Federico Fellini, perché Hollywood gli deve ancora molto (o forse tutto)
Appare ancora oggi come uno dei cineasti maggiormente citati e omaggiati, in un momento in cui le storie "originali" faticano ad emergere
In un’epoca in cui si continua a guardare con aria nostalgica al passato, il nome di Federico Fellini è ben lungi dall’essere dimenticato. Tra gli italiani in grado di affermarsi anche a livello internazionale, è arrivato anche ad Hollywood, senza mai più andarsene.
Nelle sale italiane è approdato proprio ieri, giovedì 19 gennaio, Babylon di Damien Chazelle. Per la sua ambiziosa operazione meta-cinematografica che porta il luce il lato “pruriginoso” della Hollywood retrò, il regista, Premio Oscar per La La Land, ha dichiarato di aver tratto spunto proprio da lui, Federico Fellini. “Sono felice di portare il film a Roma. Questo film ha preso ispirazione da molte delle opere di Fellini, la Dolce vita per esempio.” – ha affermato Chazelle in apertura dell’incontro con la stampa.
Ancora una volta, il mito del maestro riminese viene nuovamente scomodato, risvegliato dal suo “torpore”, come una sorta di eterno ritorno dell’uguale. Con la sola differenza che, pur avendoci lasciato fisicamente ormai trent’anni fa, non se ne sia mai andato. I suoi film, che sono il suo lascito più importante, sono manuali da cui attingere: ma cosa rende ancora attuale il suo modo di pensare?
Federico Fellini e l’influenza che continua ad esercitare, a 102 anni dalla nascita
In un’epoca in cui si predilige la via già tracciata dell’usato assicurato, che prende forma attraverso l’eterno vortice dei remake, revival e reboot, donare al pubblico una storia originale è quasi un attivo sovversivo. Qualora ciò avvenisse, lo si farebbe comunque giocando quell’effetto nostalgia, attraverso il quale ripercorrere gli antichi fasti dei tempi che furono. Eppure, c’è stato un tempo in cui il cinema ha esercitato quasi una valenza politica, con feroci invettive contro la società degli usi e consumi, come La Dolce Vita di Federico Fellini insegna.
Ma al maestro riminese non bastava dare la sua personale visione sul contesto a lui circostante. Ha difatti scavato a fondo, soprattutto in se stesso, arrivando a raccontare la complessità dell’individuo contemporaneo e portando sul grande schermo la sua personale crisi, dinanzi a una società in continua evoluzione. Ed è così che 8½, approdato in sala nel 1963, è considerato ad uno dei più importanti lungometraggi mai realizzati, divenendo il terzo Oscar al Miglior Film Straniero per Fellini.
Quel coraggio di osare, misto alla sua proverbiale sospensione onirica, a quel tanto vagheggiato stile felliniano, così ribattezzato dalla critica, hanno conseguentemente influenzato generazioni di cineasti, a lui successivi. Di lui, infatti, Martin Scorsese ha affermato: “È stato Fellini a spingermi verso il mio cinema. […] Non basta chiamarlo regista, era un maestro.” Anche David Lynch, che proprio con il maestro riminese condivide il giorno del compleanno, ha dichiarato: “Poi c’è Federico Fellini, un’enorme fonte di ispirazione.” Sono numerose, insomma, le voci – sia italiane che internazionali – che denunciano il loro importante debito nei confronti dell’autore nostrano, ancora oggi citato come una delle maggiori influenze.
Cosa rende Fellini unico
Ultima voce che si è aggiunta a un coro già ricco nomi è quella di Damien Chazelle. Con il suo Babylon, con Margot Robbie e Brad Pitt, infatti, il regista ha affermato di aver voluto “offrire una panoramica della società di Hollywood […] attraverso il prisma del divertimento e del lavoro.” E, per attuare il suo pittoresco viaggio meta-cinematografico alla riscoperta di Hollywood, ha scelto di lasciarsi influenzare da colui che Hollywood, in realtà, l’ha raggiunta solo in età matura, dopo essere diventato grande al di fuori della Città del Cinema.
In fin dei conti, Fellini non ha mai avuto bisogno di Hollywood ma, a questo punto, non siamo poi tanto sicuri del contrario. Lui aveva quel suo sguardo, quel particolare modo di vedere la realtà e di piegarla a suo piacimento, attraverso il mezzo cinematografico. Insomma, sarà anche stato – come ha dichiarato Alberto Sordi – “l’uomo più bugiardo del mondo. Però, aò, Federico c’ha una capoccia così!“