Francesca Valtorta a teatro con ‘Caravaggio-il maledetto’: “L’equilibrio? Mi descrive al contrario”
L'interprete romana si racconta in esclusiva a VelvetMAG, parlandoci dei suoi progetti futuri e molto altro
Francesca Valtorta non ha mezze misure: questo e molto altro ci ha svelato in esclusiva a VelvetMAG. Attrice di teatro, cinema e televisione, sta per tornare sul palco con lo spettacolo Caravaggio – il maledetto, per la regia di Ferdinando Ceriani, con Primo Reggiani e Fabrizio Bordignon, in scena al Teatro Ghione di Roma dal 19 al 22 gennaio.
Alle sue spalle, Francesca Valtorta vanta una fortunata carriera che si estende dal cinema e arriva anche in televisione e a teatro. Dopo il debutto sul grande schermo in Baciami ancora di Gabriele Muccino, ha preso parte ad alcune tra le più seguite produzioni televisive. Squadra antimafia, Braccialetti rossi e Il Paradiso delle Signore sono solo alcuni dei titoli che impreziosiscono il suo curriculum.
Ma a Francesca Valtorta, la staticità va stretta. Sempre in cerca di nuovi stimoli, è dallo scorso anno socia di un locale, Vinificio Roma, la cui apertura le ha permesso di concretizzare la sua passione per i vini, dopo aver conseguito il diploma da sommelier. Oltre a raccontarci di questo suo altro percorso e dello spettacolo Caravaggio – il maledetto, di Ferdinando Ceriani, ci ha svelato molto altro.
Intervista a Francesca Valtorta
Chi era davvero Lena per Caravaggio? E come ti sei approcciata a lei?
Lena è una figura importantissima sia nella vita privata di Caravaggio, essendo stata forse l’unica donna di cui lui si è innamorato, ma anche in quella professionale, in quanto sua modella. È stata una vera rivoluzione nella storia dell’arte, perché Caravaggio è stato forse uno dei primi, se non il primo, a utilizzare come modella per immagini sacre – e per ritrarre addirittura la Madonna – persone del popolo. Ha ritratto delle figure legate alla religione con delle fattezze umane: anche la Madonna, da sempre stata rappresentata con forme eteree, viene ritratta in maniera molto vera, umana. Lena è dunque il suo modello, il suo punto di riferimento. È il simbolo della rivoluzione: quella della verità e dell’umanizzazione apportata da Caravaggio.
Alla scoperta della “Lena” di Caravaggio
Lo spettacolo Caravaggio – il maledetto porti in scena “quello che probabilmente può essere accaduto”: quanto e in che modo Lena è stata importante per Caravaggio all’interno dello spettacolo?
Si tratta di uno spettacolo onirico, nel senso che non ha un andamento cronologico. Noi partiamo da quelli che si ritengono essere stati gli ultimi giorni di Caravaggio, quando si ritrova quasi morente sul lido di Porto Ercole. Abbiamo pensato che venga accolto da dei pescatori che si prendono cura di lui in quelli che saranno poi i suoi ultimi giorni. – spiega Francesca Valtorta – Lo spettacolo è costituito da soli tre attori: siamo sempre in scena e, a esclusione di Caravaggio che ricopre sempre lo stesso ruolo, ci trasformiamo nel corso della rappresentazione.
All’inizio, io e il mio collega, Fabrizio Bordignon, siamo i due pescatori che lo accolgono. E poi, nel corso di questa febbre delirante degli ultimi giorni di vita, è come se Caravaggio rivivesse alcuni momenti della sua vita, con le persone che per lui hanno rappresentato delle figure di riferimento. Io, dunque, divento Lena e Fabrizio vari personaggi, come il cardinale del Monte, il mecenate che ha commissionato molti dipinti a Caravaggio.
Quanto c’è di te in Lena?
Lei è una figura molto pura, schietta, senza sovrastrutture. È una persona che si dà e si abbandona completamente al suo rapporto con Caravaggio, nonostante venisse da un’esperienza come quella del suo “lavoro”, molto particolare. Per lo meno questo è ciò che abbiamo immaginato, – precisa Francesca Valtorta – ovvero un rapporto quasi fanciullesco, ma sublimato da quei momenti in cui lei viene innalzata ad un livello quasi sacro. Abbiamo dedicato molto tempo a quei frangenti in cui Lena diventa quasi “la Madonna”, venendo investita di un ruolo che nessuno avrebbe mai pensato di accostarle, anche solo lontanamente. In qualche modo, per la sua purezza, per la sua ingenuità e autenticità io mi ci ritrovo e ho provato a trasmetterle con Lena.
Oltre “Lena”: chi è Francesca Valtorta
Tornando indietro, oltre al teatro c’è il cinema e tantissima tv ma hai sentito comunque l’esigenza del “piano B”, diventando anche sommelier.
In realtà non lo definirei un “piano B”. Il mio lavoro rimane quello dell’attrice. Credo che approcciarsi a questo lavoro creandosi un “piano B”, anche psicologicamente, sia sbagliato perché per “il piano A” bisogna investire così tante energie che se ci dedichiamo anche a qualcos’altro è la fine. – spiega Francesca Valtorta – Quella è una mia passione, che ho coltivato e che si è concretizzata, per caso. Io sono sempre stata appassionata di vini e, prima che scoppiasse il Covid, ho frequentato questo corso (corso professionale Fisar) che mi ha appassionato ancora di più ed è arrivato a una concretizzazione, quando sono diventata socia del locale Vinificio Roma, che ha solo vini naturali. Questa è diventata quasi “un’ossessione” per me (ride).
È stata una bellissima sfida, quella di aprire un locale rivolto al grande pubblico che non conosce o non è abituato ai vini naturali, che mi sento di dire ad oggi abbiamo vinto. Di solito, infatti, le realtà legate ai vini naturali esistono, ma sono molto di nicchia. Noi abbiamo deciso di aprire un locale che facesse anche serate, dj set, proprio perché la nostra idea era quella di sfatare il mito che il vino naturale sia solo modaiolo, che non sia buono, etc.. Poi per carità, ognuno ha i suoi gusti. Però siamo rimasti contenti nel far ricredere molte persone, che sono rimaste felici e continuano a tornare. Siamo molto contenti.
La recitazione come “scelta estrema”
Ritornando invece alla recitazione, hai definito in precedenza questo mestiere come “una scelta estrema”: ad oggi sceglieresti comunque questa strada, alla luce anche delle difficoltà vissute negli ultimi anni per via del Covid?
È una scelta di vita, nel senso che non è un lavoro “normale”. – rivela Francesca Valtorta, proseguendo – È un mestiere che ha a che fare con l’identità della persona, perché riguarda le emozioni: quando subentrano periodi bui è come se costringesse a mettere in discussione se stessi. In questo campo c’è un legame molto più forte tra la propria persona e il proprio lavoro: in questo senso, è un lavoro molto rischioso, però è l’unico che avrei potuto fare. Anche adesso, tornando indietro, direi: “Se avessi scelto un lavoro ‘normale’ sarei più equilibrata”, ma sarei stata un’altra persona. Non credo quindi che sarei stata capace di fare un’altra scelta, e in ogni caso avrei comunque fatto questa.
Diciamo che un termine chiave è “equilibrio”: pensi ti possa descrivere?
Mi descrive al contrario, nel senso che sono assolutamente non equilibrata. Non ho il senso della misura: o è tutto bellissimo o è tutto bruttissimo; o sono felicissima o sono tristissima. (ride)
Giustamente, quando si vive di emozioni, è il risvolto inevitabile.
Si, esatto. È un insieme di cose. È un po’ il mio lavoro che mi porta a vivere di alti e bassi ed è un po’ la mia personalità. Io difficilmente mi accontento di cose “normali” o tranquille. Tendo sempre ad enfatizzare tutto, nel bene e nel male: vista così, infatti, può essere anche bella, ma talvolta è meno f*ga di quello che sembra. Vivere sulle montagne russe, a lungo andare, può essere complicato.
Un ruolo che ti piacerebbe assolutamente interpretare?
Io ho sempre detto un ruolo di una persona realmente esistita e, in effetti, questa Lena è realmente esistita. – spiega Francesca Valtorta – Però non si hanno elementi per fare effettivamente uno studio quindi è come se, in qualche modo, fosse un personaggio un po’ “inventato”. Per cui sì, ti rispondo che per me sarebbe interessante interpretare un personaggio realmente esistito, in modo da fare, per una volta, uno studio diverso. Non sarei semplicemente io attrice che leggo il testo, da lì immagino e costruisco il personaggio, ma dovrei trovare la via di mezzo tra un qualcosa di istintivo dell’attore nella creazione ma che sia basato su un qualcosa che esiste.
Hai sempre voluto fare l’attrice? Oppure hai scoperto la passione nel corso degli anni?
Da quando ho iniziato a fare teatro, nel pomeriggio durante il liceo, in realtà ho sempre sentito che era quello che volevo fare. Infatti, prima di entrare nel Centro Sperimentale, che è stato l’inizio del mio percorso lavorativo vero e proprio, avevo scelto comunque Lettere con indirizzo Teatro, quindi sempre qualcosa che girava intorno a quel mondo. Per cui, sapevo che avrei fatto qualcosa sicuramente connesso alla recitazione. Quando mi sono iscritta all’università avevo messo in conto che avrei potuto fare la critica. Ma la mia passione è sempre stata quella e non ho mai avuto dubbi.
Cosa diresti alla te stessa degli inizi con la consapevolezza di oggi?
Le direi “fuggi, fuggi!” (ride) Le direi di andarci un po’ di più con i piedi di piombo nelle cose. Perché quando si parte in quarta si rischia di cadere.