Dopo 14 mesi di guerra russa in Ucraina, senza un minuto di sosta, le relazioni internazionali fra i grandi del mondo si complicano. Lo scacchiere internazionale si sta ridisegnando e come si è infiammato il rapporto fra Stati Uniti e Cina, ora è la volta del Brasile.
In queste ore il Governo del presidente Lula ha rispedito al mittente le accuse di Washington secondo cui il Brasile sta “facendo eco alla propaganda russa” sul conflitto in Ucraina.
“Non so come o perché il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca sia giunto a questa conclusione” ha detto il ministro degli Esteri, Mauro Vieira. “Non sono d’accordo in alcun modo” ha sottolineato ai cronisti radunati a Brasilia. Nella capitale il presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha incontrato il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, in Occidente ormai considerato un personaggio irricevibile, indesiderato e sotto sanzioni.
Lula: “Usa fomentano guerra“
Ma cosa è successo? La Casa Bianca aveva aspramente criticato il Brasile nelle ultime ore. In particolare dopo che Lula, durante un viaggio in Cina nel corso del quale ha incontrato il capo di Stato del Dragone, Xi Jinping, aveva dichiarato che gli Usa stanno incoraggiando la guerra in Ucraina. “In questo caso il Brasile sta ripetendo a pappagallo la propaganda russa e cinese senza guardare ai fatti” aveva detto ai giornalisti il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby.
Lavrov da Maduro in Venezuela
Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha intanto annunciato che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, arriverà a Caracas per fare il punto sulla cooperazione strategica tra i due paesi. non si può escludere che Lavrov giungerà in Venezuela dal Brasile, nell’ambito di un viaggio di lavoro che durerà fino al 21 aprile in America Latina. E che lo porterà anche in Nicaragua e a Cuba. Insomma, in quello che un tempo veniva crudamente definito il “giardino di casa” degli Stati Uniti, ovviamente irritati dalla presenza dell’arci nemico russo nel continente americano.
Putin nell’Ucraina occupata
E se Lavrov si trova in America, il presidente russo Vladimir Putin è andato in Ucraina. Ha visitato il quartier generale delle truppe Dnepr nella regione di Kherson, dove ha incontrato i militari. Lo riferisce, riporta l’agenzia Ria Novosti, il servizio stampa del capo dello Stato russo. “Vladimir Putin ha ascoltato i rapporti del comandante delle forze aviotrasportate, il colonnello generale Mikhail Teplinsky presso il quartier generale del gruppo di truppe Dnepr nella regione di Kherson. Ma anche i rapporti del comandante del gruppo di truppe Dnepr, il colonnello generale Oleg Makarevich e altri capi militari ” afferma il rapporto.
Putin ha quindi chiesto ai militari di esprimere la loro opinione sulla situazione militare nelle zone Kherson e Zaporizhzia. Dopo la base militare nella regione di Kherson ha visitato il quartier generale della Guardia nazionale Est nella Repubblica popolare di Lugansk (Lpr). Lo riferisce l’ufficio stampa del Cremlino.
Quella del 18 aprile è la prima visita di Putin nella regione di Kherson dell’Ucraina occupata e nell’autoproclamata repubblica di Lugansk, in Donbass. In precedenza, il presidente russo aveva visitato Mariupol, a sud, il 19 marzo scorso. In quell’occasione si era recato anche a Rostov-sul-Don, in Russia, dove aveva avuto un incontro con i comandanti militari del quartier generale delle operazioni militari. Kherson e Lugansk sono tra le quattro regioni dell’Ucraina che la Russia ha annesso alla sua Federazione lo scorso anno. Una mossa unilaterale non riconosciuta dall’Occidente e neppure dalle Nazioni Unite.
Il G7, l’Ucraina e Taiwan
Dal canto loro i ministri degli Esteri del G7 – Stati Uniti, Canada, Giappone, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia – hanno minacciato senza mezzi termini i paesi che forniscono assistenza alla Russia per la guerra in Ucraina. Pagheranno “un prezzo pesante” si legge in una dichiarazione al termine di due giorni di colloqui in Giappone. Inoltre i ministri del G7 hanno esortato la Corea del Nord ad “astenersi” da qualsiasi ulteriore test nucleare o lancio di missili balistici altrimenti dovrà affrontare una risposta “robusta“. E sulla questione di Taiwan i diplomatici del G7 insistono sul fatto che “non vi è alcun cambiamento nelle posizioni di base, comprese le politiche dichiarate della ‘Unica Cina’“. Ma si oppongono “alle attività di militarizzazione” di Pechino nel Mar Cinese Meridionale.