Scontri e violenza in Sudan, situazione “in rapido deterioramento”
Centinaia di morti, molti bimbi feriti, negli ospedali strapieni la gente è curata a terra sui pavimenti dei corridoi
A quasi 10 giorni dal tentativo di colpo di Stato in Sudan, uno dei maggiori paesi dell’Africa, la situazione “è in rapido deterioramento“. Lo afferma il Governo del Canada per bocca della sua ministra degli Esteri, Mélanie Joly. Sarebbero 600 i morti negli scontri e moltissimi i feriti, fra cui tanti bambini. Le strutture sanitarie sono al collasso e le organizzazioni umanitarie sono in difficoltà.
A testimonianza della gravità della guerra civile esplosa tra fazioni contrapposte, l’ambasciata canadese a Khartoum, Capitale del Sudan, ha temporaneamente sospeso le operazioni in presenza. La ministra Joly ha affermato che il Canada non ha mezzi per evacuare i circa 1.500 cittadini canadesi residenti in Sudan. Nel paese la violenza è drasticamente aumentata tra l’esercito del regolare e la sua forza paramilitare rivale.
Sudan, chi si fronteggia
In Sudan lo scorso 15 aprile le Forze di supporto rapido (Rsf), comandate da Mohamed Hamdan Dagalo, noto anche come Hemetti, hanno attaccato cercando di prendere il controllo di Khartoum. Le truppe fedeli al leader de facto del Sudan, il generale Abdel Fattah al-Burhan, hanno risposto duramente al tentato golpe e si è cominciato a sparare e a combattere. Anche in altre città del paese. Finora ci sarebbero circa 600 vittime negli scontri armati e a causa di uccisioni che hanno colpito anche i civili.
Come nel caso di molti cittadini e di almeno un operatore umanitario dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) dell’ONU. “Il veicolo su cui viaggiava l’operatore con la sua famiglia – scrive l’Oim da Ginevra – è stato colpito in uno scambio di colpi di arma da fuoco fra le due parti belligeranti“. Esercito del Sudan e forze paramilitari hanno accettato una tregua di 72 ore per la festa Eid al-Fitr, che segna la fine del mese sacro di Ramadan. Gli Stati Uniti, dal canto loro, sono “pronti a far evacuare l’ambasciata” in qualsiasi momento, fa sapere Washington, confermando la gravità della situazione in Sudan.
“Molti bambini feriti“
Continuano intanto violenti gli scontri nel paese. Lo testimonia il coordinatore dei progetti della ong Medici senza frontiere, Cyrus Paye, che ha parlato di “pesanti combattimenti” in corso a El Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale, nell’ovest del Sudan, tra l’esercito e le forze paramilitari di supporto rapido. Nell’ospedale della città, supportato da Msf, sono arrivati 279 feriti, “la maggior parte civili“, e tra loro 44 sono morti.
“La situazione è catastrofica” ha raccontato Paye. “La maggior parte dei feriti sono civili colpiti da proiettili vaganti e molti di loro sono bambini. Hanno fratture, ferite da arma da fuoco o schegge nelle gambe, nell’addome o nel petto. Molti hanno bisogno di trasfusioni di sangue. Abbiamo dovuto curare molti pazienti sul pavimento nei corridoi, perché non ci sono abbastanza letti per un numero così alto di feriti. Fino alla scorsa settimana, il South Hospital non aveva sufficiente capacità chirurgica perché era un ospedale materno-infantile che abbiamo iniziato a supportare lo scorso anno per ridurre l’alto tasso di mortalità materna nella regione. Quando sono iniziati i combattimenti, abbiamo dovuto riconvertire l’ospedale per poter curare i feriti“.