Tutti alla corte di Pechino: qual’è il piano di Xi Jing Ping?
Pechino sfida Washington. Ora pesano i successi della linea politica estera cinese.
La Cina avanza nello scenario globale, e in questi ultimi giorni si è resa senza alcun dubbio la regina indiscussa del palcoscenico. Indispensabile per il conseguimento della pace in Ucraina, e fautrice di un accordo dalla portata storica, fra Teheran e Riyad. Ha rubato la scena all’avversario americano, e ha ora tutti alla sua corte.
Gli europei per primi, sono volati in questi giorni a Pechino. Il presidente francese, Emmanuel Macron, assieme alla presidente della commissione europea, Ursula Von Der Leyen, tentano di dissuadere la Cina dall’inviare armi a Mosca e di persuaderla su un accordo di pace che sia di mutuo interesse.
Da almeno dieci anni fa il dibattito nelle scienze politiche è incentrato sull’inevitabile sorpasso economico della Cina. Modelli matematici applicati ai dati economici stabilivano non il se, ma quando realisticamente Pechino sarebbe divenuta la prima potenza economica mondiale. A pensarci allora sembrava solo fantasia e alquanto improbabile che qualcheduno avrebbe mai potuto solo impensierire il predomino geopolitico indiscusso degli americani. In questi giorni però per la prima volta, assistiamo concretamente ad una Cina lanciata in solitaria e in ascesa. E un’America al contrario in rimonta contro il tempo; costretta a innescare un processo di deglobalizzazione, per rallentare lo sviluppo tecnologico di Pechino. Quest’inversione di tendenza potrebbe forse bastare a riparare il danno economico, ma non per fermare il cambiamento politico.
Il fronte alternativo costruito da Pechino: la promessa di un ordine multipolare ambito da molti
Il fronte alternativo ormai costruito da Pechino è una realtà geopolitica con la quale gli americani e l’Occidente intero “purtroppo” devono fare i conti. La promessa di Xi Jing Ping di un nuovo ordine globale multipolare fa gola oggi a molte economie emergenti. L’indebolimento degli USA comporta maggiori “margini di manovra” economica e, allo stesso tempo, un’opportunità di rivalsa politica. L’Iran, da decenni stretto dalle sanzioni americane e la Corea del Nord, nemico giurato della potenza statunitense. Sotto l’ala protettiva del Dragone che non possiede solo il potere economico per impensierire seriamente la leadership degli USA, mostrando sapientemente cautela e prudenza nelle esternazioni. Conflitto ucraino compreso. Sta dimostrando di avere oggi la stoffa politica del leader globale, costringendo le potenze occidentali a giungere alla sua corte.
I paesi europei corteggiati da Pechino
Il presidente Emmanuel Macron e la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen sono volati in visita ufficiale a Pechino. Entrambi portando alla corte di Xi Jinping questioni commerciali e richieste legate alla guerra in Ucraina. L’Eliseo fa sapere che sono stati trovati “punti di convergenza con le proposte cinesi” sul cessate-il-fuoco. Rivolgendosi a Xi, Macron ha detto di contare sulla sua influenza per “riportare la Russia alla ragione“ tramite colloqui di pace tra i belligeranti “il prima possibile“. Nel frattempo l’ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese a Bruxelles (Ue) Fu Cong ha rilasciato al New York Times una dichiarazione riguardo il conflitto ucraino che di certo compiacerà maggiormente l’UE piuttosto che il presidente Putin.
Affermando che “il fatto che il presidente Xi Jinping non parli con il presidente dell’Ucraina Volodymir Zelensky non significa che la Cina sia dalla parte della Russia sulla questione ucraina. Il concetto di nessun limite nelle relazioni tra Cina e Russia è puramente retorico“. L’ambasciatore ha poi però concluso con una chiara frecciatina ai Paesi membri dell’UE. “Pechino non ha condannato l’invasione dell’Ucraina perché ha capito le affermazioni della Russia su una guerra difensiva contro la NATO e perché il suo governo ritiene che le cause alla radice del conflitto siano più complicate di quanto affermano i leader occidentali“. “La Cina non fornirà armi alla Russia” ha proseguito, esortando infine i Ventisette a staccarsi dallo stretto rapporto con gli Stati Uniti, superando le barriere commerciali con il Dragone.
Il piano del Dragone: isolare gli USA nel continente americano
Gli intenti e gli obbiettivi di Pechino sono chiari: puntare all’indebolimento del cordone ombelicale che lega gli USA all’UE. Sfruttando il malcontento di coloro che oggi desiderano maggiore indipendenza per il Vecchio Continente rispetto alla linea politica dettata dalla Casa Bianca. Il piano del Dragone è ricacciare e isolare Washington nel continente americano. Scalfendo il suo aplomb politico, incassando successi internazionali mai raggiunti finora, come la pace fra Iran e Arabia Saudita. Smantellando il monopolio del dollaro come principale moneta di riserva: l’appoggio dell’Arabia Saudita permetterebbe il superamento dei petroldollari. Il dato alquanto “divertente” in questo scenario, è che alla fine proprio le due protagoniste del conflitto, l’Europa e la Russia, sono quelle che in questa guerra rischiano di perderci di più.