Non si risolve la piaga dello sfruttamento dei minorenni sul lavoro. Foto Ansa/Parallelo Zero Francesco Alesi
A pochi giorni dalla 22° Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, che ricorre il 12 giugno, la ong Save the Children lancia l’allarme su questa grave violazione dei diritti fondamentali dell’infanzia e dell’adolescenza.
In Italia si stima che siano 336mila i minorenni tra i 7 e i 15 anni coinvolti in esperienze di lavoro continuative, saltuarie o occasionali. A livello planetario sono 160 milioni i bambini e adolescenti sfruttati. Nella metà di questi casi il lavoro minorile è un lavoro pericoloso con potenziali danni per la salute e lo sviluppo psicofisico e morale dei ragazzi.
Nonostante la maggior parte degli Stati del mondo abbia ratificato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, il lavoro minorile è un fenomeno ancora molto diffuso. I progressi positivi nella riduzione del fenomeno compiuti tra il 2000 e il 2020 hanno dovuto fare i conti con le guerre, l’impatto della pandemia di Covid e la crisi climatica.
Tutti fenomeni che hanno prodotto un aumento vertiginoso delle famiglie sfollate o precipitate nella povertà, costringendo altri milioni di bambini al lavoro minorile. In Europa, in un solo anno, oltre 200mila bambine, bambini e adolescenti in più sono stati spinti sull’orlo della povertà, portando nel 2021 il numero totale di minori a rischio povertà a oltre 19,6 milioni: 1 bambino su 4. In Italia, il numero dei minori in povertà assoluta ha raggiunto la cifra di 1 milione e 382 mila; il 12,1% delle famiglie con minori (762mila famiglie) sono in condizione di povertà assoluta, e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà.
Secondo le stime dell’ultimo rapporto nazionale intitolato Non è un gioco, che Save The Children ha realizzato in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio, quasi 1 minore su 15 tra i 7 e i 15 anni, il 6,8% della popolazione totale in questa fascia d’età, svolge o ha svolto una attività lavorativa. Una proporzione che sale a 1 minore su 5 se si considerano solo i 14-15enni. Tra questi ultimi, il 27,8% dei casi – circa 58mila adolescenti – riguarda lavori particolarmente dannosi per l’impatto sui percorsi educativi e sul benessere psicofisico.
Come evidenziato nel rapporto, i settori prevalentemente interessati dal fenomeno del lavoro minorile nel nostro Paese sono quelli più tradizionali come la ristorazione (25,9%) e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali (16,2%), seguiti dalle attività in campagna (9,1%), in cantiere (7,8%), dalle attività di cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti (7,3%). Ma non mancano le nuove forme di lavoro online (5,7%). Come la realizzazione di contenuti per social media o videogiochi, o il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche.
“Per molti ragazzi e ragazze c’è una relazione stretta tra l’ingresso troppo precoce e prima dell’età consentita nel mondo del lavoro e l’abbandono scolastico” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Un ingresso troppo precoce nel mondo del lavoro che può limitare o compromettere le aspirazioni sul futuro e il percorso di formazione e sviluppo professionale verso l’età adulta.”
E se c’è una relazione tra la dispersione scolastica e il lavoro minorile, è bene sottolineare che in Italia il 12,7% dei giovani 18-24enni ha abbandonato scuola o formazione senza conseguire un diploma o una qualifica. La media europea è inferiore: al 9,7%. E tra i 15-29enni, una porzione ancora più ampia (19%) è fuori dal circuito educativo, formativo e del lavoro (i cosiddetti Neet). Si tratta di una percentuale seconda in negativo in Europa solo a quella della Romania.
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