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Stranizza d’amuri: la ‘dolce’ crudeltà di Giuseppe Fiorello

L'attore per la prima volta anche regista parte dalle sue origini

Giuseppe Fiorello è al cinema col suo primo film da regista dal titolo Stranizza d’amuri. Una storia vera che risale ad una lontana estate degli Anni Ottanta, quella in cui l’Italia vinse i Mondiali di calcio. Fiorello, attento ai dettagli, ha fatto sì che ogni personaggio potesse fornire una chiave di lettura essenziale nella narrazione.

Di che cosa parla Stranizza d’amuri: una storia di oppressione, l’ennesima, a cui molti si ribellano. Ma tutti in questo film celano il loro malessere. Mentre le persone che fanno vedere le loro emozioni sono coloro che le vivono a pieno. Esattamente come i due ragazzi Gianni (Samuele Segreto) e Nino (Gabriele Pizzurro), che per questo escono fuori dalle regole costituite. Quelle per cui nulla può distruggere l’equilibrio di quello status quo, che si infrange solo di nascosto. Anche “star male”, purché non si sappia. Mentre “star bene” risulta una condizione sempre difficile. Perché lo si fa alla luce del giorno, perché non ci si nasconde.

Stranizza d'amuri
Stranizza d’amuri. Crediti: Screenshot video trailer – velvetmag

In Stranizza d’amuri, film che vede per la prima volta Giuseppe Fiorello come regista, ci sono diversi punti di vista interessanti. Le maschere del bar, per esempio, sono raccontate come in una storia di Pirandello nel quale reggono il gioco a tutti con le loro espressioni, i loro sorrisi, la gelatina sui capelli, il loro essere crudeli e umani al tempo stesso. Come se questo reggesse il gioco a tutta l’umanità, la stessa che traspariva anche in Verga, quella dolce crudeltà che pulsa nel meridione, anche nella sicilianità degli Anni Ottanta scelta da Fiorello. Forse è da questo che emerge la ribellione dei due giovani ragazzi che vogliono semplicemente vivere le loro passioni.

Stranizza d’amuri: la narrazione poetica di un conflitto

Stranizza d’amuri è ambientato in Sicilia in quell’estate in cui gli Italiani erano impegnati a tifare per la loro Nazione durante i Mondiali di calcio dell’82. Gli azzurri – trascinati da Paolo Rossi – si preparavano a conquistare la terza coppa del mondo. Giuseppe Fiorello sceglie la storia vera di Gianni, un giovane di diciassette anni senza amici, gay. Viene bullizzato per questo da alcuni suoi coetanei, subendo in silenzio ogni loro scherno. L’unica persona che lo conforta è la madre Lina (Simona Malato), che lo sostiene sempre, anche quando è costretta a scontrarsi con il suo compagno, Franco (Enrico Roccaforte), il proprietario dell’officina dove lavora il giovane. Ma la madre non sarà poi così lontana da quella Sicilia arcaica, la soglia che separa dall’essere vittima o carnefice è davvero sottile.

Stranizza d'amuri, la locandina
Stranizza d’amuri, la locandina. Crediti: Google – velvetmag

La vita di Gianni, però, cambia quando incontra il sedicenne Nino. I due hanno un incidente mentre sono entrambi alla guida dei loro motorini. Un evento sfortunato dal quale nasce un’amicizia, che ben presto si trasforma in un sentimento che i ragazzi sono costretti però a mantenere segreto, per la paura del forte pregiudizio di chi li circonda. Nel film di Giuseppe Fiorello vi è un lavoro certosino nel quale, il regista scardina su più punti i personaggi. Nessun dettaglio, sguardo, pausa è scontato. Ognuno porta in superfice parte di una drammatica realtà.

Nino, portavoce di quel sano essere controcorrente

Quello che si fa di nascosto, si può fare per cent’anni” è una voce narrante che suggerisce a Nino una strada verso la salvezza emotiva. Qui, come in tanti altri frame del film, c’è una chiave di lettura ancor più profonda. Nino fa l’esatto contrario inseguendo invece la libertà. Diventa portavoce di quel essere controcorrente che è sano e liberatorio. Invece di allontanarsi dalla massa in festa per la vittoria degli Azzurri, Nino in sella sulla sua moto insieme a Gianni, la attraversa.

Stranizza d'amuri, Gianni e Nino
Stranizza d’amuri, Gianni e Nino. Crediti: Screnshot trailer – velvetmag

Stranizza d’amuri è una fotografia in movimento di un periodo storico che non si dimentica, le cui sfumature non sono neanche così distanti dal presente. La storia portata al cinema da Giuseppe Fiorello racconta con poesia una ‘dolce’ crudeltà con in sottofondo la voce di Franco Battiato che intona le sue canzoni – colonne portanti nel film – e la fotografia, che perfettamente rende onore alla luce limpida di quegli anni. Tutto è poetico, perfino la morte. E se l’arte è certo che nasca da un conflitto, Giuseppe Fiorello lo ha dimostrato con perfezione in Stranizza d’amuri.

Teresa Comberiati

Spettacolo, Tv & Cronaca Rosa

Calabrese, a vent’anni si trasferisce a Roma dove attualmente vive. Amante della fotografia quanto della scrittura, negli anni ha lavorato nel campo della comunicazione collaborando con diverse testate locali in qualità di fotografa e articolista durante la 71ª e 75ª Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica. Ha già scritto il suo primo romanzo intitolato Il muscolo dell’anima. Colonna portante del blog di VelvetMAG dedicato alla cronaca rosa e alle celebrities www.velvetgossip.it, di cui redige ogni mese la Rassegna Gossip.

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