Tifosi di Roma e Napoli, scatta lo stop alle trasferte
Il ministro dell'Interno, Piantedosi, pronto a un apposito decreto dopo gli scontri dell'8 gennaio in mezzo all'Autostrada del Sole
Arrivano provvedimenti contro i tifosi della Roma e del Napoli dopo i violenti scontri e i gravissimi disordini avvenuti sull’Autostrada del Sole ad Arezzo, domenica 8 gennaio.
Per oltre un mese, dal 21 gennaio, le trasferte dei supporter delle due squadre saranno vietate ai tifosi. Il segnale di “massima severità” annunciato dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, potrebbe tradursi in un decreto ad hoc che il titolare del Viminale dovrebbe firmare nelle prossime ore.
Vero, però, è che sono già tornati in libertà i tifosi fermati dalle forze dell’ordine. Domenica 8 gennaio hanno fatto il bello e il cattivo tempo, con spranghe e sassaiole, bloccando a lungo il traffico autostradale e mettendo in pericolo gli automobilisti e gli avventori dell’autogrill di Badia al Pino.
Tornano tutti liberi gli ultras che erano stati fermati per gli scontri in autostrada tra tifosi della Roma e del Napoli. Solo per Di Tosto, arrestato in ospedale dopo essere rimasto ferito, sono stati disposti gli obblighi di firma e dimora pic.twitter.com/rSFxLksQrl
— Tg3 (@Tg3web) January 10, 2023
Tifosi e partite a rischio
Secondo le anticipazioni delle agenzie di stampa, Piantedosi potrebbe disporre la chiusura del settore ospiti ai tifosi delle due squadre almeno fino alla fine di febbraio. La decisione non è ancora definitiva e non si può ancora escludere che la limitazione possa essere ancora più stringente. Dopo una lunga riunione, il Comitato per la sicurezza delle manifestazioni sportive aveva indicato la mappa dei profili di rischio sui match. Ovvero le partite di cartello a cui avrebbero potuto partecipare le due tifoserie, potenzialmente entrando di nuovo in conflitto.
Stavolta a decidere lo stop sarà il titolare del Viminale e non i prefetti, cosa che in genere avviene nel caso in cui il divieto sia riferito a una sola giornata. L’unico precedente in questo senso riguarda il provvedimento firmato nel 2014 dall’allora ministro Angelino Alfano, che vietò le trasferte ai tifosi dell’Atalanta per tre mesi, a seguito di gravi episodi di violenza verificatisi al termine di un incontro.
La vendetta per Ciro Esposito
Gli scontri fra tifosi napoletani e romanisti avrebbero origine da un fatto di sangue. Quattro mesi dopo la morte del tifosi del Napoli Ciro Esposito, il 9 novembre del 2014, gli ultrà azzurri avrebbero siglato una sorta di ‘patto di vendetta’ ha raccontato il Corriere della Sera. In ogni luogo d’Italia e d’Europa, con ogni mezzo, servendosi di ogni uomo, anche avversario, si doveva vendicare Esposito. E gli ultrà della Roma dovevano restare banditi dal mondo delle curve, tacciati di essere “infami“.
I tifosi partenopei lo scrissero in uno striscione esposto in curva durante la partita di Coppa Italia disputata proprio contro la Roma, quel novembre di 8 anni fa. “Ogni parola è vana, se occasione ci sarà non avremo pietà“. Da quel momento è partita una caccia ossessiva ai romanisti. Un episodio della quale si sarebbe verificato con l’agguato dei napoletani ai romanisti all’autogrill di Badia a Pino sull’A1 l’8 gennaio scorso. Il 25 settembre 2019 la Corte di Cassazione aveva condannato a 16 anni l’ultrà romanista Daniele De Santis per l’omicidio di Ciro Esposito a Roma, poco prima della finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli del maggio 2014.
Cosa accadde quel giorno
Nel concordare con la ricostruzione fatta in Appello, la prima sezione penale aveva sostenuto che ci fu “un contatto fisico” tra il giovane di Scampia mortalmente ferito e De Santis. Un fatto avvenuto nel momento in cui i tifosi del Napoli reagirono all’assalto con bombe carta a un bus dei loro supporter. Il sangue di De Santis, ricorda il Corriere della Sera, era stato trovato, con quello di Ciro Esposito, sul cappellino di quest’ultimo e sulla pistola che l’ex ultrà romanista e militante neonazista aveva impugnato, mentre i suoi complici si erano invece allontanati.
Ma la reazione di De Santis non fu, secondo i giudici, una reazione all’aggressione di un soverchiante gruppo di tifosi napoletani. Aggressione che per la Cassazione si è verificata dopo gli spari. La legittima difesa era quindi da escludersi perché De Santis si sarebbe trovato “a fronteggiare un gruppetto sparuto“, che comprendeva Ciro Esposito, “di tifosi disarmati e a mani nude là dove egli era, al contrario, l’unico ad avere la disponibilità di una pistola“. Anzi De Santis avrebbe mirato ad altezza d’uomo.