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Papa Francesco, il gelido sfratto a padre Georg: scontro fra due Chiese

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In data 28 febbraio 2023, S.E. Mons. Georg Gänswein ha concluso l’incarico di Prefetto della Casa Pontificia. Il Santo Padre ha disposto che Mons. Gänswein dal 1° luglio rientri, per il momento, nella sua Diocesi di origine.” Così, con un laconico comunicato della Santa Sede, asettico e totalmente privo anche solo di un vago accenno di empatia (nessun ringraziamento ‘per il lavoro svolto’), Papa Francesco ha rimosso dal Vaticano l’ex segretario di papa Ratzinger.

Dopo quasi trent’anni di onorato servizio e di brillante carriera da chierico, monsignor Georg Gänswein, 66 anni, arcivescovo, dovrà adesso reinventarsi una vita da pastore di anime più che da alto prelato. Tornerà nella diocesi di Friburgo, in Germania, e dovrà saper attendere, senza incarichi, una nuova possibile, ma futura, destinazione.

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Papa Francesco con monsignor Georg Gaenswein. Foto Twitter @FrancoScarsell2

Padre Georg, da Ratzinger alla polvere

Oltre le Alpi, lassù in Germania, non l’hanno presa bene. L’agenzia di stampa cattolica tedesca Kna di recente ha scritto che se a padre Georg fosse affidata la guida di una diocesi, la sua presenza potrebbe avere un impatto negativo sulle riforme in corso. L’ex segretario di Joseph Ratzinger è infatti uno dei critici più aspri del percorso sinodale tedesco. Del quale neppure il suo mentore Benedetto XVI era un fervente sostenitore.

Padre Georg aveva irritato papa Francesco raccontando pubblicamente le tensioni che avrebbero accompagnato l’inedita convivenza tra i due Papi. Era responsabile della Casa pontificia, una sorta di capo del protocollo, ma Francesco lo aveva rimosso da quell’incarico nel 2020 affinché potesse seguire da vicino Joseph Ratzinger. Gli era rimasto il titolo formale di Prefetto ma lui stesso si era definito “dimezzato“. Secondo molti osservatori, il rapporto tra il Pontefice e l’ex segretario del Papa emerito era teso. Dopo la morte di Ratzinger padre Georg aveva detto che il Papa argentino aveva “spezzato il cuore” del suo predecessore. Quando aveva fatto marcia indietro sulla sua decisione di allentare le restrizioni sull’uso del latino durante le Messe.

Padre Georg Ganswein accanto alla bara durante i funerali del Papa emerito Benedetto XVI il 5 gennaio 2023. Foto Ansa/Riccardo Antimiani

Bergoglio e Ratzinger

Questo aspetto è emblematico della differenza sostanziale con cui Ratzinger e Bergoglio hanno guardato al presente e al futuro della Chiesa cattolica. Incentrato sulla prudenza, la tradizione e i culti liturgici, il primo. Sull’innovazione, il ritorno allo spirito del Vangelo e a una “chiesa povera per i poveri” di pastori e non di chierici, il secondo. Per non parlare della concezione del papato, che Francesco intende ‘conciliarizzare’, cioè rendere sempre meno accentratore e più assembleare con i vescovi e i fedeli laici, a 60 anni dal Concilio Vaticano II. È questo il quadro nel quale padre Georg ha dovuto fare un passo indietro. Aveva dovuto lasciare la residenza Mater Ecclesiae, dove risiedeva Benedetto XVI dopo le sue dimissioni, e si era trasferito in un appartamento vaticano.

Scontro fra padre Georg e Francesco

Ma dopo la pubblicazione a gennaio scorso delle sue memorie Nient’altro che la verità, rimbalzate in tutto il mondo dopo la morte di Benedetto XVI, le cose sono precipitate. Padre Georg ha pubblicizzato il libro con un’aggressiva campagna di interviste in cui ha raccontato anche colloqui privati con Papa Francesco. Tanto da essere stato convocato a un incontro a porte chiuse con il Pontefice. “Lei sarà ancora Prefetto ma da domani non tornerà al lavoro” era stata una delle frasi di un colloquio riservato rivolta da Bergoglio a padre Georg che quest’ultimo ha svelato. Adesso quel licenziamento si è compiuto, comincia un’altra storia dentro e fuori le sacre mura.

 

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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