L’ascesa della Turchia tra il potere forte di Erdogan e quello soft di Can Yaman e delle serie TV
Il Paese guadagna terreno a spese dell'Europa, segnando un successo politico, culturale e turistico indiscutibile
C’è un Paese protagonista politico indiscusso oggi nell’area euro-mediterranea, che a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina ha saputo muovere sapientemente passi da gigante. Stiamo parlando della Turchia di Recep Tayyip Erdoğan.
Dove seppur attualmente i dati macroeconomici non ci raccontano una prestazione eclatante. Si parla infatti di un’inflazione nel Paese esorbitante: un aumento dei prezzi su base annua di circa l’84%. Bazzecole quella dell’eurozona stimata al 9%. Senza contare del recente tracollo della loro moneta e dei salari medi ancora molto bassi.
Se si prende in considerazione dal punto di vista politico però, soprattutto sul piano internazionale e in termini di soft power, nell’ultimo decennio la Turchia ha ottenuto una performance brillante. Rubando la scena e numerosi spazi alla vicina Unione Europea. Quale ne sia il giudizio politico o ideologico, qual’è stato l’asso nella manica di Erdogan e dove ha perso invece l’UE?
La Turchia al centro dello scacchiere internazionale: dalla guerra in Ucraina al ruolo in Libia
Con lo scoppio della guerra in Ucraina Erdogan ha sapientemente rilanciato l’immagine del Paese a livello internazionale e riaffermato la sua centralità in ambito NATO. In campo internazionale difatti la Turchia oggi possiede un peso geopolitico tale da essere considerata un alleato indispensabile sia per Mosca che per Washington. Una posizione che forse spettava ancor prima all’Europa. Visti gli storici rapporti che legano ad esempio l’Italia alla Russia. Prima attraverso il Partito Comunista durante gli anni della Guerra Fredda, e dopo grazie allo stretto rapporto fra l’ex premier Berlusconi e il presidente Putin. Oggi però è il presidente Erdogan quasi in solitaria a distaccarsi con personalità dalla linea atlantista laddove poco conveniente, e tentare una mediazione fra i due fronti armati.
Proseguendo nel doppio approccio – dare armi e droni agli ucraini, e fare affari coi russi – il presidente turco ha trasformato Ankara nella sede delle prime e uniche tentativi trattative di pace e di dialogo tra Kiev e Mosca. Accogliendo rispetto all’UE, con provvedimenti e tentativi più concreti, la linea del Vaticano. Il presidente ha portato inoltre la Turchia ad essere in prima linea, in assenza di altri attori a parte i russi e l’Egitto, in Libia. Dove anche qui c’è sempre meno Italia e meno Europa. In un Paese tanto strategico ricco di idrocarburi, affacciato difronte alle nostre coste. Dove il presidente turco ha l’interesse di imporsi per giocare la sua partita nei flussi di approvvigionamento energetico verso l’Europa. Che invece vorrebbe fare a meno di Ankara nella costruzione del gasdotto EastMED, nel Mediterraneo Orientale. Coinvolgendo solo Cipro, Egitto, Grecia, e Israele.
Il soft power culturale turco: il secondo Paese esportatore di contenuti televisivi al mondo
Ma l’intuito di Erdogan non si è fermato solo alla politica estera, ha puntato allo sviluppo di un soft power tutto made in Turkey. Investendo nel turismo e sopratutto nell’industria cinematografica, dove oggi le serie TV turche hanno letteralmente sbancato in Europa, in Sud America e perfino in India. Come dimostra la notorietà da divo di altri tempi con tanto di stuolo di fans e paparazzi di Can Yaman, stabilmente presente nella nostra TV. Come pure uno dei successi più recenti, è la serie tv Love is in the Air, andata in onda anche qui da noi su Canale 5. Un successo planetario che racconta solo la punta dell’iceberg di un industria in continuo fermento e sviluppo che rischia davvero di soppiantarci. Perché se vi immaginate melodrammi melensi, colmi di stereotipi e di luoghi comuni, siete totalmente fuori strada. Le serie turche regalano una commistione di generi che vanno dall’action-movie americano alla commedia romantica, con dei ritmi cinematografici totalmente moderni. Regalando un’immagine della Turchia fresca e appassionante, che ha portato il Paese ad essere oggi il secondo esportatore di contenuti televisivi al mondo. Subito dopo agli USA.
Bisogna guardare dunque sempre con più attenzione allo sviluppo della Turchia, la quale sembra vivere dopo decenni un “nuovo Rinascimento“. Giocando sulla sua storica ambivalenza tra Paese quando necessario euro-mediteranno, altrimenti euro-asiatico con grande astuzia. Mentre l’Europa sembra invece ridursi alla condizione di “nano politico” del Mediterraneo, incapace di imporre soluzioni proprie al di fuori delle direttive d’oltre oceano. Sopratutto in politica estera, dove Ankara invece percorre sapientemente una sorta di “terzia via“, che tanto ci ricorda l’approccio perseguito da politici italiani nel Novecento – da Enrico Mattei ad Enrico Berlinguer, passando per Bettino Craxi, Giulio Andreotti, Aldo Moro – capaci di alzare la testa difronte al gigante americano. Come di imporre e promuovere l’interesse nazionale laddove necessario. Una cosa è chiara al riguardo, se non lo faremo noi, lo faranno i turchi. E poi ci resterà solo di dire banalmente: “mamma li turchi!“.