Il salvataggio di Credit Suisse, il colosso bancario svizzero sull’orlo del fallimento, spaventa i mercati finanziari europei e mondiali, invece di rassicurarli. Eppure, con un’operazione rapidissima architettata dalla Banca centrale svizzera, la Ubs ha rilevato la sua concorrente per 3 miliardi di franchi (3,35 miliardi di dollari).
Per Credit Suisse l’intesa segna la fine di 167 anni di storia. E spazza via 16 miliardi di franchi svizzeri di bond AT1, che sono stati “completamente svalutati“. L’amministratore delegato di Ubs, Ralph Hamers, sarà alla guida della banca che nascerà dalle nozze fra Credit Suisse e Ubs. L’operazione di fusione avverrà senza l’approvazione degli azionisti di Ubs.
C’è anche la ‘benedizione‘ delle autorità economiche europee e statunitensi alla fusione fra i due colossi. Per le autorità bancarie elvetiche “non è un salvataggio ma è una soluzione commerciale“, la “migliore per riportare fiducia“. Le nozze fra Ubs e Credit Suisse, spiegano da Berna, “assicurano la stabilità finanziaria” e tutelano “l’economia svizzera in questa situazione eccezionale“. Tuttavia, se è vero che lo storico accordo è stato celere, restano i paletti fissati, molto netti. Oltre al fatto che 3 miliardi di franchi per comprare Credit Suisse significano di fatti, una svendita.
Credit Suisse, precedente pericoloso?
I paletti, o meglio i tagli draconiani, sono invece altro: per Credit Suisse è infatti scattato l’azzeramento dei titolari di bond At1, per un controvalore di 16 miliardi di euro, come detto. E si prevede un taglio di 10mila posti di lavoro. Il capitale degli obbligazionisti va in frantumi, mentre quello degli azionisti – cioè i primi che dovrebbero subire le conseguenze di un quasi fallimento – resta al momento preservato. “Difficile scacciare il pensiero che per delicate ragioni geopolitiche si siano voluti preservare, almeno in parte, i primi due azionisti della banca” scrive Federico Fubini sul Corriere della Sera. Ovvero “la Banca nazionale saudita e il fondo sovrano del Qatar. Si è creato così il precedente per cui gli obbligazionisti subordinati potrebbero essere meno protetti degli azionisti.”
Azionisti Ubs con le mani legate
La svendita di Credit Suisse a Ubs implica inoltre l’esautoramento degli azionisti di Ubs: non potranno bocciare l’intesa. In un contesto bancario e finanziario ad altissima tensione, che segue il fallimento della statunitense Silicon Valley Bank, così come delle americane Silverbank e Signature – rilevano gli analisti della banca di investimenti Intermonte – potrebbero verificarsi nuovi crac finanziari imponenti. Investitori e depositanti non vogliono correre rischi e potrebbe ingenerarsi una fuga di capitali dalle banche meno solide verso le altre, più garantite.
Credit, Borse giù
Al mattino del 20 marzo, riapertura dei mercati finanziari dopo il fine settimana, sulle Borse è scattato l’allarme. Il salvataggio di Credit Suisse ha prodotto come primo effetto che Milano ha ceduto l’1,5%, dopo essere arrivata a perdere fino al 2,6%. Londra l’1,2%, Parigi lo 0,8% e Francoforte l’1%. L’avversione al rischio genera volatilità e sta spingendo gli investitori verso beni rifugio. Ossia l’oro, balzato sopra i 2mila dollari l’oncia (+3,7% a 2.002 dollari), e lo yen che balza dell’1,1% sull’euro, a 139,2, e dello 0,8% sul dollaro, a 130,7.
I titoli di Stato e quelli bancari
Scendono anche i rendimenti dei titoli di Stato, con in testa il Bund tedesco, che cala di 14 punti base all’1,95% mentre il Btp si attesta appena sotto il 4% al 3,98%. La tensione sui mercati si riflette sul famigerato spread fra i Btp italiani e i Bund tedeschi: un valore in crescita di 9 punti base a quota 203. Sui listini europei affondano le banche, con l’indice Stoxx di settore in calo del 4,9%. Ing (-8,8%), Barclays (-6,6%), Commerzbank (-6,3%) guidano i cali tra i titoli all’interno del paniere mentre a Piazza Affari le peggiori sono Bper (-4%), Mps (-4%) e Banco Bpm (-3,9%).
Ubs-Credit, “l’Antitrust non conta“
A tutela dell’operazione di salvataggio di Credit Suisse, la Ubs otterrà fino a 100 miliardi di franchi di liquidità dalla Banca centrale svizzera. Oltre a garanzie per 9 miliardi dal Governo elvetico per far fronte a eventuali perdite del Credit. Per Ubs si tratta di ‘rassicurazioni’ importanti visto che, per come è stato strutturato l’accordo non ha alcuna possibilità di fare un passo indietro. Neanche a fronte di un’eventuale opposizione dell’Antitrust. “La stabilità finanziaria è più importante dell’antitrust nelle crisi“, tagliano corto dalla Finma, l’autorità di regolamentazione dei mercati svizzeri. In meno di una settimana Credit Suisse è salvo, ma il prezzo, sotto vari punti di vista, è molto alto.