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Emanuela Orlandi, le accuse a papa Wojtyla sono un caso: Sgrò non fa nomi

Dopo le allusioni di Pietro Orlandi a presunti vizi inconfessabili di Giovanni Paolo II e relativo audio di un'esponente della banda della Magliana

Sulla tragedia della sparizione di Emanuela Orlandi s’innesta un nuovo caso mediatico e giudiziario. Nei giorni dell’interrogatorio fiume di 8 ore, l’11 aprile, davanti al promotore di giustizia del Vaticano, Pietro Orlandi ha fatto affermazioni ai cronisti su San Giovanni Paolo II, dando adito a sospetti che potesse essere coinvolto in modo turpe nella vicenda che ha come vittima sua sorella.

Il promotore Alessandro Diddi ha convocato la sua legale, Laura Sgrò, chiedendole un chiarimento su tali velate accuse e i nomi delle fonti da cui queste provenivano ma la legale ha opposto il segreto professionale (come è per altro pienamente nel suo diritto).

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Pietro Orlandi, fratello di Emanuela Orlandi, con l’avvocato Laura Sgrò. Foto Ansa/Riccardo Antimiani

Caso Orlandi, battuta d’arresto?

Questo fatto tuttavia sembra segnare una battuta d’arresto. O quantomeno rischia di complicare i rapporti tra la famiglia Orlandi e il promotore Diddi, che si sta muovendo con determinazione per tentare di fare luce su cosa sia accaduto a Emanuela, su preciso mandato di papa Francesco e del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Cioè delle due persone in assoluto più in alto nella gerarchia della Santa Sede.

Lo stesso Pietro Orlandi ha detto di essere fiducioso nell’azione del promotore, dato che per la prima volta in 40 anni il Vaticano promuove un’istruttoria sul caso, finalmente convocandolo a deporre in qualità di testimone. Nel corso della sua deposizione Pietro Orlandi ha fatto nomi, ricostruito date e vicende, indicato chi, secondo, lui, il promotore Diddi dovrebbe interrogare fra le mura leonine. Uscito fuori ha parlato con i giornalisti, anche in televisione, asserendo che, ad esempio, il cardinale Giovanni Battista Re, un alto prelato molto importante in Vaticano, potrebbe sapere molto sul caso di Emanuela e che andrebbe interrogato.

Pietro Orlandi, affermazioni shock

Ma il punto è un altro. Pietro Orlandi ha affermato che in Vaticano si sapeva che papa Giovanni Paolo IIqualche volta la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case“. Un’affermazione legata al caso della sparizione di Emanuela e che ha inesorabilmente dato adito al sospetto che il papa santo fosse avvezzo a comportamenti illeciti, per usare un eufemismo. Sabato mattina 15 aprile il promotore Diddi ha convocato la legale della famiglia Orlandi, in qualità di testimone, per riferire sulla provenienza delle informazioni su Giovanni Paolo II. E più in generale sul caso della ragazza scomparsa. L’avvocata Sgrò ha scelto di opporre il segreto professionale alla richiesta di spiegare da chi aveva ricevuto le informazioni sulle presunte attività illecite di Karol Wojtyla.

Cosa è successo secondo il Vaticano

Più precisamente, spiega Vatican News, “il Promotore di Giustizia nei giorni scorsi aveva assicurato di voler andare fino in fondo (anche rilasciando un’intervista al Corriere della Sera il 10 aprile, ndr.). E di indagare ogni pista possibile per cercare la verità su Emanuela, avendo ricevuto per questo un mandato dal Papa e dal segretario di Stato. Come ha raccontato lo stesso Pietro Orlandi in trasmissione, durante la sua lunga testimonianza resa l’11 aprile, aveva fatto presente al magistrato inquirente le accuse contenute nell’audio dell’esponente della banda della Magliana e anche sulle voci che a suo dire circolavano in Vaticano sulle presunte abitudini di Giovanni Paolo II.

Richiesto di fornire informazioni che consentissero di portare avanti l’indagine riferendo da chi avesse appreso queste informazioni Orlandi non ha indicato nomi. Ci aspettava dunque che questi li potesse fornire l’avvocato Sgrò, anch’essa convocata sulla base delle sue ripetute richieste al termine dell’audizione di Pietro Orlandi.

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Il promotore di Giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi. Foto Vatican Media Press Office

Oggi però il legale, inaspettatamente e sorprendentemente, ha preferito opporre il segreto professionale decidendo così di non collaborare con le indagini dopo che più volte e pubblicamente, negli scorsi mesi, aveva chiesto di poter essere ascoltata. Ci si attendeva che lo facesse l’avvocato, che nei mesi scorsi aveva più volte lamentato di non essere stata ancora convocata: ma ha sorprendentemente scelto di opporre il segreto professionale“. Naturalmente questo è il punto di vista di Vatican News che riflette quello della Santa Sede. C’è il rischio pero che il caso Orlandi, che finalmente sembrava avviato sui binari di un procedimento giudiziario significativo in Vaticano, torni di nuovo a complicarsi.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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