni. È invece “molto preoccupante” il fenomeno migratorio, soprattutto al Nord-Est. “La rotta balcanica non si è interrotta e rispetto agli anni scorsi abbiamo visto continuare gli arrivi anche con l’inizio del freddo. Da gennaio a novembre abbiamo avuto 17mila ingressi“, ha dichiarato l’esponente della Lega. E ha chiesto la riattivazione delle “re-immissioni in Slovenia” e accordi “con tutti gli altri Paesi interessati“, visto che se “dal mare ci dicono che siamo un Paese di primo ingresso, dalla terra non lo siamo“.
Lega, crollo nei consensi
Infine, sul partito Fedriga ha affermato che “Bossi è colui che ha fondato la Lega e non l’ha mai lasciata. Ho profondo rispetto per lui e penso che abbia ancora molte cose da dire e sia utile stare ad ascoltarlo“. Io, conclude, “continuerò a operare nel mio piccolo per tenere unita la Lega” che deve essere “una e unita“. In realtà il terremoto nel Carroccio è in corso da tempo, almeno dal catastrofico esito delle elezioni politiche del 25 settembre scorso, quando la Lega ha raggiunto un misero 8,7% di consensi. Alle ultime politiche, nel 2018, aveva ottenuto il 17,3%; alle elezioni europee del 2019 aveva ottenuto il 34,2%.
Partito spaccato in Lombardia
Un tracollo che viene da lontano e che in questi giorni ha provocato la spaccatura del partito di Salvini in Lombardia. Tre consiglieri regionali hanno lasciato la Lega e fondato un gruppo autonomo al Pirellone. In nome di Umberto Bossi. Salvini li ha espulsi. “Una cosa è la discussione, il confronto, un’altra roba è un soggetto politico alternativo, che è insostenibile” è stato il commento di Luca Zaia, presidente del Veneto. “A me fa piacere che Bossi e quelli che hanno istituito il Comitato del Nord abbiano preso le distanze” ha precisato Zaia. Il Comitato del Nord diventa però il dossier più spinoso da seguire per Matteo Salvini. Con una Lega ‘nana’, all’8,7%, non è semplice respingere le forze centrifughe che vorrebbero abbandonare una prospettiva di partitone nazionale per tornare a essere “il sindacato del Nord“.