La guerra tra Russia e Ucraina si gioca anche nel campo dell’informazione, tra notizie e accuse che rimbalzano da una parte e dall’altra. Il racconto filo-occidentale descrive una Russia militarmente scordinata in preda all’attacco ucraino, isolata e miseramente impoverita dalle sanzioni occidentali. Mentre il Cremlino cerca di compattare il popolo attraverso il vittimismo contro l’Occidente oppressore, stimolando uno spirito revanscista e nazionalista.
Ma nel racconto mediatico di questa guerra le zone d’ombra appaiono oggi più ampie del previsto. Dallo stato di salute dell’economia russa, agli attacchi nel Donbass dell’esercito ucraino, fino alle ultimissime rivelazioni sull’attentato al Nord Stream 2. La verità sembra sempre più torbida e probabilmente anche più lontana del previsto.
La guerra nella guerra: il botta e risposta fra Mosca e Kiev nel Donbass
Da mesi circolano informazioni circa la preparazione degli ucraini a una dura offensiva per la riconquista del Donbass. Non a caso questa primavera si sono susseguite le affermazioni di tutti i capi di Stato occidentali sul rifornimento di armamenti pesanti, come carri armati Leopard, droni, munizioni, all’esercito ucraino. Nella notte del 5 Giugno è stata segnalata una escalation di combattimenti lungo la linea del fronte nelle regioni di Donetsk e Zaporizhzhia, che ha fatto pensare all’atteso avvio della controffensiva annunciata da Kiev. Il ministero della Difesa di Mosca ha fatto sapere che l’Ucraina ha attaccato con sei battaglioni e due di carri armati, cinque punti della regione di Donetsk. ”Il nemico voleva sfondare le nostre difese in quella che riteneva la parte più vulnerabile del fronte, ma non ha avuto successo“, ha riferito il portavoce della Difesa russa, Igor Konashenkov.
Nell’operazione sarebbero stati uccisi 250 soldati ucraini e distrutti 16 carri armati, tre veicoli da combattimento di fanteria e 21 veicoli corazzati. Kiev però ha prontamente additato la versione di Mosca come: “una falsa operazione psicologica e mediatica volta a demoralizzare gli ucraini“. E il portavoce delle forze armate ucraine, Serhiy Cherevatyi, ha aggiunto che: “Quando la controffensiva inizierà tutti lo sapranno”. Pur con la giusta prudenza, parte della stampa occidentale tratta con “attenzione” quelle notizie circa le sconfitte dell’esercito ucraino sul campo. Onde evitare l’indebolimento dell’appoggio dei governi e dei popoli europei, sotto pressione e alle prese con l’inflazione.
Il petrolio russo “tiene” nonostante le sanzioni occidentali
In Europa inoltre ci siamo raccontati che la Russia con la guerra sarebbe crollata, e sarebbe rimasta isolata dallo scenario internazionale attraverso le sanzioni. Ma anche questa “verità” appare oggi assai diversa e intricata. Perché dal punto di vista politico-internazionale la Russia sembra tutt’altro che isolata. Accelerando la cooperazione con i BRICS, aprendosi nuovi sbocchi commerciali verso Est, e soprattutto intessendo nuove alleanze con Paesi chiave come l’Iran, l’India, e l’Arabia Saudita. Inoltre gli ultimi dati smentirebbero un altro racconto, circa il commercio del petrolio russo. L’industria difatti, nonostante le varie limitazioni cui è stata sottoposta, non ha subito il calo che era stato preannunciato.
La produzione dei giacimenti è rimasta stabile ed è tornato a crescere anche l’export. Ad aprile difatti si contano 8,3 milioni di barili al giorno tra greggio e derivati secondo l’Aie, l’Agenzia internazionale dell’energia: il miglior mese a partire dall’inizio della guerra. Per l’80% consistono in volumi esportati in Asia, ma in seguito smistati anche altrove: in Europa e Paesi del G7 inclusi. Che in teoria sul petrolio russo non dovrebbero metterci le mani. Il sospetto diffuso è che ci sia stata la mediazione di alcune società con sede in Lussemburgo, a Dubai, Honk Kong e Singapore. Secondo l’Ong Global Witness sono almeno cinque i Paesi coinvolti in questa operazione a favore di Mosca tra cui: Cina, Turchia, Emirati Arabi e, appunto, Singapore. Che importano grandi quantità di greggio russo, lo raffinano e in seguito lo forniscono all’Europa e ai Paesi che aderiscono all’embargo.
Il sabotaggio di Nord Stream: l’ultima inchiesta del Washington Post incastra gli USA e l’Ucraina
Ma un altro racconto che sembra oggi definitivamente perdere di credibilità è quello riguardante il sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2. Inizialmente sia gli USA che il governo ucraino avevano puntato il dito contro Mosca. Ma l’ultima un’indagine esclusiva portata avanti dal Washington Post, grazie a decine di documenti ancora non del tutto resi resi pubblici, confermerebbe l’inchiesta di Seymour Hersh e scagionerebbe definitivamente la pista russa. Coinvolgendo però il governo ucraino. Dall’inchiesta emerge che solo tre mesi prima dell’esplosione, l’amministrazione Biden aveva appreso dall’intelligence di un alleato europeo che l’esercito ucraino aveva pianificato un attacco segreto alla rete sottomarina, utilizzando una piccola squadra di sommozzatori che riferivano direttamente al comandante in capo delle Forze armate ucraine. Negli ultimi mesi gli investigatori delle forze dell’ordine tedesche hanno scoperto prove sull’attentato che presentano “sorprendenti” somiglianze con questo piano. I funzionari ucraini, che in precedenza hanno sempre negato il proprio coinvolgimento nell’attacco, stavolta non hanno risposto alle richieste di commento.