Emanuela Orlandi, la verità sta in Vaticano
Ali Agca, che attentò a Giovani Paolo II, sostiene che la ragazza fu fatta rapire e data in consegna a un gruppo di suore per poi ricattare il presidente Pertini
Sul caso di Emanuela Orlandi il tempo si è fermato da quasi 40 anni. Prima il successo della docuserie su Netflix e poi una lettera a Pietro Orlandi, fratello della ragazza scomparsa nel nulla, accendono di nuovo i riflettori su uno dei più fitti misteri d’Italia.
Che cosa è davvero accaduto, dunque, alla 15enne Emanuela Orlandi? Perché manca persino la certezza acclarata che sia morta?
Orlandi, un cold case infinito
Cittadina vaticana, figlia di un commesso pontificio, Emanuela Orlandi è sparita nel nulla il 22 giugno 1983 a Roma dopo essere uscita dalla scuola di musica che frequentava. Quando ormai mancano pochi mesi alla scadenza dei 40 anni senza verità, né giustizia, la docuserie Vatican girl (su Netflix) ha riscosso un successo planetario portando anche le generazioni più giovani a interessarsi al cold case più tristemente celebre d’Italia.
Per far luce sulla sparizione di Emanuela Orlandi si sono svolte numerose inchieste giudiziarie e giornalistiche. Sono stati coinvolti svariati indagati, tutti via via prosciolti. Si è esplorata la pista dei servizi segreti e del terrorismo internazionale, del ricatto economico mafioso, dello scontro tra fazioni pro e contro il primo Papa nato oltrecortina: Giovanni Paolo II. Come anche quella di festini e abusi sessuali in Vaticano. Si è anche ipotizzato che queste piste non si debbano ritenere alternative l’una all’altra, bensì mischiate, sovrapposte. In un inestricabile groviglio di reati e di perdizione.
La banda della Magliana
Quel terribile 1983 segue la lugubre morte del “banchiere di Dio” Roberto Calvi, ritrovato impiccato a Londra nel 1982. E, ancor prima, nel 1981, il fallito attentato a papa Giovanni Paolo II da parte del turco Ali Agca. Tutti elementi che delineano il contesto in cui è avvenuto il sequestro e la sparizione della Orlandi. Un rapimento che – si è spuntato anche in inchieste giudiziarie diverse – hanno forse compiuto, materialmente esponenti di spicco della banda della Magliana, la malavita romana, con a capo in quel momento il boss Enrico De Pedis, detto Renatino, sepolto nella cripta della basilica di Sant’Apollinare a Roma – cruciale nel caso Orlandi – in quanto “benefattore dei poveri“.
Ali Agca e Pietro Orlandi
A distanza di quasi quarant’anni la famiglia di Emanuela Orlandi cerca ancora giustizia. E i ‘pezzi’ di verità presunta continuano a emergere in uno stillicidio senza fine. Adesso viene fuori che esisterebbe “un dossier segretissimo in Vaticano“. A dirlo è Ali Agca, l’uomo che nel 1981 sparò a Papa Wojtyla. “In Vaticano esiste certamente un dossier segretissimo su Emanuela Orlandi, come dichiara anche Francesca Chaouqui, impiegata nella Cosea” si legge in un lettera inviata a Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, secondo quanto riporta il Corriere della Sera. “Se il Vaticano fosse innocente avrebbe già consegnato quel documento alla famiglia Orlandi o alle autorità italiane, ma non può farlo perché accuserebbe se stesso“.
Emanuela, un “affaire” vaticano
L’ipotesi è che la Orlandi sarebbe stata al centro di un intrigo tutto interno al Vaticano. Il suo rapimento era probabilmente collegato a quello di un’altra ragazza: Mirella Gregori. “Emanuela Orlandi – le parole di Agca nella lettera a Pietro Orlandi – era un fatto tutto Vaticano ed è stata presa in consegna da alcune suore fin dall’inizio. Ha compreso l’importanza del suo ruolo e lo ha accettato serenamente. So di lei soprattutto grazie a un padre spagnolo che mi ha visitato in Italia e anche qui a Istanbul. Un uomo, un religioso, animato da una fede autentica, che conosce i misteri del mondo e che non mente“.
Woytila e Pertini
Agca, che oggi vive in Turchia insieme alla moglie italiana, ha già incontrato segretamente Pietro Orlandi nel 2010. Nella lettera spiega anche quale fosse il coinvolgimento del Vaticano nel rapimento di Emanuela. “Papa Wojtyla credeva profondamente nel Terzo Segreto di Fatima e credeva anche nella missione che Dio gli assegnava, ossia la conversione della Russia“ sostiene Agca nella lettera. Dopo l’attentato del 1981, l’arresto di Agca e l’incontro col Papa, “Wojtyla in persona voleva che io accusassi i servizi segreti bulgari e quindi il Kgb sovietico“.
“Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia. Ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella vennero rapite“. Pertini, però, sottolinea Agca, “non era manovrabile“. Per cui – conclude – “i rapimenti di Emanuela e di Gregori furono decisi dal governo vaticano. Ed eseguiti da uomini del Servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all’interno dei servizi vaticani“.
Orlandi, “rapita dal Vaticano“
Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, il commento di Pietro Orlandi è che quelle di Ali Agca “sono sue verità e non posso dire, non avendo riscontri o prove, se sono attendibili o inattendibili“. “L’unica cosa sulla quale mi trovo d’accordo con lui – ha detto – è che il rapimento di Emanuela nasce dall’interno del Vaticano“.