Putin: “In Russia l’ammutinamento è fallito.” E Prigozhin atterra a Minsk
Il capo del Cremlino appare in un video di 5 minuti; miliziani Wagner dirottati in Bielorussia. Biden: "Noi non c'entriamo nulla"
La Russia affronta giornate convulse e Vladimir Putin torna a parlare in un messaggio televisivo alla nazione. Lo fa dopo oltre 2 giorni di silenzio, tra le voci più disparate che lo davano in fuga all’estero. Nella tarda serata del 26 giugno ha detto in tv che il pericolo è passato. E che gli ammutinati non sono riusciti a spaccare la Russia. Si riferiva, senza mai nominarlo, al capo del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, e ai suoi miliziani.
I tentativi “criminali” di creare disordine interno sono falliti. Il Paese è stato “salvato dalla distruzione” grazie alla fedeltà dei suoi militari e dei suoi servizi di sicurezza. Un discorso di non più di 5 minuti, come quello di sabato mattina, 24 giugno, in cui il presidente aveva denunciato il “tradimento” mentre le milizie della Wagner si dirigevano verso Mosca.
Vladimir Putin durante il suo discorso in Tv del 26 giugno. Foto Ansa/Epa Gavriil Grigorov/Sputnik
Prigozhin in Bielorussia
Da parte sua, tramite un audio, Prigozhin ha affermato che non si trattava di un “tentativo di golpe” ma di una “protesta” per “impedire la distruzione del gruppo Wagner“, secondo Prigozhin preso di mira dal ‘fuoco amico’ delle truppe russe pro-Shoigu al fronte. Al mattino del 27 giugno Ukrainska Pravda ha scritto che il capo dei Wagner – che avrebbe ottenuto un salvacondotto di impunità in Bielorussia – sarebbe effettivamente giunto nella capitale Minsk da Rostov sul Don a bordo del suo jet privato.
Il ruolo di Lukashenko
Putin si è assegnato il merito di avere evitato alla Russia “un bagno di sangue” perché “la rivolta sarebbe stata soffocata” comunque. Ma il capo del Cremlino sostiene di avere evitato di dare l’ordine di sparare sui rivoltosi prima che la marcia si fermasse a 200 chilometri dalla capitale. Il tutto grazie, ufficialmente, a un accordo che il presidente della Bielorussia, la nazione ‘sorella’ (e anche ‘satellite’) della Russia, Alexander Lukashenko, ha favorito.
Putin ha assicurato che manterrà la parola data offrendo ai miliziani della Wagner la possibilità di trasferirsi in Bielorussia senza dover subire processi per l’ammutinamento. In alternativa potranno mettersi al servizio del ministero della Difesa. Neppure una parola, invece, sul loro capo e suo ex fedelissimo, Yevgeny Prigozhin. “I neonazisti di Kiev – ha scandito Putin – volevano che soldati russi uccidessero altri russi. Che la nostra società si spaccasse, soffocasse nel sangue. Invece tutti i nostri militari, i nostri servizi speciali, sono riusciti a conservare la loro fedeltà al loro paese, hanno salvato la Russia dalla distruzione.”
La Russia mostra ‘normalità’
Subito dopo il suo discorso Putin si è riunito con i capi delle agenzie di sicurezza e con il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, il nemico numero uno di Prigozhin. Pochi giorni dopo il tentativo di ammutinamento – sabato 24 giugno – la Russia cerca dunque di mostrare che tutto è tornato alla normalità. Le misure di sicurezza speciali a Mosca non ci sono più e lo stesso Shoigu è riapparso in video: la televisione lo ha mostrato durante una visita alle truppe al fronte. Alcuni blogger russi tuttavia nutrono dubbi che si tratti di un filmato vecchio, precedente al caos scoppiato dopo la marcia di Prigozhin verso Mosca.
Ora, pero, a confermare formalmente il suo sostegno alla Russia è stata la Cina: la superpotenza che ‘veglia’ sul destino di Putin perché su di lui sta investendo molto in politica estera. Pechino ha ribadito di considerare quanto avvenuto nei giorni scorsi un affare interno della Russia. La Cina ha affermato di credere che Mosca “possa mantenere la stabilità nazionale e raggiungere sviluppo e prosperità.”
Gli Usa: “Armi nucleari in mani sicure?“
Quanto invece all’atteggiamento assunto di fronte alla crisi dai paesi “non amici“, vale a dire quelli occidentali, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha espresso giudizi diversi. L’ambasciatrice americana a Mosca, Lynn Tracy, ha fatto sapere Lavrov, si è subito premurata di contattare il ministero degli Esteri per assicurare che gli Stati Uniti non avevano nulla a che vedere con l’ammutinamento.
E per sincerarsi che le armi nucleari russe fossero “in ordine“, cioè che non finissero nelle mani sbagliate in caso di una guerra civile. Il presidente Joe Biden ha ribadito che la situazione in Russia è parte della lotta all’interno del sistema russo. Gli Usa hanno messo in chiaro che non sono coinvolti. E comunque, ha chiarito il presidente, indipendentemente da quello che accade in Russia, gli Stati Uniti continueranno a sostenere l’Ucraina.