L’imminente uscita di Peter Pan & Wendy ha riacceso nuovamente la polemica su nepo-baby: ma perché il caso è esploso solo ultimamente? La storia dello spettacolo, infatti, è costellata da esempi dei cosiddetti “figli d’arte”, eppure, di recente, l’argomento ha assunto (ancora più) connotati negativi.

Lei ha gli occhi di sua madre. E anche lo stesso agente“, così titolava alcuni mesi fa il New York Magazine sulla copertina di uno dei numeri più recenti, firmato Nate Jones. Anche l’immagine, esplicativa e connotata di una certa vena polemica, non lasciava margine ad alcun dubbio: in una sala ospedaliera post partum, il volto di alcuni noti “nepo-baby” è stato provocatoriamente affisso sul corpo di alcuni neonati. Quasi a dire che, in virtù del loro nome altisonante, avessero già il destino scritto.

Perché i “nepo-baby” hanno creato dibattito ultimamente (ANSA) – VelvetMag

Eppure, la questione ha radici ben più profonde, che arrivano sin dagli albori del cinema (per rimanere isolatamente nell’ambito della settima arte). Generazioni di artisti si sono passati il testimone, di padre (o madre) in figlio (o figlia): il regista Premio Oscar Ron Howard, figlio dell’attrice Jean Speegle Howard e dell’attore e regista Rance Howard, ma al contempo padre di Bryce Dallas Howard; la compianta Carrie Fisher, figlia dei divi della Hollywood d’Oro Eddie Fisher e Debbie Reynolds e, a sua volta, madre di Billie Lourd; la dinastia Barrymore, che comprende quattro generazioni di attori, tra cui Drew Barrymore; Dakota Johnson, figlia di Don Johnson e Melanie Griffith, a sua volta figlia di una delle muse di Hitchcock, Tippi Hedren. Insomma, Hollywood è piena di nepo-baby! Ma perché la polemica esplode solo ora?

Chi sono i nepo-baby?

Come si è detto, ad accendere recentemente il fuoco delle polemiche ci ha pensato il New York Magazine, rimarcando il fatto che lo scorso anno sia stato l’anno de nepo-baby. Dal The Batman di Matt Reeves con Zoë Kravitz, fino a Persuasione con la già citata Dakota Johnson, alla terza stagione dell’acclamata The Boys, con Jack Quaid, figlio di Meg Ryan e Dennis Quaid (e la lista sarebbe molto più lunga), il 2022 è stato all’insegna dei figli d’arte.

I “nepo-baby” di Hollywood (ANSA) – VelvetMag

Certo, non si tratta di una parentesi isolata visto e considerato l’elenco dei nomi di cui sopra (a cui se ne potrebbe aggiungere un’infinità, fino ai decenni scorsi). Non solo davanti, ma anche dietro la macchina da presa si sono insidiati i nepo-baby. È il caso, come riporta il discusso articolo del New York Magazine, di “Euphoria, lo spettacolo più vivace della televisione, [che] è stato creato dal figlio di un grande regista (Sam Levinson, figlio di Barry Levinson, n.d.r.) e interpretato dalla figlia di un altro (Maude Apatow, figlia di Judd Apatow, n.d.r.)”.

Perché i nepo-baby di Hollywood sono diventati un problema solo ora?

Ciononostante, per via dell’emergenza sanitaria che ha rimandato diversi progetti diretti sia al piccolo che al grande schermo, molte nuove produzioni sarebbero slittate in favore di altre. E, proprio in virtù del nome trainante, ad avere la priorità sarebbero stati quei titoli che hanno visto coinvolte le nuove generazioni di divi hollywoodiani. Questo perché, come ha analizzato Jones, la pandemia “avrebbe sia potenziato lo scrutinio sulle celebrità sia accresciuto l’importanza dei loro legami dinastici“. Ed ecco, dunque, che un mondo, già di per sé elitario, ha innalzato ulteriormente i requisiti standard per entrare a farne parte, tant’è che proprio su Twitter ha iniziato a fare la comparsa il neologismo nepo-baby, con l’accezione di “raccomandati“.

Le grandi agenzie – come riporta Jones, in base a quanto riferito da un insider – ti scrivono ‘Questo è il figlio di tal dei tali’ e tu sai che significa ‘devi dare una possibilità a questo ragazzo’.” Con questo non si vogliono sminuire le effettive qualità artistiche di cui molti dei nomi citati sono effettivamente in possesso; ma perché (fingere di) scandalizzarsi se, in fin dei conti, i nepo-baby sono sempre esistiti? Chiamiamoli “figli d’arte” (o, nel peggiore dei casi, “raccomandati”), ma loro saranno sempre lì e noi continueremo a parlarne.