Emanuela Orlandi, svolta in Vaticano: riaperto il caso
Quattro giorni dopo il funerale del Papa Benedetto XVI, il Promotore di Giustizia ha deciso di compiere nuove indagini
Il Vaticano riapre il caso di Emanuela Orlandi. Lo rivela Silvia Mancinelli di Adnkronos, secondo cui, a quasi 40 anni dalla scomparsa della 15enne romana, il Promotore di Giustizia dello Stato Pontificio, Alessandro Diddi, ha deciso di ripartire con una nuova inchiesta.
Con Diddi collabora a questo scopo la Gendarmeria vaticana. Oltre Tevere hanno deciso di riaprire le indagini di una vicenda che ha scosso la Santa Sede e le sue massime istituzioni. E ha scandalizzato – e continua a scandalizzare – milioni di credenti in tutto il mondo. Sulla riapertura del caso interviene con una dichiarazione all’Ansa la legale della famiglia Orlandi, Laura Sgrò. “Noi ne siamo all’oscuro, lo apprendiamo dagli organi di stampa, ma certo è da un anno che attendevamo di essere ascoltati” afferma.
Orlandi, un caso avvolto nel mistero
Finora alcune delle più recenti indagini della magistratura italiana ma soprattutto anni di inchieste giornalistiche e persino la recente serie tv su Netflix dedicata alla vicenda hanno messo in campo ipotesi inquietanti di ogni tipo. A quanto apprende l’Adnkronos l’obiettivo degli inquirenti del Vaticano è quello di scandagliare di nuovo tutti i fascicoli, i documenti, le segnalazioni, le informative, le testimonianze. Un lavoro a 360 gradi per non lasciare nulla di intentato e risolvere una volta per tutte il caso Orlandi. L’obiettivo è di provare a chiarire ombre e interrogativi di ogni genere, mettendo definitivamente la parola fine anche alle più incredibili illazioni.
Emanuela, cosa accadde quel giorno
Stando al piano di lavoro messo a punto all’ufficio del Promotore di Giustizia – rivela Adnkronos – si ripartirà dai dati processualmente acquisiti. Si seguiranno però nuove piste, oltre a vecchie indicazioni all’epoca non approfondite. Insomma, il lavoro ripartirà dall’esame di ogni singolo dettaglio a partire da quel pomeriggio del 22 giugno 1983. Quel giorno una ragazza di 15 anni, Emanuela Orlandi, figlia di un dipendente vaticano, scomparve nel nulla. Si era richiusa alle spalle la porta della sua abitazione, alle 16, per andare a lezione di musica in piazza Sant’Apollinare.
De Pedis e gli “alti prelati“
Ovvero nei pressi dell’omonima basilica dove molti anni più tardi si scoprì che vi era seppellito uno dei capi della banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto Renatino. Secondo diversi testimoni esecutore materiale del sequestro “per conto di alti prelati“. L’iniziativa della magistratura vaticana si muove – apprende sempre l’Adnkronos – nel solco della ricerca della verità e della trasparenza voluta da Papa Francesco.
Il caso di Mirella Gregori
Le nuove indagini su Emanuela potrebbero arrivare a uno squarcio di luce anche sulla vicenda della coetanea Mirella Gregori, scomparsa un mese e mezzo prima della Orlandi. Ovviamente la decisione della magistratura pontificia va a supportare la disperata ricerca di verità reclamata dalla famiglia della 15enne, mai arresasi alla coltre di mistero e omertà.
Nuove rivelazioni, docufiction di successo, piste inedite. Mai come in questi ultimi tempi si sono riaccesi i fari sulla storia della scomparsa della giovanissima Emanuela. Fari che si erano spenti nell’ottobre del 2015 allorché il Gip di Roma, su richiesta della Procura e per mancanza di prove consistenti, archiviò l’inchiesta sulle sparizioni sia della Orlandi che di Mirella Gregori, avviata nel 2006 successivamente alle dichiarazioni di Sabrina Minardi, l’ex amante del boss De Pedis. In quell’indagine ci erano 6 indagati per concorso in omicidio e sequestro di persona. Fra gli altri anche monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant’Apollinare, dove fino al 2012 restò sepolto il De Pedis.
Orlandi, la verità sta in Vaticano
Tre anni più tardi l’ultimo soffio di speranza per i familiari di entrambe le ragazze scomparse nel nulla. Il Vaticano, coerentemente alle indicazioni di trasparenza di papa Francesco, dette il via libera all’analisi del Dna su alcune ossa ritrovate durante dei lavori di restauro nella sede della Nunziatura Vaticana di via Po, a Roma.
Le indagini, affidate dalla Santa Sede all’Italia, e in particolare alla procura di Roma e alla polizia scientifica, erano finalizzate a comparare quelle ossa con il codice genetico di Emanuela Orlandi. Nulla di fatto anche lì. Ora si ricomincia da capo, per l’ennesima volta, dopo che lo scorso dicembre alcune rivelazioni avevano riportano in auge una nuova presunta verità sul caso Orlandi da parte di Ali Agca, l’attentatore, poi pentito, di Giovanni Paolo II.