Il golpe in Niger non è che il prolungamento naturale della guerra fra il blocco filo-occidentale e quello cino-russo, per la governance globale. Dal controllo e dall’estrazione dei minerali, di cui è ricco il continente africano difatti, dipende il sostentamento energetico dell’economia di mezzo mondo, specie occidentale.
E quando in questi territori strategici cambiano gli equilibri politici, gli shock economici a catena possono essere devastanti. Che cosa potrebbe succedere? Quali sono oggi i possibili sviluppi?
L’influenza russa nel Sahel: il Niger ultimo baluardo democratico
Nella competizione globale è in vantaggio chi ha il controllo delle materie prime, e chi soprattutto ha accesso a flussi di materie prime a basso costo. Non è un caso dunque se superpotenze come Cina e Russia negli ultimi decenni hanno fatto a gara per accaparrarsi la fiducia dei governi, e strappare agli europei la loro esclusiva specie nelle aree di influenza di diretta discendenza coloniale. La Cina assieme all’Europa e al Regno Unito è diventata in breve tempo uno dei maggiori investitori nel continente africano. Ma c’è una lingua di terra dove negli ultimi anni è la Russia a farsi avanti con prepotenza e con metodi discutibili, facendo leva sul risentimento dovuto al passato coloniale delle potenze europee, ed è il Sahel. Una fascia di terra al confine tra il Maghreb e l’Africa subSahariana. Dove il Niger era rimasto fino ad ora l’ultimo baluardo a vocazione occidentale e “democratica” in una sfilza di Paesi ormai a influenza russa, come il Mali e il Burkina Faso.
In questi territori la Wagner è riuscita ad offrirsi ai governi come un’alternativa papabile alla protezione offerta dagli stati occidentali. Numerosi osservatori internazionali ora temono una congiuntura in Niger simile agli stati vicini. Soprattutto dopo che a Niamey migliaia di persone hanno preso d’assalto l’ambasciata francese con slogan e bandiere inneggianti alla Russia e a Putin. Seguendo il sentimento favorevole a Mosca che sta attraversando tutto il Sahel. Ma il colpo di stato potrebbe avere un impatto non solo nel Paese, ma in tutta la regione dell’Africa occidentale. Non a caso l’ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, n.d.r.), ha minacciato di intervenire con la forza se entro 7 giorni non verrà ripristinato il presidente Bazoum.
L’intervento dell’ECOWAS in Niger: i rischi di una guerra regionale
Non è la prima volta che l’ECOWAS minaccia di intervenire militarmente per ristabilire l’ordine in uno stato africano in cui il sistema politico democratico viene minacciato. In alcuni casi l’organizzazione è effettivamente intervenuta. Come accadde nel Gambia nel 2017: l’ECOWAS avviò l’operazione Restore Democracy inviando migliaia di soldati provenienti da diversi stati africani nella capitale del Paese, Banjul. Ma in altri casi le minacce non hanno avuto seguito. Da poche settimane l’organizzazione è presieduta da Bola Tinubu, il presidente della Nigeria, uno dei Paesi più grandi e importanti dall’intero continente africano. E il presidente Tinubu ha espresso sin da subito parole molto dure nei confronti dei colpi di stato avvenuti nei vari paesi dell’Africa occidentale negli ultimi tre anni. Affermando di non essere disposto a tollerarne altri.
L’ipotesi di un intervento militare dell’ECOWAS in Niger rischia però di dar inizio ad una guerra che si allarghi oltre i confini del Paese. La situazione potrebbe complicarsi soprattutto perché ad esempio Burkina Faso e Mali, entrambi sospesi dall’ECOWAS a seguito dei propri colpi di stato, hanno nel frattempo dichiarato di essere disposti a intervenire in difesa della giunta militare che governa il Niger nel caso in cui l’ECOWAS avviasse un’azione militare. In un comunicato congiunto i governi militari dei due Paesi hanno scritto che “ogni intervento militare contro il Niger equivale a una dichiarazione di guerra contro il Burkina Faso e il Mali“. Dove anche la Guinea ha espresso la propria solidarietà al Niger. Il tutto mentre diversi Paesi occidentali dal canto loro hanno ribadito il proprio appoggio all’ECOWAS.
I gruppi terroristici nella regione africana: dall’ISIS ad Al Qaeda
I possibili sviluppi di questa faida stanno allarmando l’Occidente per via del possibile impatto sulla stabilità e la sicurezza di tutto il Sahel. Nella regione africana sono attivi da diversi anni gruppi jihadisti, alcuni dei quali affiliati allo Stato Islamico e ad al Qaida. Il Niger era rimasto uno dei pochi Paesi ancora governati da un presidente filo-occidentale, ed era considerato per questo una sorta di “ultima speranza” per il contrasto ai gruppi terroristici in quella parte di Africa. Anche grazie alla strategia di Bazoum che stava ottenendo un discreto successo nel dialogo con le varie realtà criminali. Ma ora tutto questo rischia di cambiare. In questi giorni diversi governi occidentali hanno organizzato operazioni di evacuazione dei propri cittadini presenti nel Paese. Un comportamento che evidenzia la gravità della situazione, in quanto ciò non si era mai verificato in altri stati africani della regione in cui c’erano stati i colpi di stato.