Meloni al Congresso della Cgil: “Non ho paura dei fischi, il reddito di cittadinanza ha fallito”
La premier vuole estendere la contrattazione collettiva ma boccia il salario minimo. Freddezza e contestazioni dalla platea degli iscritti al sindacato
La premier Giorgia Meloni sul palco della Cgil a Rimini in occasione del XIX congresso nazionale del maggiore sindacato italiano. Nessuno avrebbe detto fino a qualche mese fa che la leader di Fratelli d’Italia avrebbe parlato ai delegati e lo avrebbe fatto da presidente del Consiglio.
Arrivando al Palacongressi, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, le è andato incontro e l’ha accolta con una stretta di mano. Intorno, folla di telecamere e cronisti. Quando invece Meloni è salita sul palco, un gruppo di delegati l’ha fischiata, ha intonato in coro Bella ciao e ha abbandonato la sala.
Meloni: “Confronto necessario e utile“
“Mi sento fischiata da quando ho 16 anni” ha replicato Giorgia Meloni. “Potrei dire che sono Cavaliere al merito su questo. Ringrazio anche chi mi contesta. Non ho voluto rinunciare a questo appuntamento in segno di rispetto del sindacato“. “Questo congresso è un esercizio di democrazia e partecipazione che non può lasciare indifferente chi ha responsabilità decisionali. E chi, come me, sa quanto questi eventi tengano vive queste dinamiche”.
“Il confronto è necessario e utile” ha aggiunto la premier. “Se questo è l’approccio, ci sono ottime ragioni per confrontarci con la forza delle idee che ciascuno legittimamente rivendica“. “Non mi sottraggo a un contesto sapendo che è un contesto difficile” ha detto ancora Meloni rivolta ai delegati della Cgil. “Non mi spaventa. La ragione per cui ho deciso di essere qui è più profonda. Con questa presenza, con questo confronto, questo dibattito, possiamo autenticamente celebrare l’unità nazionale“. Il riferimento della presidente del Consiglio è al 17 marzo in quanto Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione e della Bandiera. Si celebre infatti la ricorrenza del 17 marzo 1861 quando a Torino nacque il Regno d’Italia. Nacque, in sostanza, lo Stato italiano unitario.
Lavoro e riforma fiscale
Poi Giorgia Meloni ha parlato della riforma fiscale che il Consiglio dei ministri ha approvato il 16 marzo. “Per far crescere l’occupazione bisogna far ripartire l’economia, liberare le energie migliori dell’Italia” ha detto la premier. “È la base della riforma fiscale che il Cdm ha approvato ieri con un legge delega, frettolosamente bocciata da alcuni”. “Noi veniamo da un mondo in cui ci si è detto che la povertà si poteva abolire per decreto. Che il lavoro si poteva creare per decreto. Se fosse così dovrebbe essere lo Stato a creare ricchezza, non è così. La ricchezza la creano le aziende con i loro lavoratori. Lo Stato deve creare regole giuste e redistribuire. Mettere aziende e lavoratori nelle condizioni di creare ricchezza che si riverbererà su tutti“.
Meloni: “Inaccettabile attacco di estrema destra“
“Credevamo che il tempo della contrapposizione ideologica feroce fosse alle nostre spalle e invece in questi mesi, purtroppo, mi pare che siano sempre più frequenti segnali di ritorno alla violenza politica” sono le parole di Meloni. La quale ha poi citato “l’inaccettabile attacco degli esponenti di estrema destra alla Cgil” del 9 ottobre 2021 a Roma. E le azioni “dei movimenti anarchici che si rifanno alle Br“. “Voglio ricordare Marco Biagi, fra due giorni ricorre l’anniversario dell’assassinio da parte delle Br. Un uomo che ha pagato con la vita. Il sindacato è sempre stato impegnato nella lotta al terrorismo“.
“Rdc fallito, niente salario minimo”
Per quanto riguarda le misure economiche e contrattuali di salvaguardia dei lavoratori, Giorgia Meloni dice no al salario minimo e sì all’estensione della contrattazione collettiva. Questa la soluzione che la presidente ha indicato per affrontare anche la questione dei salari bassi. “Il reddito di cittadinanza ha fallito gli obiettivi per cui era nato perché a monte c’è un errore” ha dichiarato la premier. E l’errore sarebbe di “mettere nello stesso calderone chi poteva lavorare e chi non poteva lavorare, mettendo insieme politiche sociali e politiche attive del lavoro“.