A poche centinaia di metri dall’appartamento di Campobello di Mazara (Trapani) dove Matteo Messina Denaro ha vissuto per almeno gli ultimi 6 mesi, c’è un secondo covo del boss. I magistrati della Procura di Palermo e i carabinieri del Ros lo hanno individuato e perquisito il 18 gennaio.
Ovvero due giorni dopo l’arresto del re della mafia stragista, latitante per trent’anni. Probabilmente sempre rimasto in Sicilia, nel suo paese di Castelvetrano o nei dintorni, almeno negli ultimi tempi alla luce del sole.
I segreti di Messina Denaro
Oltre all’appartamento di vicolo San Vito a Campobello di Mazara, scoperto il 17 gennaio, il capomafia Matteo Messina Denaro avrebbe fatto realizzare una sorta di bunker all’interno di un’altra abitazione nella stessa area. Non è ancora chiaro se si tratti del luogo in cui il boss abbia nascosto il suo tesoro. Si presume infatti che egli possegga documenti riservatissimi, pizzini in codice, denaro in quantità.
Di certo, rileva Giovani Bianconi sul Corriere della Sera, Matteo Messina Denaro, negli Anni Novanta pupillo di Totò Riina, il capo dei capi, sa molte cose. Fra queste, il perché Riina lo richiamò da Roma, nel marzo 1992, annullando l’omicidio di Giovanni Falcone che invece aveva deciso di sterminare assieme alla scorta in un eclatante attentato terroristico.
Le carte di Riina e l’agenda rossa
Ma anche se Riina avesse un archivio di documenti top secret. Carte di cui Messina Denaro sarebbe entrato in possesso, forse assieme all’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, dopo l’arresto del capo dei capi. E dopo il fatto che i carabinieri del Ros si ‘dimenticarono’ di perquisire la sua villa.
Messina Denaro potrebbe inoltre spiegare perché, dopo la stagione stragista, Cosa nostra siciliana si ‘convertì’ all’idea di tornare a essere ‘mafia silente‘ che fa affari criminali senza più omicidi eccellenti, guidata da Bernardo Provenzano. Infine il boss, riemerso dopo tre decenni di apparente sparizione nel nulla, potrebbe chiarire se e chi gli ha fornito appoggi nella pubblica amministrazione, nel mondo delle professioni, negli apparati dello Stato, garantendogli impunità e governo della mafia. Malgrado fosse il ricercato numero uno come mandante delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.
Messina Denaro al 41 bis
Lo farà? Parlerà? Collaborerà con la giustizia? Nessuno ci scommette un euro. Intanto, però, Messina Denaro sta nel penitenziario di massima sicurezza dell’Aquila. Al regime di carcere duro del cosiddetto 41 bis. A quanto scrive l’Ansa, il capomafia si mostra sorridente col personale che incrocia nel carcere. “Il suo sarebbe un comportamento anomalo rispetto a come si comportano di solito i detenuti al 41 bis” è l’indiscrezione che arriva dall’Aquila.
Cosa c’era nel primo covo
All’interno del primo covo di Messina Denaro, a Campobello di Mazara, le forze dell’ordine non avrebbero trovato molto. Un’agenda con riflessioni sulla vita e sull’amore; le date degli incontri con la figlia; brani di lettere ricopiati tutti da interpretare. Ma non ci sarebbero documenti esplosivi o carte compromettenti. Trovati inoltre tantissimi documenti sanitari (referti di visite specialistiche, molte oculistiche) recuperati in uno scatolone.
Medici indagati
Le cartelle mediche dimostrano che il capomafia, incastrato proprio grazie all’inchiesta sulla gravi patologie di cui soffre, durante la latitanza ha incontrato diversi dottori. Uno, Alfonso Tumbarello, medico di base di Campobello di Mazara, è sotto inchiesta per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Gli inquirenti sentiranno presto altri medici. L’oncologo trapanese Filippo Zerilli è anch’egli indagato nell’inchiesta sulla rete dei favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro. Avrebbe eseguito l’esame del DNA necessario alle cure chemioterapiche a cui il padrino di Castelvetrano doveva sottoporsi. Ma la caccia ai fiancheggiatori è solo all’inizio.